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Tempio Pausania. Abbanoa, disagi: situazione normalizzata e problemi aperti

abbanoa_logoNuovi disagi in Alta Gallura nell’approvvigionamento idrico. In particolar modo, la città di Tempio Pausania ne è stata oggetto nelle giornate di venerdì e sabato a causa del guasto improvviso occorso alla rete nella mattinata di giovedì 19 febbraio.

Come riferito sul sito istituzionale di Abbanoa, i lavori di riparazione del tratto di acquedotto interessato si sono conclusi nella tarda serata dello scorso venerdì. I disagi di sabato dovrebbero, dunque, essere attribuiti alla scarsa pressione nella rete, ancora non pienamente ripristinata in seguito alla conseguente ricostituzione delle scorte nei serbatoi.

Al di là della gestione dell’imprevisto, al meglio delle attuali possibilità, si ripropone dunque la più ampia questione dell’infrastrutturazione e dell’approvvigionamento cittadino legato all’invaso di Pattada e la mancata valorizzazione di Lu Pagghjolu. La portata della rete interessata implica per Tempio e dintorni una maggiore possibilità di guasti e conseguenti disagi durante l’anno, oltreché ingenti costi elettrici per sollevamento e pompaggio lungo una notevole distanza.

Per quanto riguarda la messa a disposizione del servizio sostitutivo di Autobotte, questo ha servito prioritariamente luoghi sensibili come l’Ospedale Paolo Dettori, il carcere di Nuchis, varie scuole della città e altre strutture. Ulteriori disagi in capo a civili abitazioni e, soprattutto, numerose attività commerciali che hanno dovuto optare per l’acquisto da privati per il ricarico delle cisterne, in modo da far fronte alla contestuale Sfilata dei Bambini a conclusione della Sei Giorni.

La situazione è tornata alla normalità nella tarda mattinata di domenica ma per sicurezza l’autobotte è rimasta a disposizione anche nella giornata di lunedì.

Sassari. Nuovo atto del processo Arcadia. Stato parte civile e (dopo un decennio) i capi d’accusa

arcadiaNuovo atto del processo Arcadia e del Teorema Pisanu in Corte d’Assise a Sassari. Col botto e non per il deflagrare dei presunti ordigni attribuiti ai 18 imputati  ex 270-bis. Dopo la prima udienza della fase dibattimentale, tenutasi lo scorso 19 gennaio, si attendeva il pronunciamento dei giudici su una serie di elementi e richieste.

Respinta l’eccezione di incompetenza territoriale presentata dai difensori di una parte degli imputati i quali ritenevano quella nuorese la legittima sede. Il processo proseguirà dunque a Sassari. Rigettata anche  l’eccezione di costituzionalità circa l’art. 415-bis c.p.p, ossia l’avviso all’indagato della conclusione delle indagini preliminari, sollevata dai legali di Anghelu Marras, Franca Leddaro e Rita Vallebelle.

Accolta, invece, la richiesta del Pm De Angelis e dell’Avvocatura di Stato (rappresentata da Francesco Caput) circa la controversa richiesta di costituzione di parte civile a favore della Presidenza del Consiglio dei Ministri e il Ministero degli Interni.

Le motivazioni riguardavano, secondo l’accusa,  il fatto che il reato contestato coinvolga lo Stato nella sua interezza, nella sua unitarietà, motivando ulteriormente la richiesta di parte civile con le ingenti risorse profuse nel corso degli anni durante le indagini e la presunta lesa immagine dello Stato.

La decisione dei giudici di accogliere la richieste dell’Avvocatura di Stato farà certamente discutere a lungo.

I giudici, però, si sono rivolti all’accusa richiedendo espressamente che entro 15 giorni dalla prossima udienza (fissata il 25 maggio) vengano formulati e depositati precisi capi di imputazione a carico di ogni singolo imputato, ricollegando ogni fatto contestato al più ampio reato associativo. Secondo i legali, difatti,  il capo di imputazione sarebbe stato integrato in modo determinante con informative delle ff.oo impegnate nelle indagini, in particolare la Digos di Nuoro.

Altro passaggio controverso, le intercettazioni; in merito alle stesse le difese contestano il fatto che la Procura non le abbia messe a disposizione delle parti. Ora emerge che alcuni supporti informatici che ne conterrebbero le copie originali non siano più reperibili il che, se confermato, getta ombre pesantissime sull’intero processo.

Tra le numerose parti offese in Arcadia si annovera il nome di Mauro Pili, leader di Unidos e parlamentare italiano alla Camera all’interno del Gruppo Misto.

La prossima udienza è stata fissata il 25 maggio, alle ore 10:30.

 http://www.ilminuto.info/2015/02/nuovo-atto-del-processo-arcadia/

Sassari. ENI e “bioeconomia”. Per “Darsena dei Veleni” prossima udienza 14 aprile

eni paola rizzuDopo l’udienza dello scorso 20 gennaio e le dodici parti civili ammesse,  si è tenuta lo scorso 3 febbraio l’ennesima udienza per l’inchiesta Darsena dei Veleni a carico di otto dirigenti del Gruppo ENI, nello specifico Syndial e Polimeri Europa, quest’ultima attualmente Versalis. Oltre le parti istituzionali (Ministero dell’Ambiente e Assessorato all’Ambiente della RAS) anche comitati come quello “No Chimica Verde“, assistito dall’Avv. Pina Zappetto.

Situazione disastrosa quella di Porto Torres e Sassari. In un incontro dello scorso 10 novembre, Francesco Pigliaru aveva dato appuntamento al successivo 3 dicembre per un importante incontro con ENI e una serie di stakeholders: Enti Locali, Novamont, Università. Pigliaru parlò con buoni auspici di un territorio in difficoltà con “un passato che pesa”  per il quale “si deve chiamare immediatamente ENI e chiedergli conto di investimenti per le bonifiche e nuovi investimenti produttivi“. Più ampiamente e a più voci si parlò di possibilità di sviluppo legate alla fantomatica “bioeconomia“.

Negli ultimi mesi si è parlato dei 150 milioni di euro e i 70 occupati del “Progetto Nuraghe” in capo ad una delle aziende, Syndial, al centro sia del processo sassarese che nuovi affari a Porto Torres. Il progetto riguarda la bonifica di 35 ettari utilizzati dalla Sir sino al 1982 come deposito di stoccaggio dei residui industriali (Minciaredda). La bioeconomia, termine molto di moda recentemente, non fa riferimento come si potrebbe pensare a progetti di  bonifica, ma alla “raffinazione chimica di terza generazione” con ricadute su filiere agricola, minori costi e rispetto della biodiversità. Insomma, alcuna controindicazione, solo da guadagnare.

Intanto sul territorio la Darsena è più dei Veleni che mai e Benzene e Dicloretano mietono vittime giorno dopo giorno spopolando il territorio. Oltretutto, come dichiarato da Paola Pilisio, portavoce del Comitato No Chimica Verde, sono necessarie vere e complete bonifiche, “non come quelle realizzate sino ad oggi, che hanno interessato solo la superficie dei terreni dove sono stati realizzati gli impianti Matrìca“.

La bioeconomia è appunto quella verde della chimica, il progetto Matrìca dell’ex ad di Novamont (attualmente ad ENEL), Catia Bastoli, e il famoso cardo della joint venture per il “Mater-Bi”Non a caso lo scorso autunno i titoli furono eloquenti: “Matrìca, blitz di Pigliaru: chimica verde, ci crediamo“, riconfermando l’opinione di Pigliaru sul progetto della Green Valley che già in campagna elettorale definì positivo per riassorbire i lavoratori espulsi dal ciclo produttivo della chimica tradizionale.

Più recentemente, a riprova che quella del 2011 col cardo nelle vesti di oro nero sardo non era propriamente un’idea win-win, la stessa ENI – dopo le indiscrezioni dei mesi scorsi – ha tagliato i finanziamenti per la centrale a biomasse da 43.5 megawatt. Buona notizia per il territorio e la conferma dopo quattro anni che il Re è ormai nudo e il cardo era ed è fondamentalmente un bluff.

Il 3 dicembre, alla presenza degli ad di Syndial e Versalis, si era stabilito nuovo incontro tra Pigliaru e l’ad di ENI, De Scalzi, per metà gennaio. In occasione dell’incontro di fine 2014  furono significative le affermazioni dell’Assessora all’Industria, Maria Grazia Piras, che riconfermava l’obiettivo di “incoraggiare la nascita di aziende che completino la filiera bio avviata con il progetto Matrìca“. L’Assessora all’Ambiente – Donatella Spano – ha inizialmente posto l’accento sulle bonifiche riguardo le quali “la Regione eserciterà un forte coordinamento territoriale e monitorerà l’iter degli interventi” andando poi a parare nuovamente sulla “bioeconomia”, intesa come chimica verde e  non bonifiche

Siamo fortemente interessati a tutte le iniziative che riguardino la sostenibilità ambientale, auspichiamo che la filiera delle bio-produzioni crei le condizioni per la diffusione sempre maggiore di acquisti green“.

L’Assessora Spano è la stessa che difese strenuamente i parlamentari del Partito Democratico che votarono a favore dello Sblocca Italia e l’innalzamento delle soglie tollerate per i metalli pesanti. La sua idea di sostenibilità ambientale pone così ulteriori dubbi sui benefici accreditati alla presunta chimica verde, bioeconomia o green valley che dir si voglia.

Nel frattempo, sul versante processuale, il Gup Antonello Spanu, dopo brevi procedure di rito, ha fissato l’udienza successiva il 14 aprile. Le accuse – disastro ambientale colposo e deturpamento delle bellezze naturali – coinvolgono Alberto Chiarini e Daniele Ferrari (rappresentanti legali delle due società), Francesco Papate (gestione siti da bonificare), Oscar Cappellazzo, Gian Antonio Saggese e Francesco Leone (responsabili Taf), Paolo Zuccarini (direttore di stabilimento) e Daniele Rancati (responsabile della sezione salute, sicurezza, ambiente).

In attesa della prossima udienza si può osservare la significativa espressione del sindaco di Sassari, Nicola Sanna, durante il citato incontro con Novamont del 10 novembre, nel quale si annunciava l’imminente incontro con ENI.

http://lanuovasardegna.gelocal.it/sassari/cronaca/2014/11/10/news/pigliaru-il-3-dicembre-incontro-con-eni-su-porto-torres-1.10283324

Abbanoa. Adiconsum sul piede di guerra. Vargiu: cause collettive in ogni tribunale, non pagate

abbanoa_logoDuro comunicato da parte del presidente dell’Adiconsum, Giorgio Vargiu, in merito all’ennesimo balzello di Abbanoa: 150 euro a famiglia, oltre 106 milioni complessivi a titolo di conguaglio a valere sul periodo 2005-2011.

Scelta in realtà in programma da mesi, ma ufficializzata recentemente dall’amministratore unico Ramazzotti che ha rassicurato nuovamente sulla solidità finanziaria di Abbanoa e sul fatto che non si “sta facendo cassa”; decisione avvallata dall’Assessore ai Lavori Pubblici, Paolo Maninchedda, che ha proposto l’intervento della Cassa conguagli che anticipi una prima parte dei 106 milioni per mitigare l’aggravio sui cittadini dopo il noto deposito cauzionale (anche questo ritenuto illegittimo dall’Adiconsum e altre associazioni di categoria).

Ramazzotti ha rimarcato che i calcoli di Abbanoa riferiti al periodo 2005-2011 comporterebbero un conguaglio complessivo di oltre 230 milioni. Sul punto l’amministratore parla di un tavolo aperto e un semplice dialogo di Abbanoa con l’Ato al fine di ottenere il riconoscimento dell’intera cifra che, chiaramente, è superiore a quanto accordato a causa dell’intervenuta prescrizione.

L’Adiconsum, assistita dai legali Dore e Casula,  parla di un’azione inibitoria davanti al Tribunale di Nuoro e una causa collettiva in ogni Tribunale della Sardegna. Una vera e propria dichiarazione di guerra con parole durissime e indicazioni precise agli utenti: “Non regalate soldi non dovuti ad Abbanoa e non pagate il conguaglio perché non è dovuto, non fate la domiciliazione bancaria perché correreste grossi rischi e non fate neanche reclamo, perché lo facciamo noi e il risultato vale per tutti gli utenti“.

A breve, i legali di Adiconsum presenteranno la richiesta di inibitoria al Tribunale di Nuoro,  sede legale di Abbanoa, e stanno già preparando un’azione giudiziaria collettiva davanti a tutti i tribunali sardi.  Stoccate anche nei confronti della politica  locale, spesso oltremodo accomodante nei confronti delle pratiche di Abbanoa, con poche comunità nelle quali apertamente si è presa posizione intervenendo concretamente per garantire un’adeguata tutela alle comunità rappresentate oggetto dei disservizi e pretese più disparate.

Istruzione. Il Fiu sul discrimine delle facoltà non scientifiche e le politiche della Giunta Pigliaru

studentiL’Assessorato regionale della pubblica istruzione, beni culturali, informazione, spettacolo e sport ha recentemente deciso di proseguire il programma a sostegno del diritto allo studio degli studenti universitari più meritevoli. E’ quanto apprendiamo dal sito della Regione Sardegna (sezione Bandi e gare).

Il testo del bando, relativo all’annualità 2014, pubblicato in data 31 dicembre, potrebbe farci ben sperare relativamente al buon operato dell’attuale Giunta regionale di centro-sinistra, che appena un anno fa si presentava alle elezioni regionali con un programma incentrato sull’istruzione dei nostri giovani, sul suo valore, sull’importanza della cultura.

Tuttavia, a dispetto dei buoni propositi, apprendiamo innanzitutto la decisione del governo Pigliaru di chiudere ben 29 istituti scolastici nei piccoli comuni (22 scuole elementari e 7 scuole medie); inoltre, la stessa lettura del bando relativo all’attribuzione degli assegni di merito conferma quanto già denunciato durante le elezioni regionali, ovvero che il programma elettorale del Partito Democratico e dei suoi alleati si risolve in un misero, quanto vuoto, spot elettorale.

Nei requisiti di ammissibilità del bando leggiamo infatti che “Possono partecipare al presente Bando esclusivamente i giovani studenti universitari iscritti presso Atenei con sede nel territorio regionale e nazionale in corsi di laurea di area scientifica, come definita nella classificazione CINECA del Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca (MIUR)”.

Questo grave episodio è solo l’ennesimo atto che segna il deterioramento del Diritto allo Studio, universitario e non. Ci riferiamo ai quasi 200 studenti diversamente abili rimasti a casa in quanto i fondi loro destinati sono attualmente pari a zero, così come alle lunghe liste di idonei non beneficiari per borse di studio negli Atenei sardi.

Convinti che il Diritto allo Studio universitario debba essere un diritto di tutti gli studenti sardi, anche di coloro che si iscrivono alle facoltà umanistiche, giuridico-economiche, agli iscritti delle facoltà sanitarie o sociali, noi del Fronte Indipendentista Unidu contestiamo il requisito necessario per accedere agli assegni, riservati solo agli studenti iscritti nelle facoltà scientifiche.

Il Fronte ritiene pertanto che la R.A.S., nell’ambito di programmi simili, debba continuare a valutare il merito degli studenti sulla base di criteri oggettivi senza discriminare chi scelga tra facoltà umanistiche, giuridiche, politiche e sanitarie: sono tutte facoltà che hanno la stessa importanza a livello culturale e scientifico, completandosi vicendevolmente. In una Nazione autodeterminata e sviluppata, come noi vorremmo fosse la Sardigna, tutti i rami del sapere sono fondamentali per lo sviluppo di un Popolo e come tali devono essere considerati.

Il Fronte Indipendentista Unidu supporta quindi la lotta intrapresa dagli studenti per una giusta valutazione delle borse di studio e di merito, necessarie a sollevare le famiglie meno abbienti dai costi d’iscrizione, frequenza, tasse, trasporti e materiale didattico, costi che stanno contribuendo anno dopo anno ad una dispersione scolastica che impoverisce progressivamente la Nazione Sarda.

Fronte Indipendentista Unidu

Giulia Moi (M5S): dalla cura per il cancro ai Marò

Moi ambasciatore indiano

Da Cagliari a Nuova Delhi, questa la rapida ascesa di Giulia Moi, 43 anni, parlamentare europea eletta nelle fila del Movimento Cinque Stelle alle europee dello scorso maggio. Professione, ricercatrice con un dottorato in Scienze Biologiche. A dispetto di quanto dichiarato lo scorso anno – “Ho sempre avuto lo spirito del Movimento ancor prima che nascesse” – a metà del 2010 non risultava ancora iscritta al M5S. O meglio, non poteva esserlo: alle provinciali di Cagliari è in lista con l’Unione Popolare Cristiana di Antonio Satta. Anche per questo, la sua discussa candidatura a cavallo tra 2013 e 2014, ha fatto il paio con l’altrettanto discussa costituzione da parte del M5S – con Farage e altri – dell’eurogruppo Europa della Libertà e della Democrazia Diretta (Europe of Freedom and Direct Democracy Group, EFDD).

Recentemente la Moi ha partecipato “come rappresentante in Europa della delegazione-India, a un incontro organizzato dall’ambasciatore indiano a Bruxelles per la celebrazione del 66esimo anno dalla nascita della Repubblica indiana“. L’europarlamentare ha definito quella indiana “una grande cultura che vediamo spesso lontana anni luce dalla nostra ma che sta primeggiando in ogni ambito, dall’hi-tech all’ingegneria, dalla manifattura alle tecnologie più avanzate“.

In realtà, la situazione indiana – al pari di molte altre nel mondo – la si vede benissimo: ovunque si studia e se ne discute. A proposito di scienza e ricerca, va detto che, probabilmente, qualche ambasciatore indiano potrebbe finalmente riuscire a scoprire l’arcano sulla cura per il cancro che la Dottoressa Moi afferma di aver contribuito a realizzare, nonostante non vi siano mai state conferme circa le importanti credenziali del suo curriculum vitae. La vicenda parla della ricercatrice che non può fornire precisazioni ulteriori in quanto le ricerche sono coperte da vincoli contrattuali legati al finanziamento di studi e progetti seguiti.

Ad ogni modo, quelli sulla società indiana paiono giudizi alquanto approssimativi, anche se comprensibilmente forzati dalla riverenza e dalla diplomazia. Non è facile utilizzare l’occasione per parlare pubblicamente dell’altra faccia dell’India e delle conseguenze sociali del “primeggiare”. Diverso è, però, fare apologia della povertà e dello sfruttamento, a fronte di uno Stato nucleare che ospita un terzo di tutti i poveri del mondo, soprattutto se si considera che la parlamentare stessa parlava, tra i valori che animano la sua politica, di denunciare le ingiustizie e difendere i più deboli. Orwelliana.

Ma la Moi non ci sta a fare la turista della politica, imbonendo gli ambasciatori indiani e raccontando al suo elettorato la versione per le telecamere. La parlamentare italiana eletta in Sardegna esce fuori dai convenevoli e affronta un tema spinoso: la vicenda dei due marò italiani Salvatore Girone e Massimiliano Latorre.

Come portavoce del M5S, come cittadina italiana ed europea, richiama l’attenzione sul piano umano della vicenda, in modo diametralmente opposto alla crescita indiana nella quale non rileva alcuna problematica sociale o aspetti umani.

Segue il consueto attacco agli altri (partiti, “media e giornali”) che a dire della Moi si occupano degli aspetti “strumentali” della vicenda tralasciando quelli prettamente umani. Seguono richiami al dolore dove acrobaticamente si equiparano le famiglie italiane (che attendono il ritorno dei loro cari in Patria) e quelle indiane dei pescatori uccisi.

Informa che in Europa “il M5S ha votato favorevolmente una risoluzione che acceleri i tempi del rientro a casa dei due marò sollecitando le autorità indiane a garantire loro un giusto processo così come previsto dalle convenzioni internazionali. Nell’attesa che qualcosa si muova, in Italia come in Europa, il M5S continuerà a impegnarsi e a mantenere sempre alta l’attenzione su questo caso” – conclude la parlamentare.

Parafrasando la chiusura della Moi, rimane il dubbio che nell’attesa gli ambasciatori indiani scoprano che la parlamentare europea, amante del capitalismo indiano e dei diritti dei poveri, allo stato attuale ritiene implicitamente che i suoi cari fucilieri stiano subendo un ingiusto processo e un’ingiusta detenzione.

Teorema Pisanu e Arcadia entrano nel vivo: parti civili di peso ed eccezioni di costituzionalità

arcadiaEntra nel vivo il processo “Arcadia”. Dopo il rinvio a giudizio del dicembre 2013 e il rinvio dell’ultima udienza (20 ottobre scorso), in Corte d’Assise a Sassari si è tenuta la prima udienza dibattimentale.
Alla sbarra diciotto imputati, dai comunisti indipendentisti di A Manca pro s’Indipendentzia e non, ad individualità non collegate direttamente ai partiti indipendentisti sardi. Per gli imputati ex 270-bis c.p., “associazioni con finalità di terrorismo anche internazionale o di eversione dell’ordine democratico”, il primo fatto contestato risale addirittura al febbraio del 2001. Secondo il castello accusatorio del Pm Paolo De Angelis (DDA di Cagliari), la rapina a mano armata di Luras, costituì l’elemento prodromico nella nascita dell’associazione eversiva, essendone stata la prima fonte di finanziamento, funzionale ad organizzare e realizzare, negli anni seguenti, gli ulteriori reati contestati.

In apertura dell’udienza, dopo l’appello delle parti, è intervenuta l’Avvocatura dello Stato, rappresentata da Francesco Caput, la quale ha presentato istanza per la costituzione di parte civile della Presidenza del Consiglio dei Ministri e del Ministero degli Interni. Mossa questa anticipata già negli scorsi mesi: la ratio è che il reato contestato coinvolga lo Stato nella sua interezza, nella sua unitarietà, il quale, inoltre, vuole trovare ristoro sia per le ingenti risorse profuse durante le indagini condotte per “Arcadia”, sia per la sua presunta lesa immagine. Posizioni queste fortemente contestate da tutti i legali intervenuti successivamente, i quali sottolineano, in particolar modo – al pari nell’udienza del giugno scorso – l’insussistenza di ragioni per la costituzione di parte civile della Pdcm e degli Interni, in quanto gli stessi rappresentano parti del potere esecutivo nella triplice suddivisione, parimenti con quello legislativo e giudiziario, nell’ambito dell’esercizio della sovranità dello Stato. L’opposizione è trasversale: Pdcm e Interni non sono “lo Stato a 360°”. Consequenzialmente, seguendo la logica dell’Avvocatura, nell’interesse primario dello Stato, sarebbe coerente costituire parte civile la Presidenza della Repubblica.

Oltretutto, le questioni concernenti la lesione dell’immagine dello Stato e quelle economiche riguardanti l’onerosità del procedimento penale in corso, sarebbero rintracciabili in svariati e complessi procedimenti, causando la costituzione di parte civile dello Stato in ognuno di essi, e per tale ragione sono state aspramente contestate dalle difese.

Da sottolineare che Caput riveste il medesimo ruolo, con altri colleghi, nel controverso processo di Lanusei che vede imputati otto generali della Difesa italiana e comandanti del Poligono Interforze del Salto di Quirra. L’avvocato dello Stato recentemente ha contestato l’ammissibilità di tutte le nuove richieste di parte civile avvenute, oltre alle 40 parti civili già ammesse dal Gup. Le nuove richieste – tra cui quella avanzata dalla Regione – mancano a vario titolo di quel diritto soggettivo richiesto per la costituzione nel processo.

Circa le intercettazioni, uniche prove in esame, le difese contestano il fatto che la Procura non le abbia messe a disposizione delle parti, depositandole in segreteria una volta terminata l’attività di indagine. Altri legali hanno chiesto la nullità della fase dibattimentale, ritenendo sussistano i presupposti per la nullità del decreto che dispone il rinvio a giudizio. Questo è stato notificato nel dicembre del 2013, ben 12 anni dopo il primo fatto contestato e a quasi nove dal famoso blitz del luglio 2006 a Sassari. Oltretutto il fatto prodromico, la rapina del 2001 a Luras, ha visto quattro condannati in via definitiva di cui solo uno solo risulta imputato in Arcadia. Tale sentenza non rileva riferimenti ad una qualsivoglia struttura o collegamento organico tra i rapinatori o più ampie finalità politiche di eversione all’interno di organizzazioni clandestine che, secondo l’accusa di De Angelis, operavano “schermate” dalla immagine pubblica di A Manca pro s’Indipendentzia.

Il capo di imputazione mancherebbe di chiarezza, esaustività, di riferimenti circostanziati sugli imputati, sulle relative condotte e sui tempi delle stesse, nonché di elementi riguardo l’azione, all’interno della struttura associativa, di ciascuno degli imputati. A quest’ultimi , a causa di un capo di imputazione così poco circostanziato, non è permesso conoscere le responsabilità personali ascrittegli e riguardanti gli stessi e i rispettivi consociati. Tutti elementi mancanti come a più riprese sottolineato. Secondo i legali, il capo di imputazione verrebbe integrato in modo sostanziale e ampio con informative delle ff.oo impegnate nelle indagini, in particolare la Digos di Nuoro. Inoltre, i richiamati “indici di sussistenza” dell’accusa nei confronti degli imputati e degli atti contestati palesano, secondo le difese, un approccio poco rigoroso, soprattutto alla luce della gravità dell’imputazione, del numero dei reati specifici e delle parti civili in causa.

Oltretutto le difese hanno contestato il mancato avviso della chiusura delle indagini preliminari in violazione dell’art. 415 bis 1° co. c.p.p. e dell’art. 407 c.p.p in tema di durata delle indagini preliminari. E a tal proposito si sono concentrate la difese di Anghelu Marras, rappresentato da Franca Leddaro e Rita Vallebelle. La difesa ha sollevato l’eccezione di costituzionalità circa l’art. 415-bis c.p.p, ossia l’avviso all’indagato della conclusione delle indagini preliminari. Secondo la difesa, il dato normativo consente al pm, allorquando non adempia a notificare l’avviso di conclusione delle indagini preliminari all’indagato, di non andare incontro ad alcuna sanzione, mentre, dal punto di vista difensivo, questo comporta una compressione irrimediabile del diritto di difesa ex art. 111 co.3 Cost. L’accusa ritiene non vi sia spazio per un’eccezione di costituzionalità, in quanto la Legge Gasparri (cosiddetta processo breve) rende coerente l’impianto del 415-bis autorizzando, in tal modo, la compressione del diritto alla difesa.
Nel caso la corte accolga la richiesta di nullità del decreto di rinvio a giudizio, si ritornerebbe al momento della conclusione delle indagini, verrebbe rinnovata la conclusione delle stesse, e un nuovo decreto che dispone il giudizio segnerebbe l’inizio di una nuova fase dibattimentale.

Sulle eccezioni sollevate dalle difese e la richiesta di costituzione di parte civile da parte della Presidenza del Consiglio dei Ministri e Ministero degli Interni si deciderà il prossimo 9 febbraio. Nel caso la corte accolga la richiesta di nullità del decreto di rinvio a giudizio, si ritornerebbe al momento della conclusione delle indagini, verrebbe rinnovata la conclusione delle stesse, e un nuovo decreto che dispone il giudizio segnerebbe l’inizio di una nuova fase dibattimentale.

Inchiesta “Darsena dei veleni”. No Chimica Verde tra le parti civili. Prossima udienza, 3 febbraio

eni paola rizzu
Foto: Paola Rizzu.

Si è tenuta ieri a Sassari l’udienza preliminare del processo “darsena dei veleni” che vede indagati per disastro ambientale colposo e deturpamento delle bellezze naturali otto dirigenti di Syndial (ex Enichem, oggi bad company del gruppo Eni) e, sempre gruppo ENI,  Versalis (ex Polimeri Europa). Continua la lettura di Inchiesta “Darsena dei veleni”. No Chimica Verde tra le parti civili. Prossima udienza, 3 febbraio

A Foras! Quarta parte: lotta contro l’occupazione militare e lotta di liberazione nazionale (di Scida).

liberazione nazionale http://scida.altervista.org/aforas-cap-iv-lotta-contro-loccupazione-militare-e-lotta-di-liberazione-nazionale/

Le organizzazioni indipendentiste coerenti, il movimento studentesco (nella sua migliore espressione del Comitato Studentesco contro l’Occupazione Militare), le organizzazioni antagoniste ed i movimenti pacifisti e antimilitaristi della società civile sono gli unici che hanno preso una posizione netta contro la riqualificazione militarista di Quirra – condotta dal PD e da Pigliaru – e dunque gli unici che possono condurre una lotta coerente – fino alla vittoria – contro i poligoni militari, contro ogni esercitazione bellica, per la bonifica ed il riuso produttivo di tutti i siti militari dismessi?

Non si tratta di romantiche rivendicazioni di purezza ideologica o di rettitudine morale; anzi, si tratta di una questione prettamente materiale: tutti questi movimenti (e tutti gli individui che in essi militano) non hanno dei privilegi da difendere entro lo stato di cose presente.

Chi sostiene la Giunta Pigliaru non può essere considerato contrario all’occupazione militare. Ne consegue che questo Consiglio Regionale è un nemico della Nazione sarda ed il movimento antimilitarista dovrebbe chiederne le dimissioni e quindi nuove elezioni al fine di portare se stesso al governo della nostra isola. Fare affidamento sulla Giunta del Partito Democratico, sugli unionisti e sui collaborazionisti suoi alleati significherebbe solo giungere ad una risoluzione in senso reazionario del conflitto tra la nostra Nazione e lo Stato italiano, in favore di quest’ultimo e contro il nostro Popolo. La “Piattaforma Pigliaru” – che prevede come obiettivo massimo la chiusura di circa 9000 ettari di servitù su un totale di 35000, rifiutandosi di chiudere i 13000 del PISQ) rappresenterebbe un tradimento di tutti coloro (militanti dei partiti, simpatizzanti, semplici famiglie ed individui sensibilizzati alla questione delle servitù militari) che hanno partecipato alle mobilitazioni popolari e di tutti quei ragazzi che hanno rischiato seri problemi con la Giustizia con l’occupazione della Facoltà di Lettere e degli stessi poligoni di Capo Frasca e Teulada, al fine di impedire ogni tentativo di strumentalizzazione da parte delle forze di sistema; infine la delusione per la mancata soluzione, potrebbe provocare l’abbandono dalla lotta politica di diverse individualità sensibili, una grave perdita di autostima – e quindi di coscienza nazionale – da parte del nostro Popolo, che penserebbe di non poter ottenere nulla attraverso la propria azione autonoma dai centri di potere da sempre suoi nemici.

Il 17 novembre scorso, a Okinawa, si sono svolte le elezioni per il nuovo governatore. Queste sono state trasformate in una sorta di referendum sulla presenza militare statunitense nell’isola, portando alla vittoria il candidato più intransigente contro l’occupazione: Takeshi Onaga, il quale si è opposto con tenacia al tentativo di risolvere il problema con la ricollocazione della marina a stelle strisce in un’altra parte del territorio. Qualcosa di simile potrebbe avvenire in Sardegna, tenendo conto della crescita della sensibilità intorno al tema delle servitù, quanto alla crescita di consapevolezza di sé nel nostro popolo ed il suo rifiuto dell’attuale classe politica al potere (48% di astensione alle ultime Regionali).

L’indipendentismo è l’unico orientamento politico capace di collegare la questione delle servitù militari con la questione sociale e la questione studentesca entro un progetto di emancipazione reale del nostro popolo. Rappresenta, cioè, l’unica forza capace di condurre in maniera coerente e costante la lotta contro l’occupazione militare senza tendere al compromesso, senza scivolare nello spontaneismo ma facendone una questione nazionale e dunque capace di attirare a sé la maggioranza dei sardi, oppressi dalla Dipendenza coloniale e cioè dallo stesso Stato e dagli stessi interessi imperialistici cui si deve la presenza militare sulla nostra isola.

Ad esempio, nell’ambito studentesco, la mancata potestà legislativa in ambito d’istruzione trasformerà – con la riforma della scuola di Renzi e Giannini – la Vitrociset da principale collaboratore dell’IPSIA di Perdasdefogu a suo azionista di maggioranza. Una piattaforma nazionale, anticolonialista e antimilitarista al governo della Regione lottando per una Scuola ed Università sarda porrebbe fine alla ignominiosa compromissione dei nostri atenei e scongiurerebbe la pericolosa penetrazione di capitale privato nei nostri istituti scolastici.

Non è più tempo di aspettare. Ogni conflitto può essere risolto in senso reazionario o in senso rivoluzionario. Durante la Sarda Rivoluzione, il timore per il radicalismo condusse la fazione più reazionaria del movimento riformatore ad accettare la soluzione del problema feudale in senso favorevole alla dominazione piemontese, contro le masse sarde: introduzione del capitalismo e Fusione Perfetta. Oggi come tre secoli fa, i collaborazionisti, i reazionari, i conservatori, i privilegiati hanno come nemico principale il popolo sardo in rivolta e lo Stato colonizzatore ed occupante come alleato. Radicalizzare il conflitto sulle servitù militari è l’unico modo per giungere ad una soluzione favorevole alla nazione sarda. Riprendiamoci la nostra terra! Rifiuto di ogni compromesso! Il vero irresponsabile è chi invoca soluzioni parziali o invita alla collaborazione con la classe dirigente coloniale!

Scida, Giovunus Indipendentistashttp://scida.altervista.org/

Tempio Pausania. Dai morti di Parigi alla 194/78 la strada è molto lunga

pro lifeDopo i dodici morti di Parigi prosegue il festival dei rigurgiti e della strumentalizzazione, spesso all’insegna del predominio culturale occidentale. A Sassari il clima di intolleranza si è fatto subito sentire a colpi di piccone contro un piccolo ristorante gestito da una coppia marocchina. A Bonorva, come noto, l’assessora alla cultura ormai dimissionaria nella sua pagina facebook si è lasciata andare ad uno “sfogo” nel quale ha persino invocato Adolf Hitler.

A Tempio Pausania, la situazione è più controversa. Nel pensiero domenicale apparso sul popolare social network nella pagina dell’Oratorio Don Mureddu, struttura che fa capo al parroco di San Pietro, Antonio Tamponi, è apparso lo sfogo che riportiamo di seguito: “La vita è ragionevole, la morte non è ragionevole…Ecco il pensiero del nostro Dio…Non uccidere…Chi ha fatto o fa diversamente non è cristiano. Ma è scritto anche non fare agli altri ciò che non vuoi sia fatto a te: liberi di pensare in altro modo, non liberi di offendere il pensiero altrui. Nel mondo, all’anno, ci sono 44 milioni di aborti…Illacrimati…Molto di più dei morti di fanatismo…Vorrei sapere perché una vita vale e l’altra no???”.

Va precisato che in seguito alle follie mass-mediatiche di questi giorni questa situazione era già ampiamente prevedibile. Il chiedersi perché “una vita vale e l’altra no” è infatti un leitmotiv scontato, che può essere utilizzato in vari modi: può avere un’utilità nell’evitare di continuare ad ignorare atrocità tanto quotidiane quanto non conosciute, ma può essere altrettanto utile anche per riportare le persone alla lucidità, evitando, da qui alle prossime settimane, lo scatenarsi di vere e proprie ondate di odio e intolleranza che hanno come bersaglio le comunità bombardate televisivamente e in modo scientifico. Al riguardo la lista è lunga e va dai 2000 morti in Nigeria al Donbass a ferro e fuoco, dai 7 milioni di profughi siriani ai Palestinesi con poche ore di corrente elettrica proprio mentre il primo ministro israeliano, Benjiamin Netanyahu, sfila in nome della pace e della tolleranza a Parigi, fino ad arrivare alla Francia stessa che meno di quattro anni fa bombardava Tripoli. Tutto rientra quindi in un dibattito dove ognuno, ovviamente, vede il mondo dalla propria prospettiva.

Nel caso di Tempio vediamo però il “peggior omaggio” alle vittime dell’attentato parigino. Di certo non si gettano solide basi per la convivenza civile tra fedeli di varie religioni e tra questi e i non credenti. Equiparare i morti per fanatismo religioso all’interruzione di gravidanza da parte delle donne non fa altro che proseguire sulla scia dell’oppressione, delle discriminazioni e del conservatorismo più retrogado; in questo caso a scapito diretto del genere femminile, ad onor del vero da sempre inviso alle tre principali religioni monoteistiche e non solo. Insomma, quella che vorremo fosse una boutade cattolica è tutto fuorché una battuta di satira.

Nei commenti alle esternazioni antiabortiste, preoccupa l’incoraggiamento e il supporto espresso da rappresentanti dei cittadini – teoricamente laici e responsabili dell’applicazione sostanziale della 194/78. Il sacerdote dal canto suo chiosa in modo altrettanto incomprensibile richiamando l’attenzione sulla necessità di assicurare “non solo i diritti laicisti, tutti i diritti”.

Certo che, da una sparatoria con 12 morti se ne sta facendo di strada.

http://www.ilminuto.info/2015/01/dai-morti-di-parigi-alla-19488-la-strada-e-molto-lunga/