Ci mancava solo Buffon. Sarebbe ora di finirla con queste stronzate all’italiana. Non ritengo sia utile alla causa la solidarietà e l’esposizione mediatica di un nazista. A costo di apparire velenoso, dico che l’odore dello sciacallaggio si sente eccome. Non sarebbe ne il primo ne l’ultimo. Nel frattempo, cosa ben più rilevante, l’esercito israeliano distribuisce volantini per informare la popolazione che deve abbandonare le proprie case. Si teme un bagno di sangue come per Piombo Fuso nel 2008-2009.
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Quel silenzio che dice tutto.
Mi pare ovvio che mentre Israele dia il peggio di se a Gaza bombardando un orfanotrofio, l’eroe italiano degli ultimi anni promuova la propria carriera, Gomorra – La Serie. Tre danni sociali:
1. Complicità col sionismo israeliano e le sue atrocità. Non da oggi, sia chiaro. I rastrellamenti sono iniziati più di tre settimane fa e oltretutto si attende ancora la risposta al video-messaggio da Gaza di Vittorio Arrigoni. Era 10 ottobre 2010. Lui non c’è più e non può sentire perché dopo non c’è nulla, ma chi c’è ascolterebbe volentieri. Non si scopre certo oggi a tutto tondo il personaggio Saviano. Ciò non toglie sia sempre bene ricordarlo. Se i più sono rimasti col cervello inchiodato al 2006, anno di pubblicazione di Gomorra, non me ne posso fare una colpa.
2. Il prossimo e i tanti che rivelano già oggi i marciumi dello Stato e i meccanismi delle criminalità organizzate subiscono atrocemente dall’opinione pubblica, mediamente disinformata e superficiale, lo stereotipo del “vuole far soldi, proprio come Saviano, non ricordi?”. Ottimo pretesto per aumentare la scarsa conoscenza delle criminalità organizzate. Queste ultime, sentitamente, ringraziano. Chi si è trovato nella mortificante situazione di aver poco credito a causa di deficienti o disonesti che “infangano” l’argomento sa bene di che sensazione parlo.
3. Sull’argomento Roberto Saviano sfugge sistematicamente al contraddittorio che, a ben vedere, è un elemento fondamentale per lo sviluppo della società, dunque anche per il raggiungimento di quella Pace (Perpetua) che tanti hanno sulla bocca. Meno nel cervello. Ancor meno nel conto in banca.
Ve la prendete voi la responsabilità di definirlo giornalista o, meglio ancora, eroe?
Quegli occhi parlano da soli.
Oltre cento morti in Palestina. La stampa italiana esalta Israele.
Oltre 100 morti e più di 700 feriti è il bilancio degli ultimi tre giorni di bombardamenti su Gaza da parte dell’esercito israeliano. Netanyahu comunica che il “cessate il fuoco” non è nell’agenda del governo e che l’operazione di terra è ufficialmente iniziata “ma sarà limitata”. Intanto ai circa 100.000 palestinesi di Beit Lahia, Beit Hanoun (nord della Striscia) e Abasan al-Saghira (sud-est) è stato intimato di lasciare le loro case prima dell’offensiva.
Secondo le prime informazioni, la Resistenza palestinese avrebbe messo a segno un attacco nel quale risulta ucciso un soldato israeliano mentre si hanno notizie di un ferito grave ad Ashdod.
Il Segretario generale dell’ONU, Ban Ki-moon, due giorni fa parlava di “lanci di razzi da Gaza contro Israele” mentre si contavano già 35 morti. Ha invitato di nuovo le due parti a “dimostrare la massima moderazione possibile” ma nelle ultime ore l’imbarazzo per le immagini dei raid hanno fatto timidamente parlare di “reazione esagerata” invocando un corridoio umanitario dall’Egitto tramite Rafah, lo stesso tunnel bombardato costantemente dall’esercito.
Durante la semifinale mondiale Argentina-Olanda una nave da guerra ha colpito sulla costa, a est di Khan Yunis. Il missile ha centrato un chiosco affollato, causando 9 morti tra cui un numero imprecisato di bambini. Nelle ultime ore è morto Anas Abo Alkas, un giovane superstite che aveva perso i genitori nei raid del 2008 ed era l’ultimo componente della sua famiglia.
Per la consueta vergogna italiana segnaliamo un articolo di Lorenzo Bianchi per l’Huffington Post di Lucia Annunziata. Lo stesso giornale, subito dopo l’esordio nel 2012, informò con toni entusiastici circa un programma israeliano da 5.000 posti di lavoro per palestinesi che quotidianamente avrebbero superato i ceck-point per lavorare da pendolari nelle terre loro occupate come manodopera a basso costo. Oggi si titola sull’Operazione che nel frattempo è passata da “Brother’s Keeper” a “Protective Edge” (margine di protezione). Si esaltano le capacità militari israeliane e ci si preoccupa che, nonostante il numero di morti in continuo aumento, la resistenza palestinese sia ancora attiva e si sottolinea che il freno per un’invasione da terra potrebbero essere gli ingenti costi militari, dopo i 760 milioni a settimana dell’operazione Piombo Fuso nel 2008.
La vergogna della stampa italiana. In Palestina 2+2=5.
Nelle due settimane di rastrellamenti e omicidi dell’esercito israeliano nell’operazione Brother’s Keeper la stampa italiana aveva pressoché ignorato la grande maggioranza degli avvenimenti. La crudeltà dei militari israeliani, guidati sul campo a Hebron dal ministro della difesa in persona è stata totalmente tacitata. Lo stesso vale per l’incatenamento e il bendaggio dei bambini, l’isolamento di Hebron, la minaccia di interruzione di acqua e corrente, le irruzioni e le violazioni delle moschee. Per non parlare delle abitazioni rastrellate, oltre 2.500 in tutta Hebron. L’elemento più significativo, e più di tutti ignorato, è stata l’assenza di reazione in West Bank: la popolazione completamente inerme viene rastrellata, picchiata e uccisa, non reagisce, non può reagire, ma questa non è una notizia degna di nota per le agenzia stampa occidentali. Come non sono degni i bambini morenti ai ceck-point che non autorizzano il passaggio, le derrate alimentari distrutte e i negozi lungo le strade che diventavano ceck-point. Oltre le perdite umane, i danni all’economia palestinese sono enormi.
Nella seconda parte dell’operazione, sono giunte notizie di coloni sempre più aggressivi, forti delle dichiarazioni e dell’atteggiamento governativo che annunciava pugno duro e punizioni in stile sionista. L’aggressività e gli atti di squadrismo militare hanno dato vita a quello civile, culminato con il rapimento di Mohammed Abu Khudair, il sedicenne palestinese torturato e obbligato a bere benzina per poi essere bruciato vivo. A questo punto i media hanno iniziato a parlare dell’escalation di violenze, rigorosamente all’italiana.
Tre settimane dopo l’inizio dell’operazione le versioni si adattano e dal silenzio dei media si è passati alla mistificazione, al giustificare tra le righe ciò che non si ha alcun diritto a fare e del quale, ovviamente, non vengono trasmesse immagini. Scorrono invece immagini strazianti che vedono israeliani disperati, legittimando un vero e proprio genocidio con bombardamenti a tappeto in varie città, in particolare Gaza. La stampa italiana manca di ricordare che nelle ultime 24 ore sono state sganciate su Gaza oltre 400 tonnellate di esplosivo. Si contano 112 abitazioni colpite, 17 totalmente distrutte, 95 parzialmente. Due moschee, due ospedali e persino un’ambulanza. Il bollettino è inevitabilmente destinato a crescere di ora in ora. Nelle ultime 48 ore a Gaza hanno perso la vita 35 persone di cui una decina sono bambini. Oltre 300 i civili feriti.
Questa notte è stato bombardato anche l’ospedale europeo di Khan Yunis a Gaza. Decine i feriti e numerose le attrezzature e i medicinali inutilizzabili. Gli ospedali dovrebbero essere immuni da qualunque attacco come sancito dalla Convenzione di Ginevra del 1949. Attaccare un ospedale è un crimine di guerra.
Netanyahu richiama nel frattempo 40.000 riservisti e Israele prepara un feroce attacco via terra che potrebbe avere conseguenze ben peggiori delle tre settimane del massacro di Gaza causato dall’operazione Piombo Fuso tra il dicembre del 2008 e il gennaio 2009.
Nazismo e ipocrisia: il Sionismo.
Provoca ribrezzo riferire la situazione in Palestina, tante sono le brutalità che i Palestinesi subiscono.
Durante i funerali di Mohammed Abu Khudair, 16 anni, seguiti da una grande folla, è arrivato il risultato dell’autopsia sul giovane che ha confermato purtroppo il terribile sospetto avuto al momento del ritrovamento. Il ragazzo rapito dai coloni sionisti, dopo essere stato lungamente torturato e obbligato a bere benzina, è stato bruciato vivo. La causa della morte è stata la combustione. Mohammed è stato bruciato vivo, dopo che i coloni sionisti che lo hanno rapito gli hanno fatto bere benzina. Questo è ciò che accade in Palestina.
Nel frattempo sono stati arrestati gli israeliani responsabili di aver rapito e bruciato vivo Mohammed, mentre stavano tentando di rapire un altro ragazzino palestinese a Gerusalemme Est. Si registrano sempre più di frequente casi di squadrismo da parte dei coloni israeliani. Spari dalle auto in corsa, giovani investiti o rapiti. Israele per bocca dei suoi ministri annuncia pugno duro su chi pratica forme di rappresaglia verso i palestinesi, ma in realtà nessuno ci crede. Tutta la tristemente nota “Brother’s Keeper” è in realtà una rappresaglia di Stato in violazione di qualsiasi diritto internazionale. Per giorni interi Hebron è stata completamente isolata dai ceck-point dell’esercito e numerose sono state (e lo sono tutt’ora) le violenze da parte dell’esercito.
Lo squadrismo dei coloni è cresciuto man mano che si sono intensificati i raid dei militari israeliani, di pari passo con dichiarazioni sempre più minacciose da parte del governo di Tel Aviv. Questa copertura politica, come più volte riportato, ha progressivamente generato un clima di impunità tra i coloni che sempre più spesso colpiscono bambini indifesi in varie parti della città. Il governo israeliano è pienamente responsabile di questi fatti e nessun comunicato stampa di Netanyahu e dei suoi ministri può assolvere Israele dalle enormi responsabilità sull’escalation di violenza di “Brother’s Keeper Operation” e dello squadrismo dei coloni civili. L’ipocrisia sionista sta nelle dichiarazioni del primo ministro che parla incredibilmente della “necessità di agire con cautela” mentre Gaza viene bombardata e si verificano scontri in ogni città.
Nel frattempo, crescono i dubbi sull’effettiva dinamica nel rapimento e uccisione dei tre coloni, con la versione israeliana che dà sempre per certa la responsabilità palestinese, indicando Hamas. Sospetti nel luogo dove si ritiene siano stati rinvenuti i tre coloni, ufficialmente uccisi subito dopo il rapimento. Non compaiono tracce trascinamento, lotta e sangue mentre sul casus belli dell’operazione BK prosegue la mancanza di informazioni e chiarimenti da parte del governo. D’altronde non è sicuramente una novità l’utilizzo di false-flag da parte di Israele, in particolare attraverso il Mossad,
Nuova mazza per la Barracciu. Lei si difende: le statue erano maggiorenni.
I nuovi guai giudiziari della sottosegretaria alla cul-tura Francesca Barracciu hanno sollevato umide polemiche tra tutti i reperti museali d’Europa. Apprensione a Cabras tra i Giganti di Mont’e Prama.
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San Raffaele di Olbia (ora Bambin Gesù). Quando se ne parla seriamente?
La Giunta regionale del presidente Francesco Pigliaru ha dato l’ok definitivo al progetto della Qatar Foundation per l’investimento da oltre 1 miliardo di euro per i 242 posti letto del San Raffaele e l’attivazione di alcuni reparti di ricerca scientifica. Dopo gli entusiastici toni utilizzati a caldo è doveroso che l’indipendentismo e tutta la società sarda si interroghino sull’effettivo merito della scelta e sulla portata delle conseguenze per il sistema socio-economico nazionale. Sarebbe perciò interessante conoscere meglio i dati, le informazioni e le analisi per le quali si considera positivo il progetto e si dà via libera all’investimento del Qatar Foundation.
Facciamo un passo indietro, torniamo al 2011. I dati sulla mobilità sanitaria evidenziano per la Sardegna un ammontare di crediti (pazienti non residenti in Sardegna che hanno usufruito di cure nell’Isola) per 18.050.313 euro. Al contrario, i residenti sardi che hanno usufruito di prestazioni in strutture extra-regionali generano un debito per la sanità sarda pari 84.001.905 euro, con un saldo dunque pari a – 65.951.592 euro. Un dato in peggioramento rispetto al biennio positivo del 2008-2009 dove il saldo non raggiungeva i 57 milioni.
Secondo Pigliaru, sarà possibile “recuperare il 50% della migrazione passiva della Regione“. Si parla di una riduzione di tale voce, più correttamente nota come mobilità passiva, che secondo i dati diffusi dal governatore ammonta attualmente a 62 milioni di euro.
In attesa che maggiori informazioni siano fruibili da parte dell’opinione pubblica, si può sottolineare che una riduzione di mobilità passiva pari a 31 milioni di euro appare già a primo impatto un dato quantomeno sovradimensionato. La struttura in esame conterebbe su 242 posti letto, più 50 posti letto per “solventi”, ossia per pazienti (o compagnie assicuratrici, fondi o enti loro collegati che hanno stipulato una convenzione con la struttura) che si fanno carico di tutte le prestazioni sanitarie e domestico alberghiere erogate. Secondo i dati del Ministero della Salute, Direzione Generale del Sistema Informativo e Statistico Sanitario, al 2012 in Sardegna sono presenti 6.451 posti letto suddivisi in “acuti” (6.105) e “non acuti” (364). Alla luce di questi dati è naturale chiedersi com’è possibile che meno di 250 posti letto possano spostare un ammontare di risorse così rilevante alla voce mobilità passiva.
Oltretutto Pigliaru si è pronunciato anche sui presunti vantaggi sul lato della mobilità attiva e “all’integrazione con la rete ospedaliera territoriale” propedeutica ad “attrarre pazienti dall’Italia, dall’Europa e dal Qatar“.
Tra le dichiarazioni di Pigliaru e dell’assessore Arru, emerge una visione socioeconomica dei servizi sanitari alla stregua di un business e di una mera competizione che attragga (e concentri) pazienti in un unico polo di riferimento, ricalcando in maniera non troppo lontana le logiche di concentrazione industriale che tanto spopolamento e desertificazione hanno portato nelle comunità della Sardegna. Ma qui stiamo parlando di sanità e un modello a “polo di sviluppo”, già di per se fallimentare, implica rischi ancora maggiori se applicato ai servizi sanitari pubblici e alla loro organizzazione sul territorio nazionale sardo. Un europeista come Pigliaru sa bene, a proposito di crescita regionale, che già la prima riforma dei Fondi Strutturali della Comunità europea, datata 1988, venne in parte influenzata dagli enormi limiti mostrati dal concetto di polo di sviluppo nella riduzione dei divari di crescita.
Di polo ha parlato diffusamente anche l’Assessore alla Sanità, Luigi Arru, e per queste ragioni è opportuno evidenziare come in questo ambito, e a maggior ragione in quelli sanitari alla luce dei fenomeni di mobilità, è totalmente fuorviante considerare i servizi stessi alla stregua di un “import-export”. Al di là dei toni entusiastici del governo regionale, sul tema è importante segnalare un interessante articolo. http://www.quotidianosanita.it/studi-e-analisi/articolo.php?articolo_id=11939.
Si analizza più approfonditamente il fenomeno della mobilità in senso critico, utilizzando allo scopo la banca dati SDO del Ministero della Salute. Il fenomeno della mobilità è piuttosto delicato in quanto, per definizione, indica se vogliamo una situazione di “intrinseco disequilibrio”: non tutti i residenti di una regione, per varie ragioni, si rivolgono a strutture ubicate nella propria regione. Il giro d’affari della mobilità sfiora i 4 miliardi all’anno e in Italia si stima che circa 860.000 persone ogni anno usufruiscano di cure al di fuori della propria regione. Un approccio di business strategico può portare grossi squilibri e diseguaglianze, non solo della Sardegna nei confronti delle regioni d’Italia, ma soprattutto per quanto riguarda la mobilità infraregionale e i servizi erogati, ovvero quando ci si riferisce alle medesime grandezze poc’anzi discusse considerandole a livello delle ASL di un’unica regione.
Riguardo le implicazioni di questo approccio industriale alla Sanità si è pronunciata anche l’ex consigliera regionale, Claudia Zuncheddu. “Il Piano industriale del Qatar non è sufficiente per indurre la nuova Giunta a firmare l’accordo in tutta fretta e garantire il diritto dei sardi alla salute. L’ultima parola spetta alla politica, con il passaggio nelle Commissioni competenti e il pronunciamento del Consiglio“. La stessa ha proseguito sulla mancanza di coinvolgimento delle strutture locali, e “il parere delle strutture ospedaliere esistenti nei nostri territori, quelle che hanno il reale polso della situazione sanitaria“.
Manca difatti in toto una seria analisi costi-benefici riguardo le ripercussioni che il progetto avrà sulla sanità sarda, specialmente per la Gallura e il Paolo Dettori di Tempio Pausania per il quale, da anni, si parla di interventi di modernizzazione e potenziamento di alcuni reparti. La struttura, in antitesi quindi con le intenzioni di concentramento proposte dalla Giunta regionale e dalle intenzioni di soppressione dei piccoli ospedali a livello italiano, è un punto di riferimento imprescindibile per il capoluogo dell’Alta Gallura e per un bacino di popolazione di oltre 30.000 abitanti.
Il trend generale in Italia non è rassicurante, con i posti letto che sono diminuiti del 22% in 12 anni, passando da 296.000 nel 2000 ai 230.000 del 1° gennaio 2012. A spending review conclusa si scenderà a 224.000. Non è un caso che “l’operazione San Raffaele” a livello statale sia stata approvata in deroga, un regime che dovrebbe concludersi nel 2017. Per non parlare poi del “Patto per la salute” del governo Renzi, con la Sardegna che deve tagliare 281 posti letto.
Quello che più preoccupa è un elemento figlio della mancata valutazione in precedenza richiamata. Siamo difatti, come spesso accade, davanti ad un progetto win-win. Unicamente vantaggi, il San Raffaele e l’investimento del Qatar porteranno solo benefici per tutti. Il punto non è esclusivamente considerare eventuali “effetti collaterali”, magari motivando con chiarezza e rigore i vantaggi che compensano più che proporzionalmente gli svantaggi. Ciò avrebbe una qualche logica e si potrebbe dibattere sulle ragioni attraverso le quali, in conclusione, si fonda l’opzione Qatar. Al contrario, in questi giorni abbiamo appreso come la decisione, magicamente, non implichi alcun trade-off. Apparentemente si è davanti al programma pubblico perfetto. Ai sardi la scelta se farsi guidare dall’emozione del maxi-investimento o se chiedere conto in modo più preciso delle analisi che lo giustifichino. Appare doveroso in quanto cittadini e lo è ancora di più nel momento in cui tali giustificazioni devono pervenire da chi a più riprese in campagna elettorale ha posto l’accento su trasparenza, condivisione e valutazione.
http://www.ilminuto.info/2014/07/san-raffaele-di-olbia-ora-bambin-gesu-quando-se-parla-seriamente/
Precipita la situazione in Palestina
Ritrovati cadavere i tre giovani israeliani scomparsi due settimane fa. Israele annuncia rappresaglie, alcuni morti e una bambina di 9 anni in fin di vita. Hamas: sarà l’inferno. Il Fronte Popolare per la Liberazione della Palestina: la lotta e la resistenza all’occupazione continuano nonostante gli arresti. Continua la lettura di Precipita la situazione in Palestina
Dipendenti Cinquestelle Sardegna: lo sciopero prosegue
Con hashtag “Gratis lavora tu” e tesserini dell’Associazione Stampa Sarda fatte a pezzi, prosegue la protesta dei dipendenti dell’emittente televisiva Cinquestelle Sardegna. Il muro contro muro tra i dipendenti e l’editore Gianni Iervolino ha portato i primi alla decisione di proseguire lo sciopero alla luce del fatto che Iervolino non ha alcuna intenzione di saldare le spettanze arretrate ai 20 dipendenti dell’emittente gallurese. Agli stessi inoltre va riconosciuto di aver evitato in passato, con grossi sacrifici, la chiusura dell’emittente. Vista la situazione e gli sforzi sostenuti in passato, i dipendenti sono ben lontani dall’essere ripagati in modo soddisfacente. Di seguito il comunicato dei dipendenti in agitazione.
“I dipendenti dell’emittente televisiva 5 Stelle Sardegna, giornalisti tecnici e amministrativi, a seguito dell’incontro con la proprietà svoltosi questa mattina hanno deciso di proseguire nello sciopero in assenza di garanzie sul pagamento degli stipendi arretrati. L’assemblea dei dipendenti, all’unanimità, ha proclamato altri due giorni di sciopero per domani, sabato 28 e lunedì 30 giugno dal momento che, nel corso dell’incontro con l’editore Gianni Iervolino, è emersa in modo chiaro l’indisponibilità da parte della proprietà a versare neanche una mensilità delle ormai quasi quattro arretrate. La protesta, evitata per lungo tempo con grande senso di responsabilità da parte dei dipendenti di 5 Stelle Sardegna, si rende necessaria per l’ormai insostenibile situazione economica legata al mancato pagamento degli stipendi. Si attende il pagamento degli stipendi di marzo, aprile e maggio mentre stanno per maturare anche le spettanze del quarto mese, giugno. All’estrema precarietà non più sostenibile si aggiunge l’incertezza sui tempi di pagamento della quota spettante all’Inps ferma al dicembre 2013″.
Quirra. Aspettando l’11 luglio, qualcosa sulla superperizia Mariani
Lo scorso 18 giugno si è tenuta la prima udienza davanti al Gup Nicola Clivio riguardo al “processo Quirra”. Il Pm Domenico Fiordalisi ha riconfermato il rinvio a giudizio per i 20 indagati: militari e comandati del PISQ, medici e periti della società di valutazione SGS (Gruppo Fiat) e dell’Università di Siena, incaricate negli anni passati di effettuare degli studi al fine di accertare i livelli di inquinamento nel PISQ. Ma non solo.
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