«Indipendentzia», «A Fora!» erano le espressioni più usate dai manifestanti di Capo Frasca nella giornata di ieri. Le agenzie riportano i numeri, non ci sono scuse o letture doppie delle cifre: circa dodicimila manifestanti a portare la propria voce contro le basi militari. Continua la lettura di Sardegna. In dodicimila a Capo Frasca per la chiusura delle servitù militari (di Marco Piccinelli)
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L’occupazione militare è sempre l’occupazione militare. Non dimentichiamolo
Ho sentito parlare nelle ultime ore della presunta adesione del Partito Democratico alla Manifestada Natzionale del 13 settembre a Capo Frasca. Ho letto di sfuggita le dichiarazioni di Irs e la posizione del consigliere Psd’Az, Orrù, in solidarietà con i militari italiani (!). Non andrò nello specifico delle singole dichiarazioni, perché vi anticipo che non lavoriamo quotidianamente per farci dettare una linea politica dai collaborazionisti dello Stato italiano sotto i fari dei media. Sul punto sarò chiaro, perché l’ambiguità non fa parte del mio patrimonio politico. Dichiararsi indipendentisti ha, sino a prova contraria, un valore. Un valore inestimabile. Abbiamo per questo sempre ritenuto che chi sostenesse i partiti italiani si ponesse automaticamente al di fuori del movimento indipendentista sardo.
Seppur con le sue contraddizioni e i normali problemi di maturazione (come qualsiasi movimento di liberazione nazionale in ogni epoca e in ogni luogo) il movimento indipendentista si trova oggi di fronte ad un bivio. Dopo anni di giustificazioni, luoghi comuni e menzogne all’insegna del presunto benessere socioeconomico derivante dalle basi militari, il Popolo sardo sta acquisendo consapevolezza, andando al cuore dei problemi della nostra terra.
Questo processo in corso cresce numericamente e qualitativamente ogni giorno e questo pone davanti a militanti, dirigenti e sostenitori una grande responsabilità politica. E’ una prova di dignità di un intero popolo: scegliere se sostenere una lotta nei confronti di un problema sociale e politico in modo organizzato ed efficace, oppure se stringerci con gli artefici della nostra dipendenza e del sottosviluppo indotto. Ancora una volta. Sta a noi scegliere se incidere nella Storia una grande manifestazione di popolo, Indipendentista, o se ricadere ancora una volta nei soliti paradossi dei quali lo Stato italiano si giova nella sua opera di colonizzazione, con lo zuccherino della sospensione per…i turisti.
Alla luce dei recenti fatti e delle decisioni di sei mesi di governo Pigliaru in tema di “politiche militari”, questa maturazione si pone come vitale per la prosperità futura del nostro popolo. Questa svolta politica la dobbiamo a tutta la Sardegna e, in primis, alle vittime dell’occupazione e sperimentazione militare.
Dicono che non sappiamo organizzarci, che non potremo mai. Ora vengono a banchettare al nostro tavolo. Ricordiamo loro che una volta scavati certi solchi gli stessi diventano insormontabili a causa delle fortissime ragioni che ci hanno spinto a scavarlo, giorno dopo giorno. O anche solo pensare di farlo.
Continuiamo il nostro lavoro e teniamo bene a mente ciò che le organizzazioni politiche italiane e collaborazioniste attuano sul nostro territorio. Loro non ci sono nelle nostre comunità, se non per il peggio del peggio che si veda in tutta Europa e misconoscono i danni dell’occupazione militare. Spesso poi scherniscono le stesse organizzazioni che il 13 vorrebbero appoggiare. Ricordiamo bene i loro comunicati e le loro politiche sul territorio all’insegna delle opportunità di sviluppo, della sicurezza e del valore delle basi militari.
Ci indigniamo continuamente delle guerre imperialiste nel Mondo e sappiamo bene anche la posizione di quelle organizzazioni su quei conflitti, che nascono proprio qui da noi. Oggi più che mai, essere coerenti ci spetta come dovere nei confronti di interi popoli che soffrono atrocità inenarrabili, proprio in prima serata tv, anche grazie alla complicità determinante dello Stato italiano.
Noi oggi possiamo fare qualcosa, davvero, anche per i bambini di Falluja, di Homs, di Gaza. E lo avremo fatto perché per primi ci siamo presi cura dei nostri interessi vitali. Abbiamo la possibilità di delegittimare un’intera classe politica coloniale e, tramite essa, affermare davanti allo Stato italiano, alla pari, che noi non abbiamo bisogno della pacca sulla spalla delle segreterie di chi avvelena e devasta il nostro territorio e le nostre comunità. Tanto meno ne abbiamo bisogno per dare un segnale di civiltà e un aiuto concreto a livello internazionale, non dimenticando la recente l’involuzione sociale intrapresa dal governo Renzi sia a livello di politica interna che su un piano di diplomazia internazionale.
In un’epoca in cui in politica vale tutto e il contrario di tutto, Indipendentismo è ancora una parola pesante. Facciamo in modo rimanga tale.