Inefficienza, inefficacia e logica della valutazione – “Deadweight” e altre storie (di Alberto Martini*)

policy
[…] “Che però non è un effetto, ma la sua mancanza

Three issues witch are particularly relevant to evaluation of public exprenditure programmes are deadweight, displacement and substitution. We will briefly discuss each of these.

La prima di queste “questioni rilevanti” è il famoso deadweight, concetto ripreso nel glossario e qui spiegato più per esteso.Deadweight is defined as effects which would have arisen even if the public expenditure programme had not taked place.

Detto meglio, si ha un deadweight (letteralmente “peso morto”) quando si osserva un cambiamento nella direzione auspicata da un politica pubblica ma si sa (o si presume) che una parte o tutto il cambiamento sarebbe avvenuto comunque anche senza la politica. Quel “cambiamento avvenuto comunque” nel linguaggio del Capitolo 4 è il controfattuale, nel linguaggio del Capitolo 2 si chiama deadweight. Che viene definito effetto, ma è in realtà una “mancanza di effetto” della politica.

Perché questa schizofrenia linguistica? E perché mai una connotazione così negativa (peso morto)? Offriamo una spiegazione in due parti.

La prima è la pessima abitudine che hanno molti valutatori di chiamare “effetto” tutto ciò che gli passa davanti al naso. Abitudine purtroppo molto diffusa. Tutto ciò che è bello è un effetto desiderato. Tutto ciò che è brutto è un effetto indesiderato. Ma in particolare, ogni cambiamento è un effetto. In un certo senso è vero: tutto ciò che cambia è un effetto, di qualcosa. Peccato che noi qui stiamo discutendo di come valutare l’effetto di una politica pubblica, quindi dovremmo chiamare effetto solo quella parte del cambiamento causata dalla politica. Invece no, qui si chiama “effetto” tutto il cambiamento osservato. Ci sono quindi, il ragionamento continua, diverse componenti dell’effetto (alias cambiamento) totale. Una di queste componenti è l’effetto “che si sarebbe verificato comunque”. Voilà, il gioco è fatto, la mancanza di effetto è diventata un effetto di tipo particolare, a cui si assegna però un brutto nome (“peso morto”).

 Veniamo alla seconda parte della spiegazione. Il controfattuale ha una connotazione del tutto neutra, mentre il deadweight ha questa forte connotazione negativa. Perché? La regione è semplice: il deadweight costa soldi. Questa nozione dei deadweight è infatti usata in quelle situazioni in cui il cambiamento perseguito dalla politica richiede una spesa. Esempio: l’obiettivo della politica è quello di incentivare ammodernamenti di impianti da parte delle aziende. La politica in pratica consiste nel finanziare un certo numero di ammodernamenti. Alcuni di questi si scopre poi che “sarebbero stati fatti comunque”. Il che equivale a dire che averli finanziati implica uno spreco di risorse, quindi un “peso morto”: quei soldi sarebbe stato meglio spenderli diversamente, perché quegli ammodernamenti sarebbero stati realizzati comunque.

Altro esempio: l’obiettivo delle politica è quello di incentivare i datori di lavoro ad assumente disoccupati di lungo periodo. La politica consiste nel concedere al datore di lavoro una riduzione degli oneri sociali per ogni disoccupato assunto. Tutti i lavoratori assunti con una agevolazione danno quindi luogo ad una spesa: quindi tutti quei lavoratori che sarebbero stati assunti comunque anche senza riduzione degli oneri rappresentano uno spreco. In generale, se la spesa totale si identifica con l’effetto “totale”, la parte di spesa che è stata “sprecata” è chiamata deadweight. Che però non è un effetto, ma la sua mancanza. Una mancanza comunque finanziata, e quindi uno spreco.

Infatti, in altri settori della valutazione il concetto di deadweight non è mai usato. Si pensi ad esempio alla valutazione degli effetti di una campagna di comunicazione sociale per promuovere un certo comportamento (la raccolta differenziata, l’uso delle cinture di sicurezza). Dopo la campagna si può osservare un certo cambiamento nel comportamento. Una parte di questo cambiamento potrà essere l’effetto della campagna, il resto sarà il cambiamento dovuto ad altri fattori intervenuti nel frattempo (imposizione di obblighi o divieti, miglioramenti tecnologici, aumento del livello di istruzione). Ma nessuno chiamerebbe deadweight l’effetto degli altri fattori, perché non rappresentano uno spreco di risorse, almeno non uno spreco direttamente misurabile.

Notate il linguaggio contorto con cui uno dei due autori tenta di spiegarci cos’è questo deadweight:

Deadweight usually arises as a result of inadequate programme delivery mechanism (the organisational arrangements which provide the goods and service funded by the programme to its beneficiaries). […] As a result, other individuals and groups who are not included in tha target population end up as recipients of benefits produced by the programme. For example, a retraining programme aimed the long-term unemployed may benefit some people who would have undertaken retraining even without the programme (e.g by pursuing higher education or privately-financed training programmes) and may not be genuinely long-term unempoyed.

Detto in parole povere: noi (il finanziatore) paghiamo qualcuno perché faccia o gli succeda qualcosa di buono. Talvolta lo scegliamo male (“fail to target the programme’s intended beneficiaries sufficiently well” e quindi questo qualcuno fa sì la cosa buona, ma l’avrebbe fatta comunque (“non era veramente un disoccupato di lungo periodo“). Questo fallimento nella scelta dei beneficiari porta al deadweight. Apprendiamo inoltre che:

It should be clear that the issues of deadweight is closely related to that of efficiency, discussed above: deadweight is really a special case of programme efficiency.

Secondo noi è un caso di inefficacia, cioè mancanza di effetto. Cosa c’entra l’efficienza, concetto rilevante più in un ambito organizzativo che in un ambito di policy? C’entra appunto perché è una questione di soldi: quando la politica si concretizza nel finanziarie N iniziative, quelle M (con M minore o uguale a N) che si sarebbero realizzate comunque rappresentano uno spreco, e il concetto di spreco è nell’immaginario collettivo legato a quello di inefficienza. Ma l’uso di questo termine non ha nessuna implicazione per l’analisi: qui non si tratta di “valutare l’efficienza”, ma gli effetti di una politica.

*Alberto Martini – http://www.prova.org/chi-siamo/curriculum-vitae/alberto_martini.html#curriculum-vitae

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