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A Foras! Quarta parte: lotta contro l’occupazione militare e lotta di liberazione nazionale (di Scida).

liberazione nazionale http://scida.altervista.org/aforas-cap-iv-lotta-contro-loccupazione-militare-e-lotta-di-liberazione-nazionale/

Le organizzazioni indipendentiste coerenti, il movimento studentesco (nella sua migliore espressione del Comitato Studentesco contro l’Occupazione Militare), le organizzazioni antagoniste ed i movimenti pacifisti e antimilitaristi della società civile sono gli unici che hanno preso una posizione netta contro la riqualificazione militarista di Quirra – condotta dal PD e da Pigliaru – e dunque gli unici che possono condurre una lotta coerente – fino alla vittoria – contro i poligoni militari, contro ogni esercitazione bellica, per la bonifica ed il riuso produttivo di tutti i siti militari dismessi?

Non si tratta di romantiche rivendicazioni di purezza ideologica o di rettitudine morale; anzi, si tratta di una questione prettamente materiale: tutti questi movimenti (e tutti gli individui che in essi militano) non hanno dei privilegi da difendere entro lo stato di cose presente.

Chi sostiene la Giunta Pigliaru non può essere considerato contrario all’occupazione militare. Ne consegue che questo Consiglio Regionale è un nemico della Nazione sarda ed il movimento antimilitarista dovrebbe chiederne le dimissioni e quindi nuove elezioni al fine di portare se stesso al governo della nostra isola. Fare affidamento sulla Giunta del Partito Democratico, sugli unionisti e sui collaborazionisti suoi alleati significherebbe solo giungere ad una risoluzione in senso reazionario del conflitto tra la nostra Nazione e lo Stato italiano, in favore di quest’ultimo e contro il nostro Popolo. La “Piattaforma Pigliaru” – che prevede come obiettivo massimo la chiusura di circa 9000 ettari di servitù su un totale di 35000, rifiutandosi di chiudere i 13000 del PISQ) rappresenterebbe un tradimento di tutti coloro (militanti dei partiti, simpatizzanti, semplici famiglie ed individui sensibilizzati alla questione delle servitù militari) che hanno partecipato alle mobilitazioni popolari e di tutti quei ragazzi che hanno rischiato seri problemi con la Giustizia con l’occupazione della Facoltà di Lettere e degli stessi poligoni di Capo Frasca e Teulada, al fine di impedire ogni tentativo di strumentalizzazione da parte delle forze di sistema; infine la delusione per la mancata soluzione, potrebbe provocare l’abbandono dalla lotta politica di diverse individualità sensibili, una grave perdita di autostima – e quindi di coscienza nazionale – da parte del nostro Popolo, che penserebbe di non poter ottenere nulla attraverso la propria azione autonoma dai centri di potere da sempre suoi nemici.

Il 17 novembre scorso, a Okinawa, si sono svolte le elezioni per il nuovo governatore. Queste sono state trasformate in una sorta di referendum sulla presenza militare statunitense nell’isola, portando alla vittoria il candidato più intransigente contro l’occupazione: Takeshi Onaga, il quale si è opposto con tenacia al tentativo di risolvere il problema con la ricollocazione della marina a stelle strisce in un’altra parte del territorio. Qualcosa di simile potrebbe avvenire in Sardegna, tenendo conto della crescita della sensibilità intorno al tema delle servitù, quanto alla crescita di consapevolezza di sé nel nostro popolo ed il suo rifiuto dell’attuale classe politica al potere (48% di astensione alle ultime Regionali).

L’indipendentismo è l’unico orientamento politico capace di collegare la questione delle servitù militari con la questione sociale e la questione studentesca entro un progetto di emancipazione reale del nostro popolo. Rappresenta, cioè, l’unica forza capace di condurre in maniera coerente e costante la lotta contro l’occupazione militare senza tendere al compromesso, senza scivolare nello spontaneismo ma facendone una questione nazionale e dunque capace di attirare a sé la maggioranza dei sardi, oppressi dalla Dipendenza coloniale e cioè dallo stesso Stato e dagli stessi interessi imperialistici cui si deve la presenza militare sulla nostra isola.

Ad esempio, nell’ambito studentesco, la mancata potestà legislativa in ambito d’istruzione trasformerà – con la riforma della scuola di Renzi e Giannini – la Vitrociset da principale collaboratore dell’IPSIA di Perdasdefogu a suo azionista di maggioranza. Una piattaforma nazionale, anticolonialista e antimilitarista al governo della Regione lottando per una Scuola ed Università sarda porrebbe fine alla ignominiosa compromissione dei nostri atenei e scongiurerebbe la pericolosa penetrazione di capitale privato nei nostri istituti scolastici.

Non è più tempo di aspettare. Ogni conflitto può essere risolto in senso reazionario o in senso rivoluzionario. Durante la Sarda Rivoluzione, il timore per il radicalismo condusse la fazione più reazionaria del movimento riformatore ad accettare la soluzione del problema feudale in senso favorevole alla dominazione piemontese, contro le masse sarde: introduzione del capitalismo e Fusione Perfetta. Oggi come tre secoli fa, i collaborazionisti, i reazionari, i conservatori, i privilegiati hanno come nemico principale il popolo sardo in rivolta e lo Stato colonizzatore ed occupante come alleato. Radicalizzare il conflitto sulle servitù militari è l’unico modo per giungere ad una soluzione favorevole alla nazione sarda. Riprendiamoci la nostra terra! Rifiuto di ogni compromesso! Il vero irresponsabile è chi invoca soluzioni parziali o invita alla collaborazione con la classe dirigente coloniale!

Scida, Giovunus Indipendentistashttp://scida.altervista.org/