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Riforma costituzionale ed inerzia regionale (di Andrìa Pili*)

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Foto: Vito Biolchini

Il governo Renzi è l’artefice di una grande riforma della Costituzione Repubblicana. Si tratta di una riforma in senso reazionario, specie per quanto riguarda il Titolo V, sulle autonomie regionali, con delle conseguenze negative anche su Regioni a Statuto Speciale come la Sardegna.

Infatti, il ddl Boschi ha abolito la potestà legislativa concorrente- inserita nella precedente riforma del 2001- riportando così allo Stato la competenza esclusiva su istruzione, Università (in precedenza non citata),  programmazione strategica della ricerca scientifica e tecnologica, “politiche attive del lavoro” (prima non citate e divenute oggetto di conflitto tra lo Stato e le Regioni), “tutela e sicurezza del lavoro” (dal 2001 era legislazione concorrente Stato e Regione). Lo Statuto Autonomo della Sardegna non prevedeva tali competenze e perciò la nostra Regione le ha assunte soltanto con la riforma delle regioni ordinarie; ad esempio, la legge 7/2007 sulla promozione della ricerca scientifica e l’innovazione tecnologica nell’isola si appella proprio all’articolo 117 della Costituzione. Insomma, la controriforma renziana colpisce duramente l’autonomia negli ambiti- lavoro ed istruzione- più importanti per combattere il disagio giovanile.

Mentre questo processo era in atto, i nostri massimi organi si sono distinti per la propria inerzia. Perché Consiglio e Giunta non si sono inseriti, non solo per conservare competenze acquisite nel 2001 ma anche per ampliare le competenze del nostro Statuto Speciale? In un momento in cui si discute con lo Stato centrale sopra una lunga serie di vertenze, questo atteggiamento mostra non solo quanto la nostra classe politica sia incapace di difendere i nostri interessi ma anche quanto il suo “scontro con lo Stato” sia in realtà una burletta. Prova di ciò anche la recente nomina a Ministro per gli Affari Regionali di Enrico Costa (NCD), nemico delle autonomie speciali.

L’assessore all’istruzione Claudia Firino ha ben rappresentato questa mancanza di reattività e di larghe vedute dell’attuale classe dirigente. Tardiva la sua reazione alla riforma della scuola e su provvedimenti lesivi del diritto allo studio (ISEE, decreto regionale sul fitto casa); emblematico il piano di ridimensionamento scolastico 2015, pianificante la chiusura di circa 40 istituti con pluriclassi; un atto di accompagnamento alla legge Gelmini, anziché l’elaborazione di un progetto formativo per i docenti operanti in queste realtà. Il progetto Iscol@ è stato presentato come progetto di “nuova scuola”, di “cambiamento profondo” che contrasterà la dispersione scolastica. Non mancano le cose positive (edilizia, nuove tecnologie, potenziamento della matematica) ma è assente è un progetto educativo di costruzione di una Sardegna nuova. Impossibile fare ciò senza poter intervenire in modo sovrano sulla didattica e senza un progetto per la lingua sarda, che sia utilizzata come lingua veicolare normalmente e non più con progetti a discrezione dei genitori, spesso non informati adeguatamente su tale opportunità.

Lo studio sociolinguistico più recente ha rivelato come il 61.5% dei ragazzi ed il 45.8% delle ragazze tra 15 e 24 anni parli il sardo; la dispersione scolastica può essere collegata anche all’impossibilità per i ragazzi sardofoni di poter ricevere una formazione nella propria prima lingua e di potersi esprimere in essa. Inoltre, i dati del master and back ci dicono qualcosa sull’alta formazione; infatti, non solo la maggioranza dei sardi formatisi all’estero con questo progetto non fa rientro nell’isola ma chi rimane in essa ha meno probabilità di trovare lavoro nel lungo periodo. Perciò, oltre ad un ambiente sviluppato e pronto ad assorbire le intelligenze, serve anche una formazione volta alla conoscenza ed all’applicazione delle competenze acquisite nella propria terra.

Riguardo la marginalizzazione delle Università sarde, la Firino si è espressa guardando a questa quasi come ad un’incomprensione del governo centrale riguardo i nostri problemi. Manca del tutto, dunque, la coscienza di uno scontro e della necessità di combattere per la potestà legislativa sarda in materia di istruzione. Una politica sovrana in materia d’istruzione e lavoro potrebbe considerare la lingua sarda come una risorsa: il 68.4% dei sardi parlerebbe in sardo mentre la percentuale salirebbe sino al 97% prendendo in considerazione anche chi, pur non parlando in sardo, è in grado di comprenderlo. Da qui sorge il diritto democratico di ogni cittadino a ricevere una formazione in sardo ed a pretendere l’obbligo della sua conoscenza in tutti i luoghi pubblici (posti di lavoro). Ciò avrebbe migliorato la condizione dei nostri docenti, ponendoli al riparo dal rischio emigrazione ed avrebbe impedito l’assegnazione di posti, nell’isola, a docenti privi di conoscenze specifiche riguardo la nostra isola.

Non mancano gli esempi esteri di politiche sovrane- o di importanti conquiste di competenze condivise- su lavoro ed istruzione entro altri Stati plurinazionali. Lo Scotland Act (1997) ha reso la Scozia sovrana in materia d’istruzione, consentendole di garantire un sistema d’istruzione pubblico. La Catalogna ha la competenza esclusiva sulla programmazione ed il coordinamento del sistema universitario, l’approvazione degli statuti degli atenei pubblici, la formazione dei docenti e competenza condivisa su valutazione e garanzia della qualità dell’insegnamento universitario; inoltre, il catalano è la lingua da utilizzare per l’apprendimento scolastico.

Entro il dominio francese, la Nuova Caledonia con gli accordi di Noumea del 1998 ha ottenuto lo statuto di cittadinanza per i propri abitanti, con l’obiettivo esplicito di proteggere l’impiego locale; inoltre, con la legge 99-209 del 1999 ha ottenuto la competenza nell’insegnamento primario, secondario e superiore oltre che nel diritto sindacale e del lavoro. La Corsica, con la legge 92/2002 ha ottenuto l’insegnamento della lingua corsa nella scuola primaria ed elementare. Si potrebbero citare tanti altri casi, anche in  Italia, specialmente per quanto riguarda l’insegnamento linguistico per le minoranze nella provincia di Bolzano, Valle d’Aosta e Friuli citate esplicitamente nella legge 107/2015 sulla Buona Scuola per proteggerle dalle norme di ripartizione e assunzione dell’organico dei docenti nel resto dello Stato.

Cosa ci differenzia da queste esperienze? La debolezza della nostra coscienza nazionale e del nostro  sardismo politico. La classe dirigente sarda attuale è incapace, contraria e disincentivata a pensare in modo autonomo dall’Italia la condizione giovanile e le politiche su lavoro ed istruzione.  Ad aggravare la situazione è l’idea reazionaria che la questione sarda debba essere oggetto esclusivo di una discussione e contrattazione tutta interna alle élite statali e sarde; solo un forte movimento popolare può  ottenere una revisione del rapporto tra la Sardegna e lo Stato italiano, essenziale per pensare a qualsiasi miglioramento.

*Pubblicato originariamente per Il Manifesto Sardo:

http://www.manifestosardo.org/riforma-costituzionale-ed-inerzia-regionale/

Il razzismo e l’ambiguità delle istituzioni italiane in Sardegna

Razzismo

Colonialismo: il razzismo e l’ambiguità delle istituzioni italiane in Sardegna

Il Co.Ce.R. (COnsiglio CEntrale di Rappresentanza), massimo organismo di rappresentanza sindacale per le forze armate (interforze), si esprime costantemente in merito all’importanza socioeconomica dell’occupazione militare. Il delegato, Antonsergio Belfiori, dal sito SardegnaFuturo parla dell’importanza di Decimomannu citando i risvolti sociali delle attività della Base, in particolare: “sono stati acquistati 3 defibrillatori per altrettante società sportive e 250 buoni spesa per famiglie in difficoltà economiche dei Comuni di Villasor, Decimomannu, Decimoputzu, San Sperate e Arbus“. Il pezzo in questione è un accorato appello contro la dipartita della Lutwaffe. Si pone, così, alla Difesa italiana un grande problema per l’operatività del sito: con chi ripartire le enormi spese di gestione della Base (60 milioni di euro) alla luce del disimpegno del partner tedesco?

Ciò che il CoCeR richiede è, dunque, “un piano di sostenibilità delle attività dell’industria della Difesa in Sardegna” che consolidi il settore bellico in Sardegna in un momento in cui Decimomannu rischia di veder indebolito l’indotto. Si annuncia misteriosamente la presenza di “importanti società italiane pronte ad investire in progetti altamente tecnologici in ambito della Difesa” che attendono che la politica affronti seriamente il tema, auspicando un tavolo dove si possano coinvolgere le università sarde per progetti ad altro contenuto tecnologico nel settore Difesa. Il realtà, ciò è piuttosto noto e il consolidamento del settore Difesa italiana in Sardegna passa per larga parte, e da tempo, dal progetto DASS, Distretto Aerospaziale della Sardegna (DASS). https://www.zinzula.it/a-foras-seconda-parte-il-pd-e-il-distretto-aerospaziale-salvare-il-pisq-di-scida/

L’articolo, con posizioni a favore della permanenza e dell’intensificazione delle attività militari in Sardegna, include una vignetta piuttosto eloquente sullo spirito della Difesa italiana in Sardegna e degli organismi sindacali dei corpi militari. Una vignetta che lo esprime al meglio, molto più che i richiami all’indotto, ai benefici dell’industria militare e gli effetti sociali nelle comunità.

Il messaggio è il culto della rassegnazione e dell’asservimento.  Per i sardi, rigorosamente stereotipati in berritta, ci sarà sempre e comunque una rete – militare o no – che li escluderà dal governo e dallo sviluppo del proprio territorio, benefici che sempre andranno ad “un milanese“. Alla luce di questo ineluttabile destino di sottomissione, tanto vale mantenere le attuali reti spinate caratterizzate da divieto militare.

razzismo I sardi come bestie predatrici. Roberto Saieva, 63 anni, di Agrigento, ex capo della Procura della Repubblica di Sassari e, da febbraio 2015, attuale Procuratore generale presso la Corte d’Appello di Cagliari. In occasione dell’apertura dell’anno giudiziario, parla della “trasfusione dell’istinto predatorio tipico della mentalità barbaricina”, in merito alla diffusione di rapine a portavalori, banche e poste. Questi reati rappresentano per Saieva l’evoluzione storica dell’indole sarda che stava alla base dei sequestri di persona, definiti tipicamente barbaricini, fenomeno ormai scomparso; secondo Saieva, è agevole considerare che quello stesso istinto predatorio si identifica oggi sotto forma dei nuovi reati citati.

Roberto SaievaInoltre, dalla relazione del Procuratore generale Saieva è confortante apprendere il mancato insediamento in Sardegna di gruppi criminali organizzati di stampo mafioso, nonostante:

  • i contatti, ben delimitati, tra gruppi malavitosi isolani ed organizzazioni esterne, italiane e internazionali, nell’ambito del traffico di stupefacenti;
  • le presenze, talora individuate, di imprese riconducibili ad contesti mafiosi tra quelle impegnate, normalmente quali subappaltatrici, nell’ambito della realizzazione di opere o prestazione di servizi pubblici;
  • iniziative dirette al reimpiego di capitali illeciti attraverso investimenti immobiliari nelle aree costiere della Sardegna, soprattutto nel nord dell’Isola.

I fatti suddetti esistono e non se ne nega, anzi tutt’altro, la dinamica sul territorio sardo ma, secondo il Procuratore, i fatti stessi costituiscono: primariamente, fonte di osservazione attenta da parte delle forze dell’ordine; in generale, al momento tali fatti non denunciano una mutazione del popolo sardo (non della criminalità sarda, ma dell’intero popolo) da sempre restio secondo Saieva (congenita refrattarietà) a fenomeni criminali organizzati e in pianta stabile, a causa del suo spiccato individualismo.

Se ne può concludere che, nonostante gli affari di stampo mafioso presenti nel territorio e nel sistema socioeconomico nazionale sardo, la mafia non esista in Sardegna, per lo meno fino a quanto non avverrà la mutazione alla quale fa riferimento Saieva. La mafia non esisterà in Sardegna fino a quando i sardi non saranno divenuti mafiosi, fino a quel momento – nonostante gli affari e i fatti criminosi di stampo mafioso i quali “non denunciano […]”. Difatti, a ben vedere, il Procuratore non ha potuto dire che tali gravi fatti non segnalano la presenza di organizzazioni criminali di stampo mafioso, ma ha potuto solo dire che i sardi complessivamente ancora non hanno mutato la loro propensione all’individualismo favorendo di conseguenza l’organizzazione della struttura criminale in pianta stabile. Questo significa, comunque, la presenza diffusa della mafia in Sardegna. Forse di questo bisognerebbe preoccuparsi, più che lasciarsi andare a considerazioni antropologiche di lombrosiana memoria.

Occupazione militare. Ecco il dialogo di Pigliaru con lo Stato: esercitazioni fino 30-06-2016

occupazione militare

Calendario esercitazioni militari in Sardegna – I semestre 2016

Nel gennaio del 2015, sulla scia delle manifestazioni indipendentiste e antimilitariste successive all’incendio di Capo Frasca, Francesco Pigliaru affermava: “La sospensione delle esercitazioni nei poligoni, compreso Capo Frasca, dal primo giugno al 30 settembre è il primo, incoraggiante, segnale dell’avvio di un dialogo concreto tra la Regione Sardegna e il Ministero della Difesa, così come previsto dall’accordo che abbiamo sottoscritto ieri“.

Per completezza, va detto che alla notizia dell’interruzione estiva -motivata con gli “interessi turistici”, insufficienti ragioni in vista di un reale sviluppo e destagionalizzazione del settore e una tutela imprescindibile della salute pubblica – si aggiungeva l’infima rassicurazione della costante presenza dei “presidi antincendio durante le esercitazioni“.

Di seguito il Calendario esercitazioni militari in Saldigna – 1° semestre 2016 dove si può notare come il fitto programma di esercitazioni nei Poligoni militari si protragga fino al 30 giugno.

Esercitazioni in Sardegna – primo semestre 2016

Gioventù sarda e dipendenza (di Andrìa Pili*)

Indipendentzìa

*Pubblicato originariamente da Il Manifesto Sardo  http://www.manifestosardo.org/gioventu-sarda-e-dipendenza/

Il 2015 sardo si è concluso con le esternazioni trionfalistiche dei massimi esponenti della Giunta Regionale riguardo i dati sull’occupazione nell’isola. Francesco Pigliaru e Raffaele Paci ci informano che il lavoro è cresciuto, la disoccupazione cala, crescono i contratti a tempo indeterminato. Interessante è questa frase del Presidente: “Significa che le imprese puntano di più sull’occupazione, rispondendo positivamente alle politiche del Jobs Act”. Confrontando il terzo trimestre del 2015 e quello del 2014, si contano 28000 posti di lavoro in più, il 68% dei quali nel settore alberghiero e ristorativo e dunque per lo più stagionale. Continua la lettura di Gioventù sarda e dipendenza (di Andrìa Pili*)

Poltu Turra. Dapoi di li razzi, telzu incinnaradori. Pigliaru sciuarigghja di no dizzidì

Inceneritori agosto 2015 FQ
Situazione e prospettiva inceneritori in Italia e in Sardegna ad agosto 2015. (Infografica: Fatto Quotidiano)

Poltu Turra. Dapoi di li razzi, telzu incinnaradori. Pigliaru sciuarigghja di no dizzidì

Pa lu D.Lgs rigaldanti lu Sblocca Italia riffirutu all’incinnarimentu di l’alga, sigundu lu Ministru à l’Ambienti italianu Poletti era nizissàriu fa lestru  Era lu cumenciu di capidannu e à lu caminu priiduto pa l’incinnaramentu – rinfolzu pa 2,5 milioni di tonnellati l’annu – si dagghjani centu dì di tempu. Dunca ill’annu nou è abbeddu la pressioni innant’ a la chistioni, più e più chi fra li distinazioni abà v’è puru Poltu Turra. Pa la Ghjunta Pigliaru la primma cosa è fa chjaresa. “No incinnaradori, si chjama termovalorizzadòri“: passà cussì da li parauli di l’Assessora a l’Ambienti, Donatella Spano, lu mancatu pareri pa lu prughjettu di un telzu incinnaradori in Saldigna, unu di li 12 impianti chi li guvelnu Renzi vò fraicà in mezu a li manovri pa fa ripprindì l’economia italiana chi aiani ghjà tuccatu la Saldigna aendi alzatu li ‘alori di piriculu pa li mitalli pisuti intundu li poligoni militari. Pa l’Assessora, lu cuntrastu è sì in banca ma andà turratu a piddà in manu dapoi di lu statiali chi veni. Dichjarazioni tantu attindenti cantu pìciu pìciu chi facini pinsà a una iputeca pisuta pa un caminu pro incinnaradori di sighì illu 2016.

A lu cumenciu, lu dissignu di lu guvelnu Renzi no priidìa alti incinnaradori oltri li dui ghjà in Saldigna: Tossilo in mezu e Macchiareddu in Casteddu. Pa lu primmu, poi, la cuntierra s’era infiarata da primma pa lu revamping di li linii di smaltimentu ‘echj e lu rinfolzu: 40 milioni d’invistimentu e un incinnarimentu pa più di 60.000 tonnellati l’annu. Proghjettu Tossilo assiguratu da lu Partito dei Sardi, chi ha vistu Paolo Maninchedda, Assessori Trabaddi Pubblichi e prisidenti di lu Pds, fa un passu indaretu in cunfrontu a lu 2010 candu – in minurìa – era prummuidori pa filmà l’incinnarimentu di l’alga.

Lu telzu incinnaridori venaria distinatu a la zona industriali di Poltu Turra, ammanigghjata da lu Movimento Cinque Stelle di lu primu zittadinu Sean Christian Wheeler. L’intinzioni di lu guvelnu italianu cumproani la zittadina turritana comu locu disiciatu pa prugghjetti palticularmenti dannosi e in dugna locu no vuluti. La pinsata di l’incinnaridori difatti s’accuppigghja a lu prugghjettu di l’AVIO pa li proi di li razzi VEGA di punì sempri illa ZIR, innantu a tarreni Syndial pa ca’ s’è (s’èra?) cuntrattendi. Trattazioni, in viritai, cuati dapoi chi su sindacu di lu M5S ha dilattatu illu mesi di Sant’Andrìa la prisintazioni pubblica. Pocu e nudda ancòra si sa, a palti l’enolmi intaressu economicu chi è in baddu pa li proi VEGA: oltri 200 milioni di euro. Continua la lettura di Poltu Turra. Dapoi di li razzi, telzu incinnaradori. Pigliaru sciuarigghja di no dizzidì

Tèmpiu: un 2015 chena abbaltura RSA

ASL RSA Tempio
Comu assiguratu da lu centru-sinistra e dall’Assessori alla Sanità, Luigi Arru, ill’ultimi elezioni comunali, s’aspittàa pa Pasca di Natali l’abbaltura di la Residènzia sanitària assistuta di Tèmpiu Pausania. Comu privvidibili, bè ch’andia abbaltura rispinta a lu branu 2016. L’RSA, undi li trabaddi so cuminciati dec’anni fa, è stata ill’anni ugghjettu di divessi disaccelti, innant’ a tutti la lega tra ASL n. 2 e l’impresa chi aia intu l’appaltu, Emi srl di Eboli (SA), e aria doutu cumprì e cunsignà li trabaddi a ottognu di lu 2006. Illu 2007, inveci, l’ASL ha turratu a nudda lu cuntrattu: a un annu da la mancata cunsigna, li trabaddi no erani nemmancu a lu 50%. Infattu, lu prugghjettu è statu mudificatu e sò stati annattati alti dinà pa 1,6 milioni di euro chi s’agghjunghjsini a li cattru milioni e più priiduti da lu cumenciu. La struttura arà 60 letti, cumpresu un nùcleu cun alta folza assistenziali (Hospice) pa curi silinadori e tèrapia di lu dulori.

A ghjnnagghju di lu 2012 l’ASL fesi sapè chi li trabaddi in zona Mantelli si sariani cunsignati illa primmaera 2014. Infattu s’è appaltatu lu silviziu di vìdeogaldiania, aspittendi l’affidamentu pa la gistioni. Lu bandu àncora no è isciutu e s’ambara ulmani pa lu cumenciu di l’annu chi veni. Continua la lettura di Tèmpiu: un 2015 chena abbaltura RSA

Il FIU: dopo 10 anni che fine ha fatto l’Osservatorio sulla povertà?

Osservatorio povertà

Il FIU: che fine ha fatto l’Osservatorio sulla povertà? Continua la lettura di Il FIU: dopo 10 anni che fine ha fatto l’Osservatorio sulla povertà?

Tempio. Sacro Cuore, Rinagghju e progetti mancati: un’agenda nascosta?

Conferenza stampa per la presentazione del progetto Sacro Cuore e la concessione del compendio da parte del Comune (Foto: La Nuova Sardegna)
Conferenza stampa per la presentazione del progetto Sacro Cuore e la concessione del compendio da parte del Comune (Foto: La Nuova Sardegna)

Nel documento pubblicato lo scorso aprile – “Il Fronte Indipendentista Unidu in merito all’ex Palazzina Comando e prospettive di sviluppo della città” – il FIU relazionava alla cittadinanza riguardo le vicende dell’Ex Palazzina Comando ed esprimeva una posizione politica circa il discusso Protocollo d’Intesa Comune Tempio Pausania-Ministero degli Interni, ritenuto deleterio per la città viste le condizioni della permuta tra l’ex Palazzina Comando e l’ex carcere La Rutunda. In occasione della pubblicazione del documento, il FIU precisò che alle vicende di Rinagghju e al progetto Sacro Cuore sarebbe spettata una trattazione separata. Negli ultimi mesi abbiamo seguito l’evoluzione del Progetto sino al recente ritiro da parte del Sacro Cuore, con il compendio di Rinagghju che ritorna così all’anno zero. La ricostruzione che segue vuole analizzare i vari passaggi negli ultimi anni, l’improvviso ritiro della Parrocchia ed evidenziare come l’affido alla Diocesi, alla persona del vescovo Sanguinetti, sia stata la ragione principale per la quale la stessa ha potuto beneficiare del finanziamento pubblico per il completamento della chiesa del Sacro Cuore in zona Pischinaccia-Rinaggiu.

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Sardegna. Movimenti di liberazione nazionale e sociale contro Troika e austerity

Fronte

I documenti di analisi scaturiti dagli incontri di formazione sul tema delle politiche di austerità e di autoritarismo economico e politico dettate dall’Unione Europea, organizzati dal Fronte Indipendentista Unidu in collaborazione con l’organizzazione giovanile indipendentista Scida e il collettivo Furia Rossa. Continua la lettura di Sardegna. Movimenti di liberazione nazionale e sociale contro Troika e austerity

Tèmpiu: nisciun miraculu. Lu Sacru Cori laca Rinagghju

Rinagghju
Conferenza stampa dello scorso marzo per la presentazione del progetto Sacro Cuore e la concessione del compendio da parte del Comune (Foto: La Nuova Sardegna)

Lu passu indaretu di lu Sacru Cori è una di chissi nuitai chi no arreani dugna dì. Dapoi di la cuncissioni di Rinagghju a cumenciu d’annu, Efisio Coni, parracu di lu Sacru Cori, ha fattu sapè lu ritiru di lu prugghjettu pa Rinagghju. Intinzioni manni chi aiani autu l’ala in primma passona di lu escamu Sanguinetti, ma abà lu locu è torra tutt’ in manu a lu Cumuni.

No so chjari li muttii di la dizzisioni, forsi difficultai olganizzativi e ulintariatu ‘inutu mancu, cu lu manegghju Biancareddu chi abà, puru figghjulendi lu statiali chi veni, doarà piddà pruvvidimenti e svultà siguramenti calche cosa illa prugrammazioni pa Tèmpiu. Puru palchì l’intinzioni di lu Sacru Cori – cu l’appogghju di lu Cumuni – aiani pultatu a priidè e spaltì spesi pa accunciugni pa guasi 60 milia euro.

Dunca, dapoi di l’anni passati e la lega fra Cumuni e Alba Immobiliare, l’ATI chi arià doutu gistì pa cincant’anni Rinagghju fendini un puntu di riffirimentu pa zittadini e viagghjadori, sighi listoria chena fini di Rinagghju, chi d’annu in annu è divintendi un locu sempri più mal tentu, cun latri e danni di stimà, a lu puntu chi lu manegghju a malagana è turratu illu pienu pussessu di lu locu andendi in legghj.

Dapoi chi lu Cunsiddu di Statu illu 2012 aia datu rasgioni a lu manegghju Frediani, da lu 2013 è statu pultatu addananzi lu trabaddu fra lu chiridori Sacru Cori e l’uffìzi. Finz’ arrià a malzu 2015, candu v’è stata la cunfirènzia cu li mezi d’infulmazioni pa prisintà lu prugghjettu a li zittadini. Abà, dapoi chi s’era faiddatu puru di miraculu da chinci a pocu, lu caminu chi polta Rinagghju a esse un centru economicu impultanti illu nord Saldigna pari sempri più longu.

Tempio: nessun miracolo. Il Sacro Cuore lascia Rinagghju

Il passo indietro del Sacro Cuore sul progetto che avrebbe dovuto aver luogo a Rinagghju è una di quelle notizie che non arrivano ogni giorno. A fronte della concessione avvenuta all’inizio dell’anno, Efisio Coni, parroco del Sacro Cuore, ha infatti comunicato il ritiro del progetto. Grandi propositi avevano avuto l’appoggio in prima persona da parte del vescovo Sanguinetti, ma oggi il luogo è nuovamente ed interamente nelle mani del Comune.

Non sono chiare le ragioni della decisione, forse difficoltà organizzative e volontariato venuto meno, con l’amministrazione Biancareddu che ora, anche in vista della prossima estate, dovrà prendere provvedimenti e cambiare sicuramente qualcosa nella programmazione per Tempio. Anche perché le richieste del Sacro Cuore – con l’appoggio del Comune – avevano portato a stimare e suddividere spese per manutenzioni per quasi 60 mila euro.

Dunque, dopo gli ultimi anni e il contenzioso tra Comune e Alba Immobiliare, l’ATI che avrebbe dovuto gestire Rinagghju per cinquant’anni facendone un punto di riferimento per cittadini e turisti, prosegue la storia infinita di Rinagghju, che di anno in anno diventa un luogo sempre più degradato, con furti e ingenti danneggiamenti, al punto che l’amministrazione è ritornata forzatamente nel pieno possesso dello spazio intraprendendo un contenzioso.

In seguito alla pronuncia del Consiglio di Stato, che nel 2012 aveva dato ragione all’amministrazione Frediani, dal 2013 è stato portato avanti un lavoro comune tra il richiedente Sacro Cuore e gli uffici. Il tutto fino ad arrivare a marzo 2015, quando ha avuto luogo la conferenza con stampa al fine di illustrare il progetto ai cittadini.

Ora, dopo aver parlato persino di miracolo a breve, la strada che porta Rinagghju ad essere un importante centro economico nel nord Sardegna pare sempre più lunga.

http://www.ilminuto.info/2015/12/tempio-nessun-miracolo-il-sacro-cuore-lascia-rinagghju/#more-37132