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Trenta Denari (di Andrìa Pili).

trantadenariI risultati delle elezioni sarde dello scorso 16 febbraio, probabilmente, avranno diverse conseguenze nefaste la cui portata si può – ora – solo ipotizzare, sperando che si minimizzi. Tuttavia, uno degli effetti già evidenti è il notevole progresso nel decennale tentativo di istituzionalizzare l’indipendentismo, l’unico movimento che può incanalare il disagio sociale sardo entro una soluzione rivoluzionaria: la creazione di una Repubblica indipendente di Sardegna. Questo tentativo, oggi, è sfociato nella creazione di una nuova forma di sardismo (o, per convenzione,  autonomismo militante – tenendo conto che, entro l’istituzione Regione Autonoma, ogni organizzazione politica è autonomista) assai più pericolosa della precedente, innanzitutto perché accompagnata da una orrida deriva etico-culturale.

Il riferimento è, ovviamente, alle organizzazioni iRS e Partito dei Sardi, le quali – grazie ad un’alleanza con il centrosinistra, ovvero alla compiacenza del Partito Democratico – sono riuscite ad ottenere tre seggi (rispettivamente una e due poltrone) nonostante un infimo risultato elettorale (0.82% per il primo e 2.66% il secondo). Gli uomini chiave di tali organizzazioni sono Gavino Sale e Franciscu Sedda, i quali furono anche – se non le principali – senz’altro le figure più conosciute e apprezzate dell’indipendentismo nel primo decennio del 2000. Le ragioni della loro alleanza con il centrosinistra unionista possono solo essere ipotizzate; tuttavia, che si sia trattato di una sincera manovra politica o di mero opportunismo, dato il ruolo che hanno esercitato nel passato, non cambia il fatto oggettivo: tradimento delle ragioni della nazione sarda.

Continuità e discontinuità con l’autonomismo storico
La novità di queste due partiti non sta nell’essersi alleati con partiti o coalizioni unioniste, al fine ufficiale di condizionarne le politiche in senso sardocentrico. Non sta neppure nel fare la medesima politica, autoproclamandosi “indipendentista” e, dunque, giustificando essa come una tattica gradualista verso l’indipendenza. Entrambe queste cose sono state già fatte dal Partito Sardo d’Azione, fin dall’inizio della Regione Autonoma; basti pensare che già il primo governo autonomista (1949-51) fu una giunta Democrazia Cristiana-PSd’Az. Ebbe la stessa composizione la giunta Alfredo Corrias (1954-55) ed Efisio Corrias (1958-65). I sardisti furono anche membri di alcune giunte di centrosinistra con PSI e PSDI (1965-67; 1973) e anche con il PCI (1980-82). Nel 1979 il PsdAz adottò una posizione indipendentista, mentre nel 1981 avvenne il cambiamento del primo articolo dello Statuto, sancendo la definitiva scelta indipendentista del partito. Tuttavia, essa non corrispose ad un cambiamento di azione politica, ma si rivelò una scelta efficace per rilanciare un partito in declino: se alle elezioni negli anni ’70 il Partito si era ridotto al 2-3% dei consensi elettorali, nel 1984 esso prese il 13.8% dei suffragi, diventando la terza forza politica con 12 consiglieri e la presidenza della Regione (Mario Melis). Tuttavia, la conseguente giunta di centrosinistra (1984-89) con PCI-PSI-PSDI  fu una prosecuzione della vecchia politica e non riuscì a consolidare il successo del partito fondato da Lussu, segnando invece la morte del vento sardista. Dal 1995 al 1997 il PsdAz fu nella giunta di centrosinistra presieduta da Palomba, mentre dal 2009 sostenne quella del centrodestra con Ugo Cappellacci, appoggiato da loro anche in questa tornata elettorale.

La storia dell’autonomismo ha pienamente dimostrato il fallimento della politica delle alleanze adottata da Sale e Sedda. In più, c’è da pensare che essi lo sappiano perfettamente, visto che abbandonarono Sardigna Natzione proprio in polemica con l’alleanza fra quest’ultima ed il PSdAz! Quindi, malgrado nessuno possa sapere con certezza i motivi che hanno condotto loro a tale scelta, la probabilità tende fortemente verso un’unica ragione: opportunismo. La scelta estrema di due individui prossimi alla morte politica (due indizi: l’ultima percentuale elettorale di iRS testimonia, oggettivamente, il crollo di consensi e di militanti del partito del consigliere sassarese; il semiologo Sedda, invece, era uscito da ProgReS – probabilmente assai scontento d’aver perso la posizione di dirigente a vita che aveva in iRS – ed aveva ultimato l’esperienza da presidente del comitato Fiocco Verde).

Tuttavia, mentre il PsdAz si è sempre ritenuto un soggetto politico autonomo tanto da non sentirsi vincolato ad una particolare alleanza (in sessant’anni di storia autonomistica, il sardismo è stato assieme all’unionismo di Centro, Sinistra e Destra ma anche con l’indipendentismo di Su Populu Sardu e Sardigna Natzione), iRS e PdS – specie il primo – hanno scelto esplicitamente il centrosinistra unionista come proprio naturale compagno di viaggio. Questo è ciò che distingue i “sovranisti” dal vecchio autonomismo; questa è la fase recente della istituzionalizzazione dell’indipendentismo da parte dell’unionismo. Possiamo comprendere ciò attraverso recenti dichiarazioni di Gavino Sale su stampa e televisione, secondo cui la presenza di “indipendentisti” in ambedue gli schieramenti unionisti di centrodestra e centrosinistra sarebbe il segno che – finalmente – l’indipendentismo si sarebbe evoluto in una parte di Destra ed una di Sinistra. Questo carattere “nuovo” – dal punto di vista indipendentista – lungi dall’essere un’evoluzione, è una involuzione. Ciò rende i due opportunisti – più che dei neoautonomisti – dei neounionisti o dei presardisti.

Ora, al governo con Pigliaru, contando anche i due seggi dei Rossomori – eredi dell’autonomismo passato – i “sovranisti” non hanno i numeri consiliari tali da assumersi dei meriti (la maggioranza di centrosinistra reggerebbe anche senza di loro). Il che significa che il centrosinistra unionista potrebbe assumersi il merito di ogni misura sardocentrica che sarà approvata (come l’Agenzia sarda delle Entrate), contribuendo a nascondere il conflitto, e che gli ex indipendentisti diverranno complici di ogni sua malefatta. Quello che viene, da essi, spacciato come un grande successo potrebbe, in realtà, ritorcersi contro di loro.

La deriva etico-culturale dei traditori Sale e Sedda
L’esecrabilità della scelta politica dei due ex indipendentisti sta innanzitutto qui: voler rendere l’indipendentismo un appendice dell’unionismo, nascondere il conflitto attraverso la partecipazione attiva nel sistema unionista, confondere le ragioni della Nazione sarda con quelle dello Stato italiano. Infine – come nella proverbiale notte ove tutte le vacche sono nere – porre sullo stesso piano chi tradisce la Sardegna con chi continua a perseguire una coerente lotta di liberazione nazionale. Dal punto di vista etico, non vi è errore peggiore del porre sullo stesso piano un comportamento giusto con uno sbagliato, un’azione buona con un’azione cattiva; giacché significa negare l’esistenza stessa di Bene e Male e quindi giustificare ogni atto, compresi i più vergognosi. Dal punto di vista logico, dato il principio di non contraddizione, ignorare la dicotomia o porsi una falsa dicotomia non può che condurre ad errori grossolani.

La Politica non è “l’arte del vivere insieme” od un luogo ove ogni posizione deprecabile deve essere tollerata in omaggio ad un malinteso senso del rispetto. La Politica è uno scontro fra opposti interessi, una lotta fra l’Emancipazione e l’Oppressione. Così come chi si ritrova in mezzo al mare non può rifiutarsi di nuotare- pena la morte per affogamento o il porsi in balia della corrente – così chi vive in una società, non può rifiutarsi di partecipare a questo scontro, pena il soccombere o il porsi in balia dell’oppressore. Per questo è necessario dotarsi di una dicotomia valida, al fine di elaborare azioni giuste per vincere questa lotta. Entro una Sardegna colonia, sottomessa alla Repubblica Italiana e vittima dell’imperialismo, l’unica dicotomia valida è: Nazione Sarda contro Stato Italiano. Ogni aspetto sociale va ricondotto entro questo schema: non si può stare con la Sardegna e con lo Stato contemporaneamente, che si sia coscienti o meno della propria posizione. Per questo chi si allea con i partiti unionisti sta con lo Stato italiano e, di conseguenza, è un nemico della Nazione Sarda.

Il punto forte della retorica dei partiti oggetto di questa analisi, è stato questo: portare l’indipendentismo al governo. Questo è quanto ogni indipendentista desidera; la spregevolezza della comunicazione di questi presardisti sta nel voler confondere fini e mezzi. Perciò, il fine non è più quello di abbattere la situazione di subalternità della nostra nazione ma diventa entrare nella Giunta o conquistare dei seggi in Consiglio. Per questo, un autentico indipendentista continuerà a vedere la presenza nelle istituzioni come un mezzo irrinunciabile e rifiuterà ogni alleanza con gli unionisti, cioè contro coloro che sono i nemici del fine ultimo; il “sovranista”, invece, non vede alcuna contraddizione nell’allearsi con i partiti italiani, giacché il fine è quello di ritagliarsi un proprio ruolo entro il sistema dominante. Non si capisce perché, inoltre, si debba fare lo Stato sardo con persone come Gianfranco Ganau o Francesco Pigliaru: a venir fuori, pure fosse possibile realizzare l’indipendenza con essi, sarebbe soltanto uno Stato sardo fantoccio utile a distribuire medaglie e privilegi a qualcuno, ma non a rompere i rapporti di forza che opprimono i sardi.

L’ultima giustificazione circolante riguarda la legge elettorale liberticida; ma l’alleanza tra iRS ed il centrosinistra non è stata figlia di questa, come tendenziosamente i dirigenti di tale partito vorrebbero far credere. Tutti sanno che tale pensiero era covato già da tempo – forse fin della implosione di iRS nel 2010 ma sicuramente da oltre un anno – quando si strinsero rapporti amichevoli con diversi esponenti del centrosinistra (Dadea, Lobina…) e si coniò il termine “sovranismo” per un residuo senso del pudore.

Un altro aspetto che mal si concilia con l’etica è il modo con cui iRS e PdS, durante la campagna elettorale, hanno palesemente mistificato la storia catalana e scozzese. Ultimo esempio è la surreale intervista a Maninchedda, su Videolina, nel giorno degli scrutini.  In particolare, il paragone più gettonato è stato con il partito Esquerra Republicana de Catalunya, cercando di far intendere che l’imminente indipendenza della nazione con l’estelada sia dovuta all’alleanza di governo fra questo e la sinistra unionista spagnola, tra il 2003 ed il 2010. La storia della Catalogna narrata da Sale e Sedda omette almeno quattro cose importanti:

1) Dalla proclamazione della Generalitat, nel 1980, ad oggi – escluso il governo di Sinistra tra il 2003 ed il 2010 – a governare è stata Convergencia i Uniò, questo è il nome attuale del catalanismo liberaldemocratico che, in circa 25 anni di governo, ha senz’altro inciso nella società catalana molto più di ERC, tenendo in mano l’esecutivo in solitudine.
2) Alle elezioni del 2003 – inizio del governo di centrosinistra – Esquerra prese il 16,44%, ma nelle successive consultazioni (2006) il partito crollò al 14%, perdendo oltre centomila voti. Alle elezioni del 2010 – al termine dell’esperienza di governo con il PSC – Esquerra prese solo il 7%, ritornando ai livelli di un decennio prima e perdendo circa 300000 voti rispetto al 2003.
3) ERC oggi ha appoggiato il governo nazionalista di CiU, che nella scorsa legislatura aveva indetto il referendum, da una posizione di forza (21 seggi, secondo partito catalano) ma senza CiU non ci sarebbe mai stata la Dichiarazione di Sovranità e nemmeno il referendum.
4) I successi della ERC attuale sono dovuti alla crescente avversione verso le politiche liberiste del governo di Artur Mas, non a quella alleanza con l’unionismo spagnolo.

Sostenere che l’alleanza ERC-PSC per il governo 2003-2010 sia l’artefice della prossima indipendenza catalana è solo una menzogna. Ma, forse, dire bugie al popolo sardo viene ritenuta cosa accettabile entro questa deriva etica.

Il Partito dei Sardi, inoltre, ama paragonarsi allo Scottish National Party. Forse non sanno che questo partito – pur essendo fin troppo moderato con l’unionismo – non ha mai partecipato a governi guidati da unionisti britannici e quando ha conquistato le redini dell’esecutivo, dal 2007 a oggi, ha sempre governato da solo. Siamo, quindi, di fronte ad un altro paragone errato e palesemente traviante.

Schiacciare l’infamia: l’indipendentismo sardo e internazionale di fronte ad opportunisti e traditori
Di fronte a questo vergognoso comportamento, le cui conseguenze rischiano di danneggiare il movimento di liberazione nazionale, è necessario che l’indipendentismo tutto predisponga manovre necessarie al fine di impedire la nascita, dal suo seno, di nuovi infami e stabilisca come affrontare quelli esistenti. Innanzitutto, occorre criticare aspramente il pensiero postmoderno – dominante culturalmente nei primi anni 2000 entro il cui pentolone, iRS, è nata – che porta al rifiuto di ogni verità assoluta e quindi di ogni modello razionale. Senza una solida base teorica, si è condotti verso azioni sbagliate e a non riconoscere più ciò che è vero da ciò che è falso. Se vi sono persone che – sinceramente – hanno seguito gli opportunisti Sale e Sedda la causa sta, in gran parte, in questo grave deficit formativo. Ragion per cui dovrebbe essere d’obbligo, per i movimenti indipendentisti, l’organizzazione di corsi volti ad una formazione politica, che permetta di fare subito il deserto attorno al personalismo e la possibilità di esprimere il proprio pensiero in appositi fogli di propaganda politica. Ogni militante dovrebbe sentirsi protagonista di un progresso culturale e formativo più ampio, un processo continuo, annullando ogni monopolio del pensiero. Un’idea giusta non appartiene a nessun stregone particolare, anche se ha una cattedra di semiotica.

Al di là della questione etico-culturale, il solo modo per impedire la nascita di nuovi personalismi è quello di massimizzare la democrazia interna e la partecipazione: revocabilità di ogni carica in qualsiasi momento; divieto di mandati consecutivi.

iRS e PdS devono essere trattati come un qualsiasi altro partito unionista: hanno scelto il loro campo, lo Stato italiano, e gli indipendentisti devono rompere ogni rapporto con essi, mettere in mostra la loro vera natura, mettendo in guardia il popolo sardo dai subdoli richiami di questi traditori al servizio dell’Oppressione. In più, occorre premere affinché i suddetti partiti siano isolati a livello internazionale dagli altri indipendentismi europei: la lotta per l’emancipazione nazionale di ogni popolo oppresso riguarda ogni popolo oppresso; la mancanza di appoggio, quando non la condanna esplicita, da parte dei movimenti nazionalisti di liberazione, aiuterebbe i veri indipendentisti sardi nello screditare l’opportunismo autonomista verso il popolo sardo.

La lotta per la liberazione della Nazione Sarda è una cosa seria. L’oppressione è reale, il conflitto con lo Stato preesiste alla nostra stessa nascita individuale. La militanza indipendentista è, quindi, un dovere etico quanto una necessità: ne va della nostra sopravvivenza come uomini e come comunità nazionale. Chi punta a ricomporre il conflitto o a nascondere esso, alleandosi con il nemico, merita l’esecrazione e sta già scrivendo la propria condanna storica. Noi indipendentisti coerenti non dobbiamo far altro che prenderne atto, oggettivamente. Perché non è una questione di opinioni o di scelte ugualmente rispettabili: Pintor, Cabras, Musso, Sisternes tradirono le ragioni della Sardegna, combattendo Angioy al fine di difendere i propri privilegi; Emilio Lussu tradì le ragioni della Sardegna, scegliendo lo Stato italiano, quando avrebbe potuto guidare i sardi all’indipendenza. Così vuole una narrazione sardocentrica della nostra storia nazionale, cioè – per noi – la Storia. Gavino Sale e Franciscu Sedda hanno scelto lo Stato italiano, tradendo le ragioni della Sardegna per salvare se stessi da una inesorabile morte politica. Perché mai la Storia dovrebbe giudicarli diversamente?

Andrìa Pili.

(pubblicato originariamente su http://scida.altervista.org/ )

– http://scida.altervista.org/trenta-denari/

Tra reality show, hobbismo e pressione fiscale l’artigianato sparisce.

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Chi sta affossando gli artigiani e l’artigianato sardo?

Nel 1984 viene approvata una legge regionale sul marchio di origine e qualità. Tale legge però non è mai stata applicata. La Giunta presieduta da Renato Soru a metà anni 2000 chiude l’I.S.O.L.A, l’ente regionale nato nel ’54 a tutela delle produzioni Artigiane. Al suo posto nasce l’Agenzia Sardegna Promozione per la promozione, commercializzazione e tutela delle produzioni di eccellenza. L’Agenzia non è mai entrata in funzione pur avendo nel suo organico personale formato e retribuito, né mai ha adempiuto ai programmi e agli impegni presi. Sardegna Promozione era guidata da Mariano Mariani e invece di promuovere l’artigianato funzionava come erogatore di fondi a sagre paesane, attività sportive e addirittura ad un reality show (Sweet Sardinia, prodotto da La5). Alla fine dalle casse di Sardegna Promozione sono stati elargiti circa nove milioni di euro senza che un solo artigiano ne beneficiasse.
Chiudono anche i punti di promozione artigiana chiamati “Sardegna Store”, che poi “store” non erano dato che non vendevano nulla. Questo appalto fu aggiudicato da una ditta siciliana (Novamusa), il vero beneficiario dei 4 milioni di soldi pubblici finanziati dalla Regione Sardegna. Come per Sardegna Promozione l’idea è di Soru (centrosinistra) e l’applicazione è di Cappellacci (centrodestra).  Cambiano le Giunte e i loro governatori ma la musica non cambia.

Alla distruzione degli istituti di promozione dell’artigianato artistico e all’inaudito sperpero di denaro pubblico utilizzato a proprio piacimento da parte di chi si è alternato alla Regione e all’assessorato al turismo, artigianato e commercio, aggiungiamo anche il forte abusivismo hobbistico e la mancanza di un opportuno regolamento che garantisca chi ha fatto della passione artigiana il suo lavoro, come giustamente denuncia l’Associazione Culturale ArtiManos in un recente comunicato stampa.

Il Fronte Indipendentista Unidu ritiene che sia prioritario restituire agli artigiani sardi un ruolo di primo piano nell’economia e nella cultura della nostra società valorizzando il loro lavoro e dando alle nuove generazioni la possibilità di imparare il mestiere. Per questo motivo propone agli operatori del settore tre fondamentali punti di immediata applicazione:

– Istituzione di un ente di tutela per la valorizzazione e promozione internazionale dell’artigianato sardo.

– Creazione del marchio di qualità per i manufatti e per le botteghe che promuovono e commercializzano esclusivamente artigianato sardo.

– Recupero della tradizione artigianale con istituzione di corsi di formazione professionale. Il personale docente dovrà essere selezionato tra gli artigiani e le maestranze riconosciute in elenchi comunali delle arti e dei mestieri.

Il Fronte Indipendentista Unidu ritiene che per la rilevanza strategica di tale settore debba essere istituito un assessorato all’Artigianato scorporandolo da quello al turismo e al commercio.

Fronte Indipendentista Unidu

Tempio Pausania. Abbanoa propone conciliazioni. Quale credibilità?

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Una delle tante comunità sarde in rivolta contro Abbanoa. Assemblea popolare a Solarussa (OR). (Fonte: La Nuova Sardegna).

Si è tenuto mercoledì scorso l’atteso incontro tra i funzionari Abbanoa, la cittadinanza e l’amministrazione comunale di Tempio Pausania in merito alle bollette anomale e il relativo sistema di rateizzazione dei pagamenti proposto da Abbanoa. Per l’azienda erano presenti il Dott. Picciau, responsabile servizio clienti, e il Dott. Urpi, sportello telematico. Per l’amministrazione il vicesindaco, Gianni Monteduro, e il sindaco, Romeo Frediani.

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Il Fiu sui signori dell’energia. Ecco “Gli spogliatori di cadaveri” del nostro tempo.

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Campu Giavesu. Fonte: Gruppo d’Intervento Giuridico onlus.

I signori dell’energia, riconducibili al gruppo italiano Angelantoni Industrie S.p.A (http://www.angelantoni.it/) chiedono alla RAS, quindi a tutti i cittadini sardi, danni per sei miliardi di euro.

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Processo No Tav. “Sparagli in faccia!” gridavano gli agenti il 3 luglio alla Maddalena (di Fabrizio Salmoni).

campeggio chiomonteSi propone un lungo e interessante articolo scritto da Fabrizio Salmoni per TG Vallesusa sul processo in corso circa gli scontri del 3 luglio 2011 e lo sgombero della Libera Repubblica della Maddalena. Dal racconto del processo emerge uno scenario inquietante:  abusi di ogni genere: pestaggi, attacchi su inermi, sgomberi illegittimi, depistaggi, false testimonianze di poliziotti e pm, prove alterate, Mafie, tentativi fraudolenti di spostare il processo ad altre Procure. Un processo dal quale viene fuori molto più che la verità sulle brutalità degli agenti; descrive tristemente lo spaccato culturale dell’Italia degli ultimi decenni, tra palazzi di giustizia, cosche, appalti, politici e agenti picchiatori, solo l’ultimo gradino di una piramide vorace che impone che lo Stato debba andare avanti, costi quel che costi.

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CO.CE.R: l’esercito fa politica in Sardegna

capo teuladaAffermazioni e contenuti piuttosto pesanti nella delibera n. 30 del 2014 del CO.CE.R. Il Consiglio Centrale di Rappresentanza, sezione Esercito, usa parole difficilmente decifrabili in riferimento (“Visto”) a normalissimi fatti politici che hanno riguardato la Sardegna nelle ultime settimane: il dibattito sui Poligoni militari.

La delibera richiama avvenimenti come articoli di stampa, dichiarazioni di politici, manifestazioni in programma, dibattito in generale. Si nota che queste normali e difficili pratiche democratiche non siano ben gradite alla Difesa italiana e alle organizzazioni sindacali dei vari apparati che la costituiscono.

Politicamente queste poche righe potrebbero avere ripercussioni gravissime, perché segnano un confine mai raggiunto prima e che contribuisce a gettare benzina sul fuoco nella normale e giusta attività politica e di fermento della società che segna, oggi più che mai, la Sardegna tutta.

Per l’occasione l’inquinamento a Teulada derivante dalle esercitazioni sarebbe “presunto“; in pratica si ritorna di colpo indietro di almeno 15 anni, quando ancora la Difesa poteva tranquillamente dichiarare che non vi fosse alcuna attività inquinante ed era esattamente quello il motivo perché non si ha traccia di bonifiche eseguite lungo decenni di bombardamenti.

Dato il tono della delibera, il conclusivo “ogni azione utile tesa a tutelare il personale militare” lascia perplessi. Allo stesso modo, si constata come l’Esercito italiano mostri del disagio nei confronti di due testate giornalistiche che non mostrano certo posizioni politiche radicali o esprimono ingiurie e minacce verso la Difesa e le autorità italiane. Il Fronte Indipendentista Unidu in comunicato evidenzia che, dati i toni del CO.CE.R, il richiamo alla tutela del personale militare con ogni azione utile si mostra ancor più inquietante.

Probabilmente, dopo anni, è sempre più difficile negare o sterilizzare richieste e rivendicazioni pienamente legittime.

TAR Sardegna e antincendio nei Poligoni. Nelle Colonie non è necessario.

occupazione militareE’ arrivata nel tardo pomeriggio di ieri la decisione del TAR Sardegna sul ricorso dell’avvocatura di Stato contro il decreto 271/2014. Parere favorevole verso il Ministero della Difesa al quale non è andata giù l’estensione delle prescrizioni regionali antincendio ai Poligoni militari nell’Isola.

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Tempio Pausania. Abbanoa: continui disagi e prospettive incerte

abbanoa_logoProseguono i disagi a Tempio Pausania sul fronte Abbanoa. Sempre più prolungate e frequenti le interruzioni del servizio in numerose zone della città, in molti casi con pochissime ore di acqua al giorno. Continua la lettura di Tempio Pausania. Abbanoa: continui disagi e prospettive incerte

Consulenze esterne. SEL e “sovranisti” si rimangiano il domani

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Francesco Agus, Sinistra Ecologia e Libertà

Ondata di polemiche dopo la proposta di legge (n. 114 del 25 settembre) presentata all’attenzione del Consiglio della RAS da parte di 16 consiglieri. L’oggetto, “Modifiche e integrazioni alla legge regionale 9 gennaio 2014, n. 2″,  fa riferimento alla Legge regionale promulgata sull’onda delle polemiche per le maxi inchieste sui fondi ai gruppi consiliari, i quali avevano portato alla luce una visione diffusamente privatistica della politica regionale.

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Master and Back. Un estratto. Filosofia del programma o una semplice preghiera?

Un secondo estratto da “Master and Back della Regione Autonoma della Sardegna. Una prima valutazione dell’implementazione del programma nel periodo 2005-2010. Analizzare la coerenza dei comportamenti significa porre in relazione i propri fini con mezzi e modalità (che si hanno o che si dovrebbe avere) per raggiungerli; nella valutazione della filosofia (o teoria) di un programma pubblico, lo scopo è attuare una sorta di ricostruzione che vada ad indicare quali siano i bisogni individuati e i conseguenti obiettivi che il programma si pone. Analizzare la teoria significa così sviscerare quelle informazioni e quei processi decisionali che hanno caratterizzato il passaggio dall’individuazione di un bisogno pubblico da parte di un policy maker alla trasposizione di queste necessità come finalità e scopi con i quali informare l’intero programma, dall’implementazione alla gestione.

Data la delicatezza di una simile opera di ricostruzione ex post, spesse volte si dice che “il programma pubblico non esiste se non negli occhi di chi lo guarda“.

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