Qualche settimana fa, infine, il clan dei Casamonica inscena un funerale in pompa magna (kitsch, più che altro) di un suo congiunto defunto: Vittorio Casamonica. Alla chiesa di Don Bosco un poster gigante raffigura il boss vestito da Papa, accompagnato dalla frase che incoraggiava a prendersi anche il paradiso, un calesse aspettava la bara fuori dalla basilica, una folla di gente lanciava petali di rose per terra mentre una banda suonava la colonna sonora del Padrino, la celebre pellicola.Al di là del funerale in sé, al di là delle troupe aggredite e di tutto quello che ne è conseguito nell’immanenza del funerale, a mente fredda emergono due fattori: 1) la spudoratezza di vasti settori delle destre e del Partito Democratico che si sono scagliati contro il sistema mafioso del clan Casamonica, quando entrambi hanno da una parte fatto entrare mafie e sistemi ad esse affini “nelle stanze dei bottoni”, dall’altra non si sono contestati ma sono stati invitati “a prendere un tea per chiarire la situazione”; 2) lo sfruttamento dell’episodio per accelerare le procedure di commissariamento e di gestione straordinaria della città.
Il ritornello vuole che nessuno sapesse niente: dal Prefetto al Sindaco, dal Ministro dell’Interno al Capo del Governo passando per i Sottosegretari di tutti i dicasteri. Nessuno doveva sapere dal momento che, una volta presentato il caso come scandaloso e lesivo per l’immagine della città, Roma stessa ne avrebbe dovuto pagare le conseguenze.
Un funerale di un boss, quindi, è la ciliegina sulla torta – inaspettato, forse, ma ben sfruttato – per andare più rapidamente verso una gestione straordinaria della Capitale: una bara ed un funerale kitsch sono senza dubbio molto più gravi di ‘Mafia Capitale’ e delle infiltrazioni mafiose in ogni angolo della città. Vittorio Sgarbi (!), a tal proposito, riesce in una lucida analisi (!!): <Di Casamonica lo Stato doveva occuparsi e preoccuparsi quand’era vivo, invece a suscitare scandalo non sono le sue azioni e le sue malefatte, vere o presunte, ma i cavalli che lo hanno accompagnato al cimitero e l’elicottero che ha lanciato sul corteo petali di rose…Se non ci fosse stato il clamore indotto da giornali e televisioni, dei funerali di Casamonica alla periferia di Roma in una brutta chiesa a Don Bosco, in prossimità di Cinecittà (non al Pantheon o al Colosseo), non avrebbe parlato nessuno>.
La questione strettamente circostanziata alla vicenda, mettendo da parte il giudizio sulla brutta chiesa di Don Bosco, non è il funerale in sé, ma quella – molto semplicemente – del perché fosse libero prima della sua morte se Vittorio Casamonica avesse commesso dei reati su cui, magari, era in corso un processo. Certo è che la situazione ha fatto emergere quello che poi, un paio di giorni fa, ha decretato una sorta di commissariamento atipico per la Capitale: Marino sarà affiancato, in buona sostanza, da Gabrielli e scortato da Cantone e Scozzese.
La politica capitolina, in tutto questo, mostra le sue contraddizioni e fa emergere rapporti di forza atipici: Alfio Marchini, al momento, detiene il punto della situazione del dibattito politico romano mentre le destre (Fi e NCD) tentano di svincolarsi dai partiti nazionali che li implicano in discorsi di reciprocità col Partito Democratico, sempre più partito clientelare e non organizzazione politica propriamente detta. Sinistra assente, mentre Sel è ancora saldamente in maggioranza.
In estrema sintesi, dunque, il modello di gestione dell’informazione, del riflesso politico contenente azioni e reazioni di questo o quel settore di una parte, della gestione straordinaria della Città, della strumentalizzazione delle proteste e delle stesse che sorgono su notizie fatte circolare in modo non ortodosso, rappresenta il nuovo sistema di “organizzazione” dell’opinione pubblica delle grandi città. Queste di Roma sono solo “prove tecniche di trasmissione”.