Oltre 100 morti e più di 700 feriti è il bilancio degli ultimi tre giorni di bombardamenti su Gaza da parte dell’esercito israeliano. Netanyahu comunica che il “cessate il fuoco” non è nell’agenda del governo e che l’operazione di terra è ufficialmente iniziata “ma sarà limitata”. Intanto ai circa 100.000 palestinesi di Beit Lahia, Beit Hanoun (nord della Striscia) e Abasan al-Saghira (sud-est) è stato intimato di lasciare le loro case prima dell’offensiva.
Secondo le prime informazioni, la Resistenza palestinese avrebbe messo a segno un attacco nel quale risulta ucciso un soldato israeliano mentre si hanno notizie di un ferito grave ad Ashdod.
Il Segretario generale dell’ONU, Ban Ki-moon, due giorni fa parlava di “lanci di razzi da Gaza contro Israele” mentre si contavano già 35 morti. Ha invitato di nuovo le due parti a “dimostrare la massima moderazione possibile” ma nelle ultime ore l’imbarazzo per le immagini dei raid hanno fatto timidamente parlare di “reazione esagerata” invocando un corridoio umanitario dall’Egitto tramite Rafah, lo stesso tunnel bombardato costantemente dall’esercito.
Durante la semifinale mondiale Argentina-Olanda una nave da guerra ha colpito sulla costa, a est di Khan Yunis. Il missile ha centrato un chiosco affollato, causando 9 morti tra cui un numero imprecisato di bambini. Nelle ultime ore è morto Anas Abo Alkas, un giovane superstite che aveva perso i genitori nei raid del 2008 ed era l’ultimo componente della sua famiglia.
Per la consueta vergogna italiana segnaliamo un articolo di Lorenzo Bianchi per l’Huffington Post di Lucia Annunziata. Lo stesso giornale, subito dopo l’esordio nel 2012, informò con toni entusiastici circa un programma israeliano da 5.000 posti di lavoro per palestinesi che quotidianamente avrebbero superato i ceck-point per lavorare da pendolari nelle terre loro occupate come manodopera a basso costo. Oggi si titola sull’Operazione che nel frattempo è passata da “Brother’s Keeper” a “Protective Edge” (margine di protezione). Si esaltano le capacità militari israeliane e ci si preoccupa che, nonostante il numero di morti in continuo aumento, la resistenza palestinese sia ancora attiva e si sottolinea che il freno per un’invasione da terra potrebbero essere gli ingenti costi militari, dopo i 760 milioni a settimana dell’operazione Piombo Fuso nel 2008.