“È
con il massimo allarme che segnalo la situazione venutasi a creare
nell’Ospedale Paolo Dettori di Tempio Pausania che, prima per il caso del
reparto di Ortopedia, ora per ciò che sta accadendo nel reparto di Medicina,
rischia di diventare un vero e proprio focolaio per la diffusione del
virus. Giungono richieste di intervento da parte di medici e operatori sanitari
che indicano la presenza di un paziente positivo nel reparto di medicina in
isolamento che non è possibile trasferire nella sezione COVID-19, né
possono essere dimessi o spostati gli altri pazienti ricoverati perché non
sono disponibili tamponi da eseguire su di loro. A fronte di tale dato
accertato, risulta che il reparto non è stato chiuso, non è stato sanificato,
i pazienti sono tuttora ricoverati, i medici e il personale paramedico, gli
OSS, oltre agli addetti dei vari servizi collaterali quali quello di pulizia,
non sono stati sottoposti ad alcuna misura di sicurezza per limitare il
contagio, non sono stati sottoposti a test con i tamponi rinofaringei, non sono
stati isolati o messi in quarantena ma gli è stato detto di limitarsi agli
spostamenti casa-ospedale per continuare il proprio lavoro”.
Con
queste drammatiche e inquietanti parole si apre un vero e proprio grido d’allarme
contenuto in una lettera di Gianni Addis, vicesindacodi Tempio
Pausania. La situazione in cui versa in nosocomio gallurese è gravissima. Addis,
anche a nome di tutti i sindaci dell’Unione Alta Gallura e del Distretto sanitario
di Tempio, rivolge il suo appello direttamente e per conoscenza a tutte le
autorità sanitarie e politiche, regionali e statali, incluse Prefettura e
Procura della Repubblica.
“Il
reparto di ortopedia – prosegue Addis – dove si è registrato il primo caso di
positività di un paziente trasferito dall’ospedale di Nuoro, è stato sottoposto
a sanificazione ma i medici e gli operatori non sono stati tutti sottoposti
a tampone e continuano a frequentare gli ambienti ospedalieri”.
Tutti
i Sindaci chiedono “con estrema urgenza ogni misura idonea a mettere in
sicurezza del Paolo Dettori e di agire con ogni strumento ordinario e
straordinario messo a disposizione dell’ordinamento statutario speciale della
Regione Sardegna per evitare il diffondersi del contagio prima all’interno
della struttura e poi nella popolazione. Sottoporre ai tamponi rinofaringei
tutto il personale che ha operato nel reparto di Ortopedia dove si è registrato
il primo caso di positività, e del reparto di Medicina dove è tuttora
ricoverato il paziente positivo al virus, di adottare i protocolli di sicurezza
previsti dalla legge e di vigilare sulla loro stretta osservanza. Tutto il
personale dell’Ospedale venga rifornito di dispositivi di protezione
individuale indispensabile per continuare a prestare assistenza e cure in
sicurezza”.
Ad
aggravare ancor più la situazione si aggiunge che nella giornata di sabato
21 sono decedute cinque persone nel territorio comunale: tre in ospedale,
una in Hospice e una in abitazione. Dei tre decessi ospedalieri due casi sono
attribuiti a POLMONITE BILATERALE – INSUFFICIENZA RESPIRATORIA ACUTA IN
PAZIENTE CON POLMONITE. I tre decessi si sono verificati nel reparto di
Medicina.
Inoltre Addis denuncia una “grave, inconcepibile e inammissibile totale assenza di comunicazione informativa istituzionale” e riferisce di una precedente nota del 16 marzo, inviata a seguito della presenza del già citato paziente positivo in Ortopedia. In quella occasione il vicesindaco aveva già segnalato le condizioni di estremo rischio a causa dell’assoluta mancanza di DPI chiedendo un intervento con estrema urgenza. La richiesta, però, è rimasta colpevolmente inascoltata e priva di riscontro.
La situazione nell’ospedale tempiese è a dir poco drammatica, come è molto alto il rischio di un focolaio di ampie proporzioni che vada a paralizzare completamente l’intera struttura e scopra del tutto un vasto territorio con oltre 35.000 abitanti. Non si può perdere un momento di più rispetto a quanto è già irresponsabilmente accaduto.
Le persone stiano a casa, quanto più possibile, stiano molto attente ma le autorità sanitarie devono porre rimedio immediato a quanto sta avvenendo al Paolo Dettori di Tempio. La lettera di Gianni Addis non lascia spazio ad interpretazioni. Non c’era tempo da perdere due settimane fa, è ora superfluo rimarcare l’estrema gravità della situazione a Tempio e in tutta l’Alta Gallura.
Covid-19, Sardegna: santi e soldati piegheranno le curve?
La diffusione dell’epidemia Covid-19 nel mondo, dall’11 marzo considerata Pandemia dall’OMS, registra 280.000 contagiati e circa 11.500 decessi. La maggior parte di questi come noto si conta in Cina (ex focolaio di Wuhan-Hubei) con più di 3.000 morti e nel nord-Italia con oltre 4.000 morti, di cui quasi due terzi in Lombardia. Nel complesso, su quasi 207.000 test eseguiti in Italia i positivi sono 47.021 mentre gli attivi 37.800. Dai casi positivi vanno infatti sottratti i decessi e 5.129 guariti. I ricoverati in terapia intensiva sono al momento 2.655.
Solo
ieri si sono contati 627 decessi e la distribuzione del Covid-19 nel
focolaio italiano assume un andamento pericolosamente verticale. Per avere un’idea
indicativa, il numero di morti della sola giornata del 20 marzo è pari a tutti
i decessi registrati dal 24 febbraio al 10 marzo (631).
Mentre
medici ed esperti – o presunti tali – continuano irresponsabilmente a
rilasciare dichiarazioni del tutto fuorvianti sulla pandemia, sull’aggressività
del virus ai polmoni e su raffronti con anni precedenti, è del tutto confermata
la previsione di Giorgio Parisi che due settimane fa parlava
chiaramente del rischio di conteggiare in Italia molti più morti rispetto al
focolaio cinese e, in assenza di misure drastiche, “bruciare” il vantaggio di
37 giorni rispetto all’andamento della curva di Wuhan.
In
questo weekend arriverà in Italia personale medico specializzato da Cuba mentre
in Lombardia è operativo da giovedì un team cinese. Durante la conferenza
stampa di giovedì introdotto dal presidente della Regione Lombardia, Attilio
Fontana, ha parlato Sun Shuopeng, vicepresidente Croce Rossa Cinese.
Il gruppo di esperti cinesi ha rimarcato le misure di contenimento troppo blande,
lo scarso o improprio uso di mascherine e l’ancora eccessivo traffico
riscontrato a Milano.
Non meno pericolosa la
situazione a livello prettamente economico dove si segnala negli ultimi giorni la
querelle sull’ipotesi “click day” per i 600 euro a beneficio dei lavoratori
autonomi. Una sorta di procedura a sportello come per i bandi pubblici che ha
contribuito ad esasperare la situazione in seguito alla pubblicazione del
decreto “Cura Italia”. Una valanga di critiche al presidente dell’INPS, Pasquale
Tridico, e al governo. L’ipotesi è stata ritirata nel giro di un paio di
giorni.
Negli articoli precedenti si era dato conto, tra i tanti, dello sviluppo dell’attività di monitoraggio e previsione da parte di alcuni giovani ricercatori. Al progetto avviato dal tempiese Luigi Giuseppe Atzeni e dal collega Vincenzo Nardelli si sono in breve unite numerose altre competenze e il lavoro viene ampliato e affinato di giorno in giorno. È stato diffuso anche un breve Manifesto intitolato “La conoscenza ci difende dalla paura”. Nel link al progetto sono disponibili numerosi collegamenti a biografia specializzata, database e altre informazioni utili. Questo il link al progetto CoVstathttps://covstat.it/
Nel
frattempo in Sardegna lo scenario appare in netto peggioramento con una
situazione più unica che rara. Da questo sito si era fatto appello a
concentrare da subito l’attenzione sulla sicurezza del personale medico
ed ospedaliero che avrebbe dovuto trattare la diffusione del Covid-19, anche alla
luce delle condizioni di base del sistema sanitario sardo. I contagiati in
Sardegna al 20 marzo sono 293 (su 1.912 test eseguiti), un
incremento di oltre 80 casi nelle ultime 24 ore. Sono 2 al momento i decessi e
15 i casi in terapia intensiva (+6 rispetto al giorno precedente). A questi si
aggiungono altri due decessi di sardi emigrati e inclusi nel dato italiano. Quasi
tre contagi su quattro sono quindi registrati in provincia di Sassari e,
complessivamente, circa il 50% dei contagiati è riconducibile a personale
medico e sanitario. Un dato clamoroso che non ha pari nelle Regioni
italiane, in Cina e, per quanto informazioni e dati siano parziali, non risultano
situazioni raffrontabili in tutta Europa.
La
solidarietà della popolazione sarda non è stata mai in discussione e
sono numerose le iniziative che nascono ogni giorno. Da imprenditori e
lavoratori che producono o donano decine di migliaia di mascherine a raccolte
fondi e donazioni di varia natura che coinvolgono trasversalmente tutta l’Isola.
Non c’erano dubbi su questo ma è intuibile non sia sufficiente né tantomeno sostenibile.
L’assessore
alla Sanità della Regione Autonoma della Sardegna, Mario Nieddu, ha
sminuito pericolosamente la diffusione del contagio negli ospedali con un “ci
può stare” che ha raggelato il personale impegnato in prima linea e
generato forti polemiche e inquietudine nella popolazione che nei nosocomi
potrebbe dover andare per Covid-19 o per cure ad altre patologie non posticipabili.
Il governatore Christian Solinas, dopo i maldestri appelli al sentimento religioso popolare, ha chiesto ufficialmente allo Stato italiano l’intervento della Brigata Sassari per la gestione dell’emergenza Covid-19 in Sardegna. Non è dato sapere come questo ipotetico impiego di militari si dovrebbe inserire nella strategia della Ras e nel relativo Piano straordinario Codiv-19 approvato dalla Giunta meno di due settimane fa. Non è chiaro in cosa dovrebbero essere impiegati i militari e quale utilità concreta abbiano, se non – come denunciato da A Foras in un comunicato – “deviare l’attenzione da quelli che sono i reali e gravi problemi che sta incontrando il sistema sanitario sardo”.
Al di là delle retoriche militari e credenze personali di ognuno, è del tutto evidente che santi e soldati non incideranno sulla pericolosa pendenza che l’andamento del Covid-19 sta assumendo e non riusciranno a ridurre il tasso di contagio nei nosocomi isolani o doteranno di adeguate protezioni tutto il personale medico ed ospedaliero impegnato in una dura battaglia scientifica, civile ed organizzativa e non certo militare.
COVID-19. Alcuni monitoraggi e situazione in Sardegna
Gli aggiornamenti sul COVID-19 indicano, come prevedibile, che il picco del focolaio nord-italiano sia ancora piuttosto lontano. Come detto più volte, le misure di contenimento iniziano ad evidenziare i benefici di riduzione di contagi dopo un certo lasso di tempo.
A livello mondiale i casi al
momento sono oltre 143.000 con 5.394 morti. Al contempo, anche in
numerosi Paesi europei, le curve si fanno sempre più ripide. Su tutti la Spagna
che ormai procede al ritmo di oltre 1.000 casi in più al giorno (1.188 oggi con
36 decessi). In Italia oggi si registra un nuovo, forte, incremento con 2.547
casi (oltre 1.000 in Lombardia) e ben 250 decessi. I morti totali in Italia
sono ora 1.266.
In Cina, al contrario, dopo
oltre due mesi la diffusione del COVID-19 si è praticamente esaurita e
oggi si registrano solo 22 nuovi casi e 8 decessi. https://www.worldometers.info/coronavirus/
In Sardegna i casi positivi
salgono a 44 (+5 oggi). Nessuno è grave (terapia intensiva) ma nessuno –
ancora – è stato dichiarato guarito. Buone notizie dal San Francesco di Nuoro con
tamponi negativi dopo i casi dei giorni scorsi i quali avevano portato la
chiusura del nosocomio e messo subito in crisi la struttura. La maggior parte dei
soggetti contagiati sono difatti operatori sanitari.
Da segnalare che da più parti si continuano
a denunciare massici arrivi via porti, in particolare Olbia, dal momento che l’unico
aeroporto attivo in Sardegna a regime fortemente ridotto è quello di Elmas. La
situazione rischia di farsi incandescente anche perché sbarcano auto, caravan, camper
e pulmini carichi di viveri ed è del tutto evidente non si tratti di studenti e
lavoratori di rientro. Molti sardi e sarde stanno finendo anzitempo o hanno terminato
stagioni lavorative invernali ma la percentuale è comunque minimale, anche
perché la Sardegna – con poca popolazione e il tasso di abbandono scolastico
più alto d’Italia – non conta un enorme numero di studenti universitari “disterrados”
e molti emigrati sono rimasti dove vivono, in Italia come in tutta Europa. All’interno
dei “vacanzieri” si registrano casi di nazionalità non italiane, in proporzione
minimi e probabilmente alimentati anche dal fatto che fino ad una settimana fa nei
loro paesi si parlava a malapena del COVID-19 (vedi posizioni governative).
Il dato è chiaro e cosa sta
accadendo è sotto gli occhi di tutti, nonostante gli sparuti tentativi di minimizzare,
insinuare la classica “colpa sarda” o, persino, parlare di “accoglienza e ospitalità”.
La situazione rischia di farsi ancora più seria di quanto già non lo sia per
COVID-19 e il problema non è solo epidemiologico e sanitario, ma politico.
Un vero corto circuito. Parti politiche da sempre piuttosto scioviniste con “prima
gli italiani” e “aiutiamoli a casa loro” si trovano a richiedere lo stop all’arrivo
di nord-italiani (seppur non nominati esplicitamente) e anche altri esponenti
politici unionisti chiedono con forza il blocco temporaneo degli arrivi.
Il fisiologico e maggiore rischio
contagio e il carico sul sistema sanitario sardo ha i primi esempi pratici.
A Carloforte un “turista” milanese è stato scoperto e denunciato solo a
seguito di una brutta caduta col motorino (senza assicurazione e revisione), fatto
che ha impegnato persino l’elisoccorso per il trasporto al Brotzu.
Fortunatamente per i soccorritori e il personale medico entrati in contatto con
lo stesso, è risultato negativo al tampone.
In numerosi Comuni (non solo
costieri) vengono visti in giro come veri e propri turisti che se interpellati tentano
di confondersi con l’accento e la lingua del luogo utilizzando “frasi pronte”.
Comportamenti dolosi e irresponsabili che inaspriscono una situazione già
critica dove tanti Comuni sono sotto stress alle prese con l’organizzazione di assistenza
psicologica, consegna pasti per anziani, disabili e non autosufficienti e
tutti i servizi emergenziali che vengono predisposti in situazioni simili.
A riprova di cosa sia accaduto nei
giorni scorsi, crescono ancora gli autodenunciati per isolamento fiduciario: 13.300.
Tornando ai dati, di seguito si riportano alcuni link a progetti di monitoraggio o previsione che negli ultimi giorni stanno osservando e cercando di modellizzare la diffusione del COVID-19 e prevederne gli andamenti futuri.
In https://urly.it/34tb8Luigi Giuseppe Atzeni, Vincenzo Nardelli e Andrea Palladino cercano di
stimare l’andamento in Italia nel complesso utilizzando il modello SIR e altri
contributi di fonte cinese ottenuti dall’osservazione sullo sviluppo del
focolaio di Wuhan. Gli stessi fanno appello ad altre competenze che vogliano
unirsi al progetto, con l’obiettivo di affinare il modello e possibilmente in
tempi rapidi “regionalizzare” gli scenari. Al momento R0 stimato è 1,32
e il picco è previsto al momento per il 9 aprile. È di fondamentale
importanza che analisti o analiste sarde possano dare un contributo avendo
magari più confidenza, se non data-set pronti, con le peculiarità dell’Isola e
particolari variabili che possano inserirsi al meglio nella ricerca, rendendo
le stime per l’Isola più affidabile.
Un altro
progetto al momento si occupa di analizzare la situazione epidemica italiana
partendo dalla situazione lombarda e analizzando i trend in altre quattro
regioni. Gli autori sono Enrico Bucci, Giuseppe De Nicolao, Enzo Marinari e Giorgio Parisi
(quest’ultimo Presidente dell’Accademia Nazionale dei Lincei). Il documento
in Pdf può essere scaricato al seguente link https://urly.it/34tb-
Qui https://urly.it/34tb0
è possibile osservare e seguire un complesso ed esaustivo monitoraggio a cura
di Franco Mossotto.
Ieri notte il presidente del Consiglio dei Ministri italiano, Giuseppe Conte, ha inasprito le misure di contenimento per il COVID-19 con la firma del Dpcm n° 11.
In Dpcm in questione, come sottolineato anche dal presidente
ANCI Sardegna, Emiliano Deiana, non è completamente chiaro e, come i
precedenti, sta creando molta confusione per numerose categorie, al di là dei
richiami alla doverosa e indispensabile responsabilità individuale. Deiana ha
richiamato anche la massima urgenza di studiare e varare misure ad hoc
tra ANCI-RAS per il sostegno al sistema produttivo sardo, interventi che si
dovranno aggiungere a imprescindibili e massici provvedimenti statali.
Riguardo la diffusione del COVID-19 nel Mondo, da
rilevare la dichiarazione ufficiale di Pandemia da parte dell’OMS e il
rapido cambio di indirizzo negli Stati Uniti con i blocchi dei voli dall’Europa
decisi da Trump che fino a poche ore prima minimizzava la questione COVID-19.
Nonostante questo la maxi esercitazione “Defender Europe” non sembra subire
variazione. Si farà comunque per gioia e vanto della NATO https://shape.nato.int/defender-europe ma l’Italia non vi parteciperà.
Diversa sorte per un’altra esercitazione militare NATO, “Cold Response 2020”:
annullata.
A proposito di movimenti e spese militari, sul web il movimento A Foras ha lanciato #piùospedalimenomilitari motto che richiama le lotte in Sardegna contro l’occupazione militare e l’enorme contraddizione tra spendere per costruire guerra e non pace. Costruire pace significa anche destinare alla Sanità pubblica e non al comparto bellico, risorse che potrebbero garantire l’acquisto e il finanziamento di strumenti e professionalità sane.
Il dato di oggi per l’Italia indica un nuovo forte incremento
di contagi e decessi, rispettivamente +2.651 e +189 (di
cui 127 solo in Lombardia)https://www.worldometers.info/coronavirus/
Il rapporto tra morti e guariti si avvicina all’unità, con i
primi che rispetto a due-tre settimane fa (rapporto 3:1) si apprestano a
superare a breve i secondi per la prima volta dall’inizio dell’epidemia, ora Pandemia.
Con le dovute imprecisioni e difficoltà proseguono da più
parti (nei prossimi giorni si darà conto di diversi gruppi di analisti che
lavorano ai dati) gli aggiornamenti delle stime su picchi ed espansione dei
focolai, mentre in numerosi Stati europei le cifre crescono di giorno in giorno.
Diversi governi iniziano a prendere coscienza della situazione.
Le domande (e gli obiettivi) sono sempre le stesse: quanto
potrebbe durare? Come “flattare” il picco per non far collassare i sistemi
sanitari? Come prevenire l’esplosione di nuovi focolai?
Riguardo le stime, l’immagine riportata mostra l’andamento
della curva del contagio registrata in Cina utilizzata per cercare di simulare
lo scenario per Korea del Sud e Italia. La parte a sinistra
riporta i nuovi casi su base giornaliera, quella a destra corrisponde all’andamento
cumulativo.
I grafici comprendono quindi una parte storica (cosa già
effettivamente registrato a Wuhan dove il focolaio può considerarsi spento) e
una previsionale sull’andamento e l’entità che il contagio potrebbe seguire
nei focolai (outbreaks) in oggetto, Korea e nord-Italia – in particolare
Lombardia (3 morti italiani su 4 per COVID-19 sono in questa regione).
Le previsioni sull’andamento in Italia seguono due scenari, uno ottimistico e
uno, al contrario, pessimistico. A partire dalla scelta del “blocco totale”
(total lockdown) la stima su un andamento positivo o negativo è legata all’ipotesi
che la misura adottata in Italia sia efficace quanto quella a suo tempo
adottata per contenere il focolaio di Wuhan, ovvero il blocco del traffico imposto
già nella seconda parte di gennaio.
Ciò che si osserva, come noto in tutte le epidemie, è che i
provvedimenti restrittivi – oltre dipendere dalla qualità dell’applicazione
pratica e altri fattori – in termini di contenimento del contagio non danno
effetti immediati ma dopo un certo lasso di tempo, tendenzialmente il periodo
di incubazione. Dunque, nonostante le misure prese negli ultimi tre giorni in
Italia è prevedibile il proseguo di una pendenza molto ripida della
curva nei prossimi giorni con gli effetti positivi che si dovrebbero iniziare a
vedere solo a fine marzo/primi di aprile. Nello scenario positivo, la simulazione
effettuata indica un picco italiano con oltre 3.000 nuovi casi/giorno e
un cumulativo di circa 50.000 contagi totali. Nello scenario negativo –
ovvero nell’ipotesi di un’inefficacia totale del blocco per il contenimento del
focolaio (meno plausibile) i nuovi casi giornalieri sarebbero 6.000 e il
cumulativo superare i 100.000 casi complessivi. L’obiettivo del
contenimento, come detto più volte, è quello di alleggerire la pressione sulle
strutture ospedaliere direttamente coinvolte nell’area in questione ma anche
evitare che si sviluppino focolai come quello nord italiano in altre aree,
anche molto distanti e altrettanto, se non più, densamente popolate come molti
centri meridionali.
Nei giorni scorsi insistentemente si è chiesto se la
diffusione stesse rallentando e si andasse in breve verso un picco della
gaussiana del COVID-19. Molti esperti hanno preferito non confermare in tal
senso indicando come fosse più probabile trovarsi ancora in una fase fortemente
ascendente. Quello che dicono le stime e previsioni elaborate a Taiwan
è che il dato del focolaio nord-italiano sia, ancora, in una fase iniziale
e che, probabilmente, questa settimana e le prossime due saranno le più dure
come pressione sul sistema sanitario. Il nuovo Dpcm va nella direzione di
alleggerire la situazione nelle aree più colpite ma anche evitare o limitare
quanto possibile l’eventuale propagazione di focolai in altre zone dello Stato.
In Cina, ad esempio, sono dovuti trascorrere ben due mesi dai casi dei
primi giorni di gennaio per giungere ai recenti allentamenti sui blocchi a
Wuhan. L’area cinese è in termini di abitanti una zona abbastanza paragonabile
a quella più calda del focolaio italiano, la Lombardia. Praticamente gli
stessi abitanti, ma con diverse densità (Wuhan conta oltre 700 ab/Kmq, la
Lombardia circa 420) seppur entrambi siano valori molto elevati.
——-
SARDEGNA. Al 12 marzo la Sardegna registra due nuovi casi, per un totale di 39 totali. Il contesto sardo ha per forza di cose e di geografia le sue peculiarità. La Sardegna conta la stessa superficie della Sicilia ma con poco più di 1,6 milioni di abitanti. Oltre l’insularità, la bassa densità che caratterizza la stragrande maggioranza della superficie e una percentuale rilevante della popolazione (30,8%, oltre mezzo milione di abitanti) suddivisa in piccoli centri (314 Comuni su 377 < 5.000 abitanti) sono elementi che costituiscono enormi punti di forza. Si tratta, di fatto, di un distanziamento sociale implicito che permetterebbe di concentrare l’attenzione e gli sforzi sulla gestione dei maggiori centri urbani. Un enorme punto di forza da preservare e non disperdere, cosa che non è stata del tutto colta. Anzi.
Oltretutto è necessario vedere demograficamente la situazione anche da un’altra prospettiva. Il “vantaggio” temporale e demografico non deve rassicurare e l’attenzione deve rimanere massima. Perché? Non saranno Wuhan o Milano, ma alcune città sarde, proporzionalmente agli abitanti totali e alla capacità di carico del sistema sanitario, potrebbero costituire focolai devastanti. “Cagliari città” conta oltre 150.000 abitanti con una densità di 1.812 ab/kmq, Quartu (città metropolitana di Cagliari) ne conta 730, mentre la Città metropolitana nel suo complesso comprende 17 Comuni, 430.000 abitanti, per una densità di 345 ab/kmq. Sassari si ferma a 231, dato comunque non da poco considerando che è calcolato su un’estensione che, da sola, è pari a quasi la metà di tutta l’area metropolitana di Cagliari. Cosa significa questo? Che i pochi casi attuali in Sardegna, l’orografia e un distanziamento implicito possono passare da punti di forza a enorme sottovalutazione del rischio.
Precisato questo, il fattore insulare-nazionale avrebbe
potuto essere sfruttato al meglio con un celere blocco in entrata oppure, sempre
con tempo, la predisposizione di seri controlli in porti e aeroporti e
l’apertura di una sorta di corridoio umanitario per il rientro controllato e
gestito dei vari cittadini sardi presenti non solo in nord Italia e non solo
nelle zone più interessate. Sono infatti decine di migliaia i Sardi presenti in
Paesi europei i quali si trovano alle prese con Governi che sottovalutano il
COVID-19 (principalmente perché non hanno ancora focolai) consentendo fino a
pochi giorni fa, o anche poche ore, enormi eventi di massa e altro. Per avere
un’idea delle tempistiche a livello mondiale nella gestione COVID-19 una previsione
di contenimento è stata adottata in modo rigido dalla Russia da e verso la Cina
nelle cinque province confinanti tra i due paesi già il 31 gennaio
(sospensione visti, corridoio umanitario e quarantena obbligatoria).
Come noto, in Sardegna questo potenziale vantaggio è stato
(in parte) disperso con l’arrivo incontrollato di migliaia di “vacanzieri”
dalle zone rosse che hanno preso d’assalto le seconde case presenti nell’Isola,
un afflusso paragonabile al periodo estivo che ha suscitato sdegno a livello
popolare e anche forti rimostranze degli Amministratori locali. Interessate
prevalentemente le seconde case ma non solo, come l’albergo di Tortolì che ha
persino pubblicizzato un’offerta per fuga da COVID-19. Il titolare è
stato denunciato.
Gli autodenunciati con la procedura prevista al momento sono circa
11.000 ma si può verosimilmente presumere
che una parte di essi possa rimanere sommersa fatto che mette ancor più a
rischio un fragile sistema sanitario.
Negli
ultimi due giorni, oltre l’inasprimento delle misure di contenimento a livello
statale, da segnalare la decisione del presidente della Regione Toscana
di firmare l’ordinanza n° 10.
Questa prevede che chi è arrivato in Toscana negli ultimi 14 giorni dalle
zone a rischio per ragioni non di lavoro, salute o necessità, debba far rientro
immediato nel proprio domicilio, abitazione o residenza. Questo perché essi non possono avere sul
territorio toscano il proprio medico o pediatra di famiglia, elemento cruciale
nell’assistenza sanitaria garantita dal Servizio sanitario e, ancor più, in
questo momento. Diversi dunque gli aspetti sui quali puntare per gestire al
meglio la situazione nelle prossime settimane e prevenire l’insorgere di un
focolaio in Sardegna.
controlli a
tappeto su seconde case e località più interessate dal fenomeno turistico al
fine di verificare concretamente eventuali non autodenunciati. Sono
molti di più di 11.000 considerando che gli arrivi, anche con minore intensità,
erano in corso da diversi giorni prima del clamore dei servizi giornalistici in
porti e aeroporti isolani. Gli arrivi in nave erano su livelli estivi con migliaia
di persone per sbarco. A questo si aggiunge anche che in una prima fase dei “controlli”
questi sono stati applicati solo a Cagliari. Al momento numerosi di questi
arrivi stanno ancora oggi letteralmente vagabondando come fossero in ferie in
un atollo sterile e immacolato. È un comportamento irresponsabile e
profondamente egoista.
allestimento di
nuovi posti letto negli ospedali nei quali nel corso degli ultimi anni questi
sono stati tagliati. Le strutture ospedaliere e i reparti sono già presenti e,
di fatto, nell’emergenza potrebbero essere riattivati centinaia di posti letto
in tempi rapidi;
ampia copertura
di dispositivi di sicurezza individuali per personale medico;
i posti letto
riattivati interesserebbero i piccoli ospedali e con loro i piccoli centri nei
quali ruotano molti piccoli o micro Comuni. L’importanza di dotare questi
piccoli ospedali è una funzione di decompressione nei confronti degli ospedali
principali nei quali sono previste come anticipato tre Unità COVID-19 con
terapie intensive (+60 unità);
la funzione di
decompressione riguarda lo specifico l’emergenza COVID-19 e tutta la gestione sanitaria
ad essa correlata nel senso che tutte le altre funzioni sanitarie ordinarie
devono proseguire necessariamente nel miglior modo possibile;
le sale
operatorie, o in molti casi le ex sale operatorie alla luce dei tagli alla
Sanità sarda, possono essere più facilmente adibite a posti aggiuntivi di
terapia intensiva o, laddove non si necessiti di posti di terapia intensiva,
utilizzati per interventi chirurgici necessari nell’ordinario svolgimento di
interventi che caratterizzano normalmente il sistema;
utilizzo
strutture private presenti nell’Isola. È noto da diverse fonti che in Lombardia
e non solo il sistema privato sia stato e sia piuttosto restio a mettere a
disposizione posti letto, nonostante la drammaticità della situazione. In
Sardegna, l’opposizione popolare e le critiche da più parti giunte negli anni
all’integrazione sanitaria privata a scapito di quella pubblica potrebbero
giocare un ruolo chiave di “lobbysmo all’inverso” e spingere a mettere a
disposizione strutture private per l’emergenza COVID-19. Il Mater Olbia, ad
esempio, non ha un Pronto Soccorso, ma l’Unità di rianimazione, e tanta voglia
di darsi una pubblicità positiva in Italia e in Sardegna.
data la
difficoltà a fare concepire a molti il rischio di uscire di casa e contrarre il
COVID-19 potrebbe essere utile il passaggio nei Comuni isolani con megafono o
altri mezzi al fine di invitare la popolazione ad attenersi alle indicazioni
sanitarie, ripetendo e specificando le misure anti-contagio. Potrebbe avere un
effetto deterrente e di “convincimento” soprattutto sui più anziani (ma non
solo), i più esposti e spesso più testardi. Non è una cosa “simpatica” ma
potrebbe essere utile, con dovuto tono e linguaggio. Come testimoniato da molti
video su You Tube, in Lombardia è una pratica che si sta attuando con buoni
effetti. Anche lì, difatti, nonostante il dramma conclamato in molti ospedali,
in tante città e piccoli Comuni la popolazione è stata piuttosto restia fino
all’ultimo ad osservare misure di contenimento. Va detto che al momento la
popolazione sarda sembrerebbe aver risposto alla situazione emergenziale in
modo relativamente composto e ordinato.
NOTA. Molto di quanto sopra riportato è stato appuntato
nella notte tra l’11 e il 12 marzo. Il Piano straordinario approvato
nella tarda serata di ieri dalla Giunta regionale e divulgato nella mattinata
di oggi prevede più fasi a seconda dell’evoluzione dell’emergenza. La Ras con
l’approvazione della Finanziaria destina 60 milioni di euro
all’emergenza COVID-19. Una somma considerevole se si pensa alle condizioni
sistema economico isolano e, per fare un raffronto, a quanto stanziato pochi
giorni fa dalla Commissione europea per finanziare lo studio sul vaccino
al COVID-19: 47,5 milioni di euro.