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Vogliamo la scuola sarda, non militari italiani (di Scida*). Seconda parte.

borntokillita3*Originariamente pubblicato su Scida – Giovunus Indipendentistas, l’01/10/2013.  http://scida.altervista.org/

Un mito da sfatare: le missioni di pace.

Uno dei punti forti della propaganda militarista italica sarebbe la “meritoria” attività delle truppe tricolori per mantenere la pace in Iraq e Afghanistan, per difendere la democrazia in questi paesi. Punto forte dell’antimilitarismo unionista, invece, è quello dei soldati italiani in servizio per interessi di altri.

La realtà che emerge, da quanto ci dicono alcune inchieste giornalistiche è, invece, molto diversa. Innanzitutto, gli italiani hanno combattuto e combattono. Ovviamente, ci vien da dire, giacché un esercito serve a fare la guerra e dal momento che, tra gli italiani a saltare in aria, non vi è stato certo Gino Strada! Innanzitutto, sappiamo dell’impegno italiano nella “Battaglia dei Ponti”, nei pressi di Nassiriya il 6 aprile 2004, contro i miliziani sciiti di Moqtada al Sadr che – giorni prima- aveva occupato tre ponti sull’Eufrate, dividenti in due la città. Durante i combattimenti, gli italiani sparano 30000 proiettili e uccidono – a detta del comando militare italiano – 15 persone. Miliziani o civili? Di certo sappiamo che gli italiani hanno ucciso una donna incinta ed altre tre persone (madre, sorella e marito, secondo i testimoni), facendo fuoco contro un’ambulanza. Ad ammettere ciò è lo stesso caporalmaggiore Raffaele Allocca, il quale – ritrattando la prima versione, secondo cui, il mezzo fosse un’autobomba, non fermatasi al check-point, e le persone all’interno avessero fatto fuoco contro gli italiani – ha dichiarato di aver sparato delle raffiche su ordine del maresciallo Stival, senza vedere delle persone sporgersi fuori dal veicolo. Il giornalista statunitense Micah Garen, che si trovava nel luogo in quel momento e fu anche rapito dagli uomini di al Sadr, fece un filmato da cui si nota che il mezzo era un’ambulanza che stava trasportava una donna incinta all’Ospedale di Nassiriya. Anche per questo, i miliziani sciiti avevano liberato il corrispondente americano. Ci dice Geran: L’ambulanza n.12 era stata inviata alle ore tre di venerdì mattina per trasferire una donna incinta, che aveva un travaglio difficoltoso, e la sua famiglia, dall’ospedale generale situato nella zona nord della città all’ospedale per le maternità nella zona sud, attraversando il fiume. L’esercito italiano, dislocato al lato sud del ponte, sparò contro l’ambulanza mentre essa lo attraversava. L’ambulanza prese fuoco e quattro dei passeggeri all’interno rimasero uccisi. L’autista e due persone con lui sedute sul davanti riuscirono a salvarsi. I resoconti dell’esercito statunitense, resi noti da Wikileaks recentemente (2010), hanno confermato che dal veicolo colpito non vi fu nessuna offesa. Allocca e Stival furono messi sotto processo dal Tribunale Militare e, infine, assolti nel maggio 2007 perché persone non punibili per aver ritenuto di agire in stato di necessità militare. Infatti, è stato riconosciuto l’”errore” commesso ma anche che il mezzo, in quelle condizioni, potesse rappresentare un pericolo grave ed attuale. Ci chiediamo se un tribunale iracheno avesse emesso una sentenza analoga e se – in condizioni di serio calo di consensi popolari nei riguardi delle missioni- l’Esercito avesse potuto condannare i due imputati, senza pensare alle conseguenze politiche di tale gesto.

Pare che in Afghanistan i “nostri ragazzi” si siano molto dilettati nel combattere i patrioti afghani. Basta fare qualche ricerca negli archivi giornalistici per notare ciò che scrivono i corrispondenti: andando a caccia di talebani, gli italiani hanno preso parte a scontri a fuoco in diversi luoghi del paese: nel distretto di Jawand, sul fronte nord dello schieramento italiano in Afghanistan occidentale; a Surobi, settanta chilometri a sudest di Kabul; a Bala Murghab (la Brigata Sassari, fra Natale e Capodanno 2009 ha combattuto per 72 ore); nel fronte sud di Farah.

L’Italia partecipa – o ha partecipato, nel caso iracheno – come truppa di occupazione ma anche come belligerante. Non solo per assolvere ai suoi doveri di vassallo degli Stati Uniti d’America, ma anche in difesa di suoi precisi interessi economici entro l’area. Infatti, sappiamo che l’Italia, con la multinazionale statale ENI, ha guadagnato qualcosa dai conflitti e dalla consequente “spartizione del bottino” con i suoi compari atlantici: nel 2009, la multinazionale si è aggiudicata per 20 anni il giacimento di Zubair – tra i più grandi del paese, con produzione pari a circa 195 mila barili di olio al giorno e, oggi, progetta nuovi affari nello Stato fantoccio. Ad esempio, è ancora in piedi il progetto di assicurarsi lo sfruttamento del pozzo di Nassiriya, addocchiato fin dagli anni ’90 e che, forse, si pensava di poterlo ricevere con il sangue degli 11 soldati italiani morti nello stesso luogo nel novembre 2003. Gli italiani, però, nel 2009 furono beffati – nella gara d’appalto – da una multinazionale giapponese. I giacimenti afghani di petrolio e gas sono sempre stati tra gli obiettivi dichiarati dell’ENI, che nel paese si sta dando da fare nella scoperta di questi tesori.

Insomma, l’idea di un’Italia mera vassalla – tanto cara agli estremisti dell’unionismo – è senz’altro da ridimensionare: la Repubblica Italiana sta agendo chiaramente da paese imperialista; i suoi soldati non fanno altro che servire gli interessi di questo Stato, offrendo un indubbio servizio agli Usa.

RIFERIMENTI ESSENZIALI

“Battaglia dei ponti: 30 mila proiettili, forse più morti
Sarzanini Fiorenza, Corriere della Sera (26 maggio 2004)

“Sì, abbiamo sparato contro l’ambulanza”
Sara Menafra, Il Manifesto (7 febbraio 2006)


“Un’ambulanza il veicolo colpito dai soldati.
Sentenza militare conferma Wikileaks”
la Repubblica (26 dicembre 2010)

 “Sent. G.U.P. Tribunale militare di Roma, 9 maggio 2007, n. 33″
processo penale a carico di Allocca Raffaele e Stival Fabio

“Ma gli italiani in Afghanistan preferiscono l’attacco alle azioni difensive”
Fausto Biloslavo, Il Foglio, 12-10-2010

“Forze speciali italiane all’attacco in Afghanistan. Le forze speciali italiane sono protagoniste del conflitto afghano 
Fausto Biloslavo, Panorama, 19-07-2010

“Afghanistan: diario di guerra dall’ultimo avamposto italiano”
Fausto Biloslavo, Panorama, 31-08-2008

“2 maggio 2013 –  Herat, Afghanistan: duro colpo inflitto dai militari italiani alle comunicazioni degli insorti”
da www.difesa.it

“Isaf all’attacco nella zona italiana
Manlio Dinucci, Il Manifesto (5 ottobre 2006)

 “Eni si aggiudica il giacimento ‘giant’ di Zubair, in Iraq”
da www.eni.com

“Afghanistan: Eni ‘seriously considering’ investing in northern Afghanistan says minister”
da www.adnkronos.com

“Eni, scoperto nuovo giacimento petrolifero in Afghanistan”
da www.milanofinanza.it

“Eni, attività in Iraq”
da www.eni.com

http://scida.altervista.org/vogliamo-la-scuola-sarda-non-militari-italiani/#sthash.ZBwoaWnO.dpuf

Tèmpiu Pausania. Lu Pagghjolu: calche cosa si moi pa l’Alta Gaddhura

pagghjolu
Foto: La Nuova Sardegna.

E’ di cumenciu mesi di friagghju la nutìzia chi la RAS, e in palticulari l’Assessoratu a li Trabaddi Pubblichi, agghja delibaratu a faori di li trabaddi da la Diga di Lu Pagghjolu a la cittài di Tempiu e l’alti comuni di l’Alta Gaddhura. Comu si sa, a Tempiu bona palti di li disaccelti e inettitudini di lu silviziu idricu è douta puru a lu fattu chi a li timpiesi l’ea ‘eni arricata da Pattada. Pa chistu muttiu, una reti idrica chi possia ‘unì li 3,3 milioni di metri cubi di Lu Pagghjolu ‘eni dummandata da anni, comu da anni ENAS e ZIR ani pruvvidutu finanziamenti illi bilanci soi. Lu commissariamentu di lu Cunsólziu ZIR ill’ultimi anni ha cumpliccatu no pocu la cosa, com’ altettantu ha fattu siguramenti la gestioni e li problemi Abbanoa, cu lu passagghju dalla ‘echja gestioni – finz’ a lu 2006 – a lu Gestori Unicu. A pocu a pocu in umbè si so finza che sminticati di chiss’opara cussì strategica pa Tempiu e tutta l’Alta Gaddhura.

A ogghj, aspittendi nuitai illi chiti chi venini, si sa chi l’assessoratu ha postu a dispusizioni li residui passivi (spesi previduti ma no ancora pacati) di dec’anni va, residui di cuntaduria pubblica di la ZIR e l’ENAS pa più di 4 milioni di euro. Illa delibera n. 5/23 di friagghju, si legghji chi pa la palti chi avanza (boci no uffiziali faeddani di un’opara di 6/7 milioni di euro) l’assessoratu impegna lu Cunsiddu di la RAS a carragghjà lu chi manca pa pudè finalmenti middurà, si spera lestru, la cundizioni infrastrutturali di Tempiu e l’Alta Gaddhura.

Tempio Pausania. Lu Pagghjolu, qualcosa si muove per l’Alta Gallura.

E’ di inizio mese di febbraio la notizia che la RAS, in particolare l’Assessorato ai Lavori Pubblici, ha deliberato a favore dei lavori da la Diga di Lu Pagghjolu a la città di Tempio e altri comuni dell’Alta Gallura. Come noto, a Tempio una parte dei disservizi e delle inefficienze del servizio idrico è dovuta pure al fatto che ai tempiesi l’acqua giunge da Pattada. Per questo, una rete idrica che possa collegare i 3,3 milioni di metri cubi di Lu Pagghjolu viene richiesta da anni, come da anni ENAS e ZIR hanno previsto allo scopo risorse nei loro bilanci. Il commissariamento del Consorzio ZIR negli ultimi anni ha complicato non poco la situazione, come allo stesso modo hanno inciso gestione e problemi Abbanoa, con il passaggio dalla vecchia gestione (sino al 2006) al Gestore Unico. Progressivamente, in tanti si sono persino scordati di quell’opera così strategica per Tempio e tutta l’Alta Gallura.

Ad oggi, attendendo gli sviluppi nelle prossime settimane, è noto che l’assessorato ha messo a disposizione i residui passivi (spese impegnate ma non ancora pagate) risalenti a dieci anni fa; residui passivi della contabilità di ZIR ed ENAS per oltre quattro milioni di euro. Nella delibera n.5/23 dello scorso febbraio, si legge che per la parte restante (fonti non ufficiali parlano di un’opera che costerà almeno 6/7 milioni di euro) l’assessorato impegna il Consiglio della RAS alla copertura, per poter finalmente migliorare, si spera in tempi brevi, la condizione infrastrutturale di Tempio e l’Alta Gallura.

http://www.ilminuto.info/2015/03/ras-delibera-n-523-diga-di-lu-pagghjolu/

Master and Back. Aspetti tributari (Seconda parte, casi analoghi)

– Capitolo 6: Aspetti tributari.

Paragrafo 5.1: Cofinanziamento europeo e status di beneficiario.

meB

Il caso del Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali (2011)

Se per quanto riguarda l’art. 2 la soluzione prospettata è in linea con un respingimento delle richieste di rimborso da parte degli “studenti utilizzatori”, a diverse conclusioni si giunge nel momento in cui si analizza, a monte, il citato art. 80. Alcune interpretazioni dello stesso paiono aprire alle persone fisiche e un esempio in tal senso è costituito dal parere reso dal Ministero del Lavoro e Politiche Sociali nei confronti della Direzione Centrale Normativa, in occasione di un interpello dal contenuto pressoché analogo al precedente. Il Ministero si era infatti espresso in modo analogo all’Agenzia delle Entrate per quando concerne l’analisi dell’art. 2, affermando che “la definizione di beneficiario finale contenuta all’art. 2 comma 4, del Regolamento 1083/2006 (soggetto responsabile dell’avvio e dell’attuazione delle operazioni) risponde all’esigenza di individuare un livello di responsabilità nella conduzione dell’operazione: non sembra quindi che tale definizione si possa estendere alle persone fisiche destinatarie ultime delle azioni sovvenzionate, come ad esempio i borsisti o gli utilizzatori dei voucher formativi“. Sin qui sarebbe impossibile estendere il comma 4 dell’art. 2 ai borsisti ed utilizzatori dei voucher formativi, considerandoli beneficiari finali. A differenti conclusioni però si giunge nel momento in cui si analizza il contenuto dell’art. 80. Sempre il Ministero ritiene che “il contenuto e la ratio di detto articolo si estendano anche alle azioni in esame. Ciò che la norma intende escludere è in effetti semplicemente il dirottamento di qualsiasi parte dei contributi erogati e stanziati verso destinazioni diverse rispetto al sovvenzionamento in senso proprio del progetto finanziato“. Proseguendo si afferma che “nella fattispecie in parola, l’azione sovvenzionata è direttamente e propriamente la fruizione di attività formativa, cosicchè l’integrità del finanziamento deve essere misurata con riferimento ai trasferimenti strettamente funzionali a tale fruizione (come potrebbero essere le borse di studio o altri strumenti quali voucher formativi)“.

Di conseguenza l’Ufficio Consulenza dell’Agenzia delle Entrate ritiene non si debba applicare la ritenuta prevista dall’art. 24 del DPR n.600 del 1973 sui contributi di cofinanziamento assoggettati alle norme del Regolamento (CE) n.1083/2006 erogate sulla base del programma Master and Back nell’ambito del POR Sardegna FSE 2007-2013. Secondo un’altra interpretazione, invece, il beneficiario dell’intervento potrebbe essere individuato nell’Autorità di Gestione del POR, in quanto detto organismo parrebbe poter rientrare nella rigida definizione riportata dall’art. 2, comma 4, ed corrispondente alla definizione di “organismo pubblico responsabile dell’avvio delle operazioni“. Questa idea è confermata da una nota della Commissione Europea (DG Occupazione, Affari Sociali e Pari Opportunità – FSE monitoraggio politiche nazionali) inviata al Ministero del Lavoro (D.G. Politiche per l’Orientamento e la Formazione, al Coordinamento delle regioni C/o Tecnostruttura delle Regioni per il FSE e alle sedi delle singole Autorità di Gestione FSE (137).
Precedentemente, in data 8 giugno 2009, alla Commissione era stata palesata la necessità di individuare un criterio di classificazione e rappresentazione comune nella lista dei beneficiari di attività cofinanziate dal FSE, come appunto i voucher e le borse di studio.
Nella nota di risposta, inviata il successivo 15 luglio, la dirigente Alessandra Tornai afferma chiaramente che l’art. 2, al punto 4, esclude le persone fisiche, quindi di conseguenza anche gli studenti richiedenti, dal novero dei possibili beneficiari degli interventi cofinanziati.
Inoltre si afferma che “nel caso dei voucher e delle borse di studio/di ricerca, il beneficiario è l’organismo responsabile della gestione di tali dispositivi (servizi dell’autorità di gestione, università). Si condivide pertanto la proposta di considerare l’Autorità di Gestione, nei casi in cui essa sia responsabile della gestione dei voucher/borse, come beneficiario per tali attività“.

In questo modo, si amplia l’attribuzione dello status di “beneficiario” del programma, potendo ricondurvi anche l’Autorità di Gestione. In ogni caso, ed è ciò che rileva maggiormente in questa trattazione, tale interpretazione alternativa rigetta le istanze degli studenti al pari di quanto indicato dall’Agenzia Regionale per il Lavoro. Viene fornita un’indicazione ben precisa su chi individuare come beneficiario dell’intervento, senza però presentare argomenti ben precisi sulle motivazioni che spingono a classificare l’Autorità di Gestione del POR come beneficiario del programma. Inoltre, appare poco comprensibile lo stralcio della nota in cui “si coglie l’occasione per ricordare che, nei casi in cui l’autorità di gestione sia anche beneficiaria, deve esistere una separazione delle funzioni tra i compiti legati al ruolo di beneficiario e quelli che derivano dagli obblighi dell’autorità di gestione“.

In conclusione, secondo il parere emesso in relazione al ruolo dell’Autorità di Gestione, il prelievo avvenuto sulla parte di finanziamento europeo pare essere perfettamente legittimo.

Il caso della Società Porto Antico di Genova (2007).

Un altro caso che ha costituito giurisprudenza in questo contenzioso è quello della causa tra l’Agenzia delle Entrate di Genova e la società Porto Antico di Genova Spa e la successiva sentenza della Corte Europea. La sentenza richiama infatti il Regolamento (CEE) n. 4253/88 (138). All’art. 21, n. 3, comma 2, si legge difatti che “i pagamenti ai beneficiari finali devono essere effettuati senza alcuna detrazione o trattenuta che possa ridurre l’importo dell’aiuto finanziario al quale essi hanno diritto“.

Parimenti, la disciplina tributaria italiana all’art. 55, n.3 lett b) del DPR n.917 (139), prevede “che vengano considerate sopravvenienze attive i proventi in denaro o in natura conseguiti a titolo di contributo o di liberalità, esclusi i contributi di cui alle lettere e) ed f) del comma 1 dell’articolo 53 e quelli per l’acquisto di beni ammortizzabili indipendentemente dal tipo di finanziamento adottato. Tali proventi concorrono a formare il reddito nell’esercizio in cui sono stati incassati o in quote costanti nell’esercizio in cui sono stati incassati e nei successivi ma non oltre il quarto“.

Il contenzioso sorge in merito alla richiesta di rimborso presentata dalla Porto Antico all’Agenzia delle Entrate in quanto la prima sostiene che, in relazione all’anno fiscale 2000, sono state versate più imposte di quanto non fossero in realtà dovute. Il maggiore versamento si è avuto in quanto la Porto Antico ha erroneamente inserito nell’imponibile della propria dichiarazione dei redditi le somme ricevute dai Fondi strutturali comunitari e dalla Regione Liguria nell’ambito del ciclo di programmazione 1994-1999.

Quindi il dubbio verte sull’idea che l’art. 21, n. 3 possa essere compatibile o meno con l’art. 55 della legislazione italiana, il quale fa concorrere nella determinazione del reddito imponibile i contributi CEE. La sentenza si è espressa nel senso che in tal caso il regolamento europeo non osta all’applicazione di una disciplina tributaria nazionale. In questo caso, complicando maggiormente la vicenda, non ci si focalizza più su chi debba essere inquadrato come beneficiario, in quanto si sostiene l’idea che il prelievo sulla parte europea del finanziamento sia legittimo anche qualora si inquadrino come beneficiari gli studenti che ricevono i voucher.

Se è vero che il regolamento, nella sua formulazione, non consente alcun prelievo sui contributi dei beneficiari è anche vero che quella stessa formulazione non esclude il fatto che il reddito complessivo in cui confluiscono quegli stessi contributi possa essere assoggettato ad imposizione secondo quanto previsto dal DPR n. 917/86.

Richiamando anche una precedente pronuncia, la Corte ritiene che al fine di valutare se la disciplina europea osti a quella italiana occore esaminare se il prelievo tributario nazionale presenti un nesso diretto e intrinseco con il versamento dei contributi concessi dai Fondi strutturali. Si constata a tal proposito come l’impostazione prevista dal DPR n. 917/86 sia indipendente dall’esistenza dei contributi comunitari a favore della Porto Antico. Non si ha un’imposizione specificatamente connessa al contributo comunitario ma un’applicazione indistinta nei confronti di tutti i redditi societari, indipendentemente dall’origine degli stessi. Il prelievo fiscale non ha nessun rapporto diretto e intrinseco con le somme comunitarie ricevute e quindi sarebbe stato da considerarsi indebito solo se, ad esempio, la disciplina nazionale avesse previsto un prelievo ad hoc sul finanziamento comunitario in modo tale da decurtarlo alla fonte, cosa che ovviamente non è avvenuta.

Il caso “Ritorno al futuro” della Regione Puglia (2009)

Proseguendo la rassegna di pronunce in merito alla vicenda, un precedente sul quale i beneficiari hanno fatto spesso leva per ottenere il rimborso degli importi decurtati è quello pugliese.

La Regione Puglia, nel 2009, ha predisposto un programma molto simile al Master and Back, chiamato “Ritorno al Futuro”. Un elemento che gioca a favore delle istanze dei beneficiari e dei loro comitati è il fatto che il caso pugliese è quello che più si avvicina a quello del Master and Back.

Anche in questo caso, avendo previsto il programma nell’ambito del POR Puglia FSE 2007/2013 (140), si è presentato il problema dell’imposizione fiscale sulla parte comunitaria, ai sensi dell’art. 50 del T.U.I.R. e dell’art. 24 del D.P.R. n. 600/1973. L’anno di riferimento è il 2009 e l’amministrazione regionale ha inviato ai beneficiari delle borse le certificazioni CUD, relative agli importi erogati nel corso dello stesso 2009, indicando quale base imponibile il 100% del contributo previsto, compresa la quota di cofinanziamento comunitario. Questo al fine di consentire il conseguente assoggettamento ad imposta, eventualmente cumulato con altri redditi, al regime impositivo generale previsto dal T.U.I.R. Successivamente la stessa amministrazione ha presentato un interpello all’Agenzia delle Entrate in ordine alla legittimità dell’operato della Regione Puglia. La risposta fornita all’interpello è piuttosto chiara e ciò che in questa sede è importante riferire è la sua motivazione: “il beneficiario della specifica forma di aiuto europeo, individuato secondo la formulazione del predetto regolamento 1083/2006, risulta essere il soggetto al quale viene assegnata la borsa di studio oggetto del quesito in trattazione“.

Ciò che ha portato l’Agenzia delle Entrate pugliese a pronunciarsi in tal senso, avvallando la posizione degli studenti da rimborsare, è da rintracciare non solo nell’art. 2, comma 4, ovvero la parte del regolamento secondo la quale si tende a considerare gli studenti come non-beneficiari, ma principalmente nel comma 6 dello stesso articolo.

Secondo questo comma difatti l’organismo intermedio risulta essere “qualsiasi organismo o servizio pubblico o privato che agisce sotto la responsabilità di un’autorità di gestione o di certificazione o che svolge mansioni per conto di questa autorità nei confronti dei beneficiari che attuano le operazioni“.
Occorre sottolineare come nel testo del parere reso non si consideri, come generalmente è stato fatto nell’ambito del caso sardo, solamente il valore letterale delle norme prese a riferimento. In questo caso sembrerebbe assumere un peso determinante anche il programma pubblico nell’ambito del quale la presunta tassazione indebita viene operata; in tal mondo non si può non considerare il ruolo che gli organismi partecipanti rivestono nell’operatività dello specifico programma.
L’Agenzia delle Entrate riporta chiaramente: “l’ente interpellante [la Regione Puglia, ndr] riferisce che la propria partecipazione all’operazione avviene a titolo di “intermediaria” tra la Commissione europea e il beneficiario finale. In tal senso, il riferimento è al comma 6 del predetto articolo 2 del Regolamento (CE) n. 1083/2006 dell’11 luglio 2006 (141)“.

Appare chiaro come la decisione di considerare esenti da imposizione fiscale le somme europee non sia del tutto indipendente dalla natura del programma e dalle specifiche funzioni che i singoli attori hanno. A ben vedere, all’interno di un programma pubblico, la definizione di un ruolo (beneficiario, destinatario, organismo intermedio, etc) avviene anche tramite l’analisi delle azioni concrete che le persone fisiche, gli enti o gli organismi, hanno posto in essere “dando vita” al programma medesimo.
Un programma pubblico infatti non esiste al di fuori delle azioni concrete compiute da chi vi partecipa. Non è solo il “ruolo”, l’incarico formale o una dicitura che indicano “cosa sia” un singolo organismo, ma alla sua definizione contribuiscono in modo rilevante anche le attività realizzate e le funzioni concretamente svolte dallo stesso organismo. In sintesi, non è plausibile definire un organismo come “beneficiario” nel momento in cui, contemporaneamente, in una miriade di altri documenti ufficiali, lo stesso è stato definito come “intermediario” e in tal senso ha realizzato azioni di supporto, intermediazione e collegamento tra la RAS, della quale è emanazione, e gli studenti target del Master and Back.

Sul piano politico si sono occupati del problema alcuni consiglieri regionali (142) in occasione dell’interpellanza n. 161/A del 2 novembre 2010. Il contenuto dell’interrogazione solo per quanto riguarda la questione in esame (si chiederà conto anche dei ritardi nelle pubblicazioni) è il seguente:

Verificato che con deliberazione n. 52/40 del 3 ottobre 2008 – POR FSE 2007-2013 (Individuazione degli organismi intermedi e delle linee di attività loro delegabili), nel Programma operativo regionale – Regione Sardegna FSE 2007-2013 C (2007) 6081 del 30 novembre 2007 (Manuale delle procedure dell’Autorità di gestione – Versione 1.0 – gennaio 2009), e con deliberazione del 4 dicembre 2009 (POR FSE 2007-2013. Individuazione degli organismi intermedi e delle linee di attività loro delegabili. Modifica della Delib. G.R. n. 52/40 del 3.10.2008), l’Agenzia regionale del lavoro è riconosciuta quale organismo intermedio“[…] chiedono di interpellare il Presidente della Regione [Ugo Cappellacci, ndr], l’Assessore regionale del lavoro, formazione professionale, cooperazione e sicurezza sociale [Francesco Manca, ndr] e l’Assessore regionale della programmazione, bilancio, credito e assetto del territorio [Giorgio La Spisa, ndr] per sapere quali azioni urgenti abbiano assunto o intendano assumere […] perché venga finalmente chiarito l’obbiettivo di destinazione, a questo punto, di quel 40 per cento per borsa di studio del FSE se, attraverso meccanismi di tassazione, anziché essere destinato integralmente al laureato viene trattenuto dall’Amministrazione regionale soltanto per essere intermediaria dei fondi“.

Indipendentemente dalle rigide definizioni riportate nei regolamenti europei, i quali, presi fermamente a riferimento si sono dimostrati più un elemento di complicazione che di chiarimento, osservando le origini e l’evoluzione del programma si può affermare come l’Agenzia per il Lavoro difficilmente possa essere considerata la beneficiaria del programma. Essa risulta quindi essere maggiormente assimilabile, come nel caso pugliese, alla definizione del comma 6 piuttosto che in quella data dal comma 4. Se si considerasse realmente l’Agenzia Regionale per il Lavoro la beneficiaria del programma Master and Back, allora alcuni aspetti avrebbero bisogno di motivazioni ulteriori.

In primo luogo, disciplinare in modo compiuto la coincidenza tra la figura del gestore del programma e del beneficiario, alla luce del fatto che l’Agenzia Regionale per il Lavoro – incaricata dalla Regione Autonoma della Sardegna – è un organismo in house al quale assegnare la responsabilità dell’attuazione del Master and Back. Questo viene riportato chiaramente nella Guida alla consultazione dell’intervento per il periodo 2005-2008, che include l’Agenzia, assieme a Sardegna Ricerche, nella sezione Gestione del Programma e nella sottosezione I Soggetti Attuatori. In questo caso si rileva come, secondo le definizioni dell’art. 2, comma 6, del regolamento, l’Agenzia potrebbe rientrare a tutti gli effetti nella definizione di organismo intermedio.
A conferma della plausibilità di un inquadramento come organismo intermedio anziché beneficiario, vi è pure l’elenco delle funzioni e dei compiti che l’Agenzia medesima deve svolgere per l’attuazione del programma, in particolare il punto 4, come indicati nella Guida 2005-2008:

1. pubblicazione e gestione dei bandi/avvisi di gara, delle manifestazioni di interesse e della relativa documentazione;
2. segreteria Tecnica della Commissione Tecnico-Scientifica;
3. gestione delle reti di informazione;
4. help desk durante tutte le fasi di attuazione del programma per le diverse categorie di beneficiari;
5. gestione dei “dossier” amministrativi e formativi dei beneficiari, rapporti con gli organismi di formazione, i soggetti ospitanti e il Banco di Sardegna;
6. rendicontazioni bimestrali ai Responsabili di Misura delle spese effettuate e redazione di rapporti tecnici e amministrativi sullo stato di avanzamento delle attività.

È poco plausibile che, indipendentemente dalle articolate definizioni che si possono dare alla terminologia utilizzata, il beneficiario dell’intervento abbia la responsabilità di gestire uno spazio informativo che risponda a sua volta ai beneficiari medesimi. In ogni caso, sia che si propenda per individuare il beneficiario del programma nella figura dell’Agenzia Regionale per il Lavoro oppure in quella dell’Autorità di Gestione del POR, gli studenti non vengono considerati beneficiari finali dell’intervento ma destinatari delle attività svolte e questo, alla luce della reale operatività del programma in esame, appare una forzatura. In occasione delle comunicazioni tese a respingere le istanze di rimborso, l’Agenzia ha più volte richiamato il Vademecum per l’Operatore; questo è un documento redatto dall’Autorità di Gestione del POR, il quale – riprendendo unicamente l’art 2 del Regolamento CE – prevede che “in caso di sovvenzioni dirette ai singoli destinatari (per es. voucher di formazione o di servizio), beneficiario è l’organismo che eroga il finanziamento, ad esempio la Regione, la Provincia o altri Organismi Intermedi, poiché in tale caso l’organismo è responsabile dell’avvio dell’operazione (143)“.

In questo modo l’Agenzia Regionale per il Lavoro viene formalmente definita beneficiaria del programma attraverso motivazioni costituite da un documento redatto dall’Assessorato al Lavoro il quale è lo stesso organo che, assieme all’Assessorato all’Istruzione e quello alla Programmazione, ha qualificato come soggetto attuatore la stessa Agenzia. Nel corso del programma pare quindi che la figura dell’Agenzia abbia cambiato il suo ruolo nel programma, da soggetto intermediario a beneficiario finale.

Sempre nel Vademecum dell’Operatore, al fine di giustificare l’inquadramento dell’Agenzia come beneficiaria, viene descritta anche la figura dei destinatari, definiti come “soggetti (persone, imprese o organismi) che usufruiscono della realizzazione delle azioni, cioè delle singole attività nelle quali si sviluppa un intervento/progetto (144)“.

In definitiva, si possono rilevare almeno tre incongruenze nel comportamento della RAS.

1. Nel definire la figura del beneficiario, indipendentemente che questo venga definito da istituzioni locali o europee, si lega tale individuazione allo status di organismo “avviante” le operazioni del programma, ovvero Regione, Provincia, Organismi Intermedi. Si può infatti opinare sul nesso logico che soggiace a tale idea, visto che nella pratica dei programmi pubblici chi è responsabile dell’erogazione di una prestazione, monetaria e non che sia, è sempre un soggetto ben distinto da chi ne beneficia e verso il quale l’intervento si dirige. É anche difficile pensare ad un programma pubblico dove le due figure coincidano.

Per esemplificare, poniamo il caso della ASL che si occupa dell’istituzione di un servizio SERD (Servizio Recupero Dipendenze). Questo a sua volta, con uno staff di medici, infermieri e personale amministrativo, si rivolge ad una serie di pazienti che manifestano un bisogno di assistenza. Ora, difficilmente si può pensare ai beneficiari del programma come individui differenti dai pazienti in cura, nonostante la responsabilità della gestione delle operazioni presso le strutture SERD sia a carico del personale citato e nonostante il fatto che l’intera società beneficerà, in senso lato, del recupero di tossicodipendenti. Il SERD è al massimo un organismo intermedio qualificato attraverso il quale, anche finanziariamente, la ASL si rivolge ad un target che beneficerà di un servizio al fine di soddisfare un proprio bisogno;

2. Si pone un problema di tempistiche. Il Vademecum è un documento datato aprile 2010 e realizzato al fine di indicare “disposizioni di carattere generale relative all’ammissibilità delle spese ed ai massimali di costo riguardanti gli interventi finanziati dal Programma Operativo Regionale della Regione Autonoma della Sardegna – Fondo Sociale Europeo 2007-2013“. Di conseguenza, tale documento è stato concepito in un periodo nettamente successivo sia al Regolamento CE n. 1083/2006 che rispetto alle prime rimostranze. Alla data di pubblicazione del Vademecum, sul quale l’Agenzia fonda la maggior parte delle proprie ragioni, venivano già prelevati da tempo gli importi oggetto d’analisi dalle borse di studio dei beneficiari.

3. Infine, lascia per lo meno perplessi l’ambiguità con la quale si conclude la Sezione 1 del Vademecum. Questa sezione dovrebbe definire chiaramente lo status di beneficiario il quale si rivela in questo caso un elemento determinante al fine di comprendere se l’importo sia stato prelevato in modo legittimo o meno. Nel testo si può però leggere una conclusione, tra l’altro ben evidenziata: “nel corso del presente vademecum i termini “Beneficiario”, “Soggetto attuatore”, “Organismo gestore” e “Agenzia Formativa” saranno considerati tra loro sinonimi” . Questa affermazione desta più che un dubbio.

Sulla scorta del caso pugliese, si ritiene che la situazione si sarebbe potuta concludere già da tempo a beneficio degli studenti “beneficiari”, se l’Agenzia Regionale per il Lavoro si fosse mostrata più chiara e avesse ammesso, come ormai palese, il suo ruolo di organismo intermedio nel programma, indipendentemente dalle proposizioni riportate nei documenti ufficiali presentati.

Una presa di posizione in tal senso, avrebbe sicuramente sveltito la situazione e si ritiene che, grazie ad un’ammissione simile, le procedure di rimborso da parte dell’Agenzia delle Entrate si sarebbero potute avviare già da tempo, in quanto tra gli studenti beneficiari “reali” e l’organismo intermedio si sarebbe instaurato agevolmente un rapporto di collaborazione e supporto comune.

Note (137-144).

137. Presso queste ultime l’invio della lettera è avvenuto solo in formato elettronico.

-138. Come modificato dal regolamento (CEE) del Consiglio 20 luglio 1993, n. 2082.
-139. Approvazione del Testo Unico delle Imposte sui Redditi.
-140. In questo caso il cofinanziamento operava secondo le seguenti quote: 50% a carico del Fondo Sociale Europeo; 40% a carico del Fondo di Rotazione di cui all’art. 5 della Legge 183/87, quale contributo pubblico nazionale; 10% a carico del bilancio regionale.
– 141.             Fonte: http://ritornoalfuturo.regione.puglia.it/wp-content/uploads/2010/07/1027935.pdf

-142. Diana, Bruno, Solinas, Meloni, Agus, Barracciu, Cocco, Espa, Lotto, Meloni, Sanna, Soru e Sabatini.

-143. Pag. 6, Sezione 1, Beneficiari.
– 144. Glossario, pag. 84.

“Vogliamo la scuola sarda, non militari italiani” (di Scida*). Prima parte

borntokillita3In occasione del 4 Novembre Scida propone un’analisi del rapporto tra la Nazione sarda – ed in particolare tra i suoi giovani – e l’esercito di occupazione italiano.

*Originariamente pubblicato su Scida – Giovunus Indipendentistas, l’ 01/10/2013.  http://scida.altervista.org/

Indice:

1) Boleus sa scola sarda, non militaris italianus
2) Un mito da sfatare: le missioni di pace
3) L’esercito italiano in Sardegna
4) Antistoria della “Brigata Ascari”
5) Resistenza: diritto ad un futuro migliore!

Boleus sa scola sarda, non militaris italianus

Il 4 novembre è la data in cui lo Stato italiano celebra la “Festa dell’Unità Nazionale” e la “Giornata delle Forze Armate”. La data è stata scelta in quanto ricorda la vittoria del Regno d’Italia nel primo conflitto mondiale; leggiamo dal sito ufficiale dell’Esercito Italiano: “in questa giornata si intende ricordare, in special modo, tutti coloro che, anche giovanissimi, hanno sacrificato il bene supremo della vita per un ideale di Patria e di attaccamento al dovere: valori immutati nel tempo, per i militari di allora e quelli di oggi”.

Che cosa rappresenta l’Esercito Italiano? Tanto per un unionista, quanto per un indipendentista, le Forze Armate rappresentano la continuità storica dell’Italia nella sua unità istituzionale (dal 1861); il simbolo vivente di questa stessa unità attraverso 150 anni di storia, quanto l’istituzione che debba garantire questa unità, nella quale si riconoscono tutte le forze politiche italianiste. Non è un caso che questa ricorrenza sia – tra le festività laiche – l’unica che abbia attraversato tutte le tre fasi della storia italiana: dal Regno liberale al fascismo, fino alla Repubblica.

Ciò che segna il nostro distacco dalla visione unionista è, ovviamente, l’identificazione: lo Stato italiano – attraverso l’educazione, quanto per i mezzi di comunicazione di massa – ha cercato di infondere nei suoi cittadini l’attaccamento –  o meglio, Fede – alla “Patria italiana”, insegnando loro ad identificarsi storicamente con essa, attraverso una narrazione storica rassicurante, in cui l’Italia svolge sempre la parte di potenza buona, ed i suoi soldati la parte di Eroi, al servizio di cause sempre giuste, ed ineccepibili. Dalla lotta contro il brigantaggio – a compimento della “giusta” guerra piemontese contro i reazionari borbonici ed asburgici, ad un colonialismo tutto sommato bonario e coinvolto in una “missione civilizzatrice”, alla Grande Guerra contro i reazionari Imperi Centrali e per “liberare” le terre irredente, a compimento del Risorgimento; ad un colonialismo fascista, anche questo tutto sommato diverso dagli altri; alla lotta contro il nazifascismo, perché tanto Badoglio ed il regio esercito si misero a combattere la RSI, in nome della “vera Italia”… sino alle “missioni di pace” odierne, ove i “nostri soldati” svolgerebbero un lavoro al servizio delle popolazioni.

Noi giovani indipendentisti ci identifichiamo con la causa della nostra nazione colonizzata, sapendo inoltre di lottare in nome di valori universali, che ci permettono di sentirci solidali con tutti i popoli oppressi del mondo, in particolare quelli che hanno subito la violenza dell’Italia e del suo braccio armato. Se gli studenti sardi conoscessero le vere imprese dell’Esercito italiano, probabilmente sarebbero immuni dalle retoriche celebrazioni di questa giornata: le stragi compiute dai bersaglieri nel Meridione d’Italia (ad esempio, le centinaia di civili uccisi o bruciati vivi a Pontelandolfo e Casalduni); le innumerevoli stragi e violenze compiute dal contingente italiano in Cina ai primi del 1900; i crimini contro l’umanità commessi in Somalia, Eritrea, Libia, Etiopia dalla fine del XIX secolo alla fine dell’Impero (esempi: dall’eccidio di Massaua su ordine del tenente dei carabinieri Livraghi, alla strage di Sciara Sciat – 4000 libici uccisi nel 1911 – alle tonnellate di iprite sganciate dall’aviazione italiana contro gli abissini, alle deportazioni di massa, alla strage di Debra Libanos diretta dal generale Maletti); come dimenticare, poi, le eroiche azioni dei carabinieri nella Grande Guerra, a caccia dei “disertori”– cioè coloro che si rifiutavano di farsi massacrare per gli interessi del capitale italiano – sparando addosso o fucilando i soldati che si rifiutavano di uscire fuori dalla trincea; gli 8000 sloveni uccisi tra il 1941 ed il 1943 dalle truppe d’occupazione, per tacere delle migliaia di deportazioni ai danni delle popolazioni slave. Per tacere dei crimini commessi dalle forze armate italiane contro i suoi stessi concittadini: l’episodio più celebre è, probabilmente, quello delle cannonate di Bava Beccaris contro il popolo milanese. Alla luce di tutti questi atti criminosi; a noi sembra che celebrare l’Esercito Italiano non sia dissimile dal celebrare le SS! Vista la sorte di queste ultime, difficilmente i soldati italici si salveranno dalla pattumiera della storia!

RIFERIMENTI ESSENZIALI:

– Angelo Del Boca, Italiani, brava gente? (Neri Pozza, 2005)
– Fascist Legacy (Documentario BBC, 1989)

http://scida.altervista.org/vogliamo-la-scuola-sarda-non-militari-italiani/?doing_wp_cron=1425141576.6034629344940185546875

Master and Back. Aspetti tributari. (Prima parte generale)

Capitolo 6: Aspetti tributari.

Paragrafo 5.1: Cofinanziamento europeo e status di beneficiario.

meB Continua la lettura di Master and Back. Aspetti tributari. (Prima parte generale)

Tempio Pausania. Abbanoa, disagi: situazione normalizzata e problemi aperti

abbanoa_logoNuovi disagi in Alta Gallura nell’approvvigionamento idrico. In particolar modo, la città di Tempio Pausania ne è stata oggetto nelle giornate di venerdì e sabato a causa del guasto improvviso occorso alla rete nella mattinata di giovedì 19 febbraio.

Come riferito sul sito istituzionale di Abbanoa, i lavori di riparazione del tratto di acquedotto interessato si sono conclusi nella tarda serata dello scorso venerdì. I disagi di sabato dovrebbero, dunque, essere attribuiti alla scarsa pressione nella rete, ancora non pienamente ripristinata in seguito alla conseguente ricostituzione delle scorte nei serbatoi.

Al di là della gestione dell’imprevisto, al meglio delle attuali possibilità, si ripropone dunque la più ampia questione dell’infrastrutturazione e dell’approvvigionamento cittadino legato all’invaso di Pattada e la mancata valorizzazione di Lu Pagghjolu. La portata della rete interessata implica per Tempio e dintorni una maggiore possibilità di guasti e conseguenti disagi durante l’anno, oltreché ingenti costi elettrici per sollevamento e pompaggio lungo una notevole distanza.

Per quanto riguarda la messa a disposizione del servizio sostitutivo di Autobotte, questo ha servito prioritariamente luoghi sensibili come l’Ospedale Paolo Dettori, il carcere di Nuchis, varie scuole della città e altre strutture. Ulteriori disagi in capo a civili abitazioni e, soprattutto, numerose attività commerciali che hanno dovuto optare per l’acquisto da privati per il ricarico delle cisterne, in modo da far fronte alla contestuale Sfilata dei Bambini a conclusione della Sei Giorni.

La situazione è tornata alla normalità nella tarda mattinata di domenica ma per sicurezza l’autobotte è rimasta a disposizione anche nella giornata di lunedì.

Sassari. ENI e “bioeconomia”. Per “Darsena dei Veleni” prossima udienza 14 aprile

eni paola rizzuDopo l’udienza dello scorso 20 gennaio e le dodici parti civili ammesse,  si è tenuta lo scorso 3 febbraio l’ennesima udienza per l’inchiesta Darsena dei Veleni a carico di otto dirigenti del Gruppo ENI, nello specifico Syndial e Polimeri Europa, quest’ultima attualmente Versalis. Oltre le parti istituzionali (Ministero dell’Ambiente e Assessorato all’Ambiente della RAS) anche comitati come quello “No Chimica Verde“, assistito dall’Avv. Pina Zappetto.

Situazione disastrosa quella di Porto Torres e Sassari. In un incontro dello scorso 10 novembre, Francesco Pigliaru aveva dato appuntamento al successivo 3 dicembre per un importante incontro con ENI e una serie di stakeholders: Enti Locali, Novamont, Università. Pigliaru parlò con buoni auspici di un territorio in difficoltà con “un passato che pesa”  per il quale “si deve chiamare immediatamente ENI e chiedergli conto di investimenti per le bonifiche e nuovi investimenti produttivi“. Più ampiamente e a più voci si parlò di possibilità di sviluppo legate alla fantomatica “bioeconomia“.

Negli ultimi mesi si è parlato dei 150 milioni di euro e i 70 occupati del “Progetto Nuraghe” in capo ad una delle aziende, Syndial, al centro sia del processo sassarese che nuovi affari a Porto Torres. Il progetto riguarda la bonifica di 35 ettari utilizzati dalla Sir sino al 1982 come deposito di stoccaggio dei residui industriali (Minciaredda). La bioeconomia, termine molto di moda recentemente, non fa riferimento come si potrebbe pensare a progetti di  bonifica, ma alla “raffinazione chimica di terza generazione” con ricadute su filiere agricola, minori costi e rispetto della biodiversità. Insomma, alcuna controindicazione, solo da guadagnare.

Intanto sul territorio la Darsena è più dei Veleni che mai e Benzene e Dicloretano mietono vittime giorno dopo giorno spopolando il territorio. Oltretutto, come dichiarato da Paola Pilisio, portavoce del Comitato No Chimica Verde, sono necessarie vere e complete bonifiche, “non come quelle realizzate sino ad oggi, che hanno interessato solo la superficie dei terreni dove sono stati realizzati gli impianti Matrìca“.

La bioeconomia è appunto quella verde della chimica, il progetto Matrìca dell’ex ad di Novamont (attualmente ad ENEL), Catia Bastoli, e il famoso cardo della joint venture per il “Mater-Bi”Non a caso lo scorso autunno i titoli furono eloquenti: “Matrìca, blitz di Pigliaru: chimica verde, ci crediamo“, riconfermando l’opinione di Pigliaru sul progetto della Green Valley che già in campagna elettorale definì positivo per riassorbire i lavoratori espulsi dal ciclo produttivo della chimica tradizionale.

Più recentemente, a riprova che quella del 2011 col cardo nelle vesti di oro nero sardo non era propriamente un’idea win-win, la stessa ENI – dopo le indiscrezioni dei mesi scorsi – ha tagliato i finanziamenti per la centrale a biomasse da 43.5 megawatt. Buona notizia per il territorio e la conferma dopo quattro anni che il Re è ormai nudo e il cardo era ed è fondamentalmente un bluff.

Il 3 dicembre, alla presenza degli ad di Syndial e Versalis, si era stabilito nuovo incontro tra Pigliaru e l’ad di ENI, De Scalzi, per metà gennaio. In occasione dell’incontro di fine 2014  furono significative le affermazioni dell’Assessora all’Industria, Maria Grazia Piras, che riconfermava l’obiettivo di “incoraggiare la nascita di aziende che completino la filiera bio avviata con il progetto Matrìca“. L’Assessora all’Ambiente – Donatella Spano – ha inizialmente posto l’accento sulle bonifiche riguardo le quali “la Regione eserciterà un forte coordinamento territoriale e monitorerà l’iter degli interventi” andando poi a parare nuovamente sulla “bioeconomia”, intesa come chimica verde e  non bonifiche

Siamo fortemente interessati a tutte le iniziative che riguardino la sostenibilità ambientale, auspichiamo che la filiera delle bio-produzioni crei le condizioni per la diffusione sempre maggiore di acquisti green“.

L’Assessora Spano è la stessa che difese strenuamente i parlamentari del Partito Democratico che votarono a favore dello Sblocca Italia e l’innalzamento delle soglie tollerate per i metalli pesanti. La sua idea di sostenibilità ambientale pone così ulteriori dubbi sui benefici accreditati alla presunta chimica verde, bioeconomia o green valley che dir si voglia.

Nel frattempo, sul versante processuale, il Gup Antonello Spanu, dopo brevi procedure di rito, ha fissato l’udienza successiva il 14 aprile. Le accuse – disastro ambientale colposo e deturpamento delle bellezze naturali – coinvolgono Alberto Chiarini e Daniele Ferrari (rappresentanti legali delle due società), Francesco Papate (gestione siti da bonificare), Oscar Cappellazzo, Gian Antonio Saggese e Francesco Leone (responsabili Taf), Paolo Zuccarini (direttore di stabilimento) e Daniele Rancati (responsabile della sezione salute, sicurezza, ambiente).

In attesa della prossima udienza si può osservare la significativa espressione del sindaco di Sassari, Nicola Sanna, durante il citato incontro con Novamont del 10 novembre, nel quale si annunciava l’imminente incontro con ENI.

http://lanuovasardegna.gelocal.it/sassari/cronaca/2014/11/10/news/pigliaru-il-3-dicembre-incontro-con-eni-su-porto-torres-1.10283324

Abbanoa. Adiconsum sul piede di guerra. Vargiu: cause collettive in ogni tribunale, non pagate

abbanoa_logoDuro comunicato da parte del presidente dell’Adiconsum, Giorgio Vargiu, in merito all’ennesimo balzello di Abbanoa: 150 euro a famiglia, oltre 106 milioni complessivi a titolo di conguaglio a valere sul periodo 2005-2011.

Scelta in realtà in programma da mesi, ma ufficializzata recentemente dall’amministratore unico Ramazzotti che ha rassicurato nuovamente sulla solidità finanziaria di Abbanoa e sul fatto che non si “sta facendo cassa”; decisione avvallata dall’Assessore ai Lavori Pubblici, Paolo Maninchedda, che ha proposto l’intervento della Cassa conguagli che anticipi una prima parte dei 106 milioni per mitigare l’aggravio sui cittadini dopo il noto deposito cauzionale (anche questo ritenuto illegittimo dall’Adiconsum e altre associazioni di categoria).

Ramazzotti ha rimarcato che i calcoli di Abbanoa riferiti al periodo 2005-2011 comporterebbero un conguaglio complessivo di oltre 230 milioni. Sul punto l’amministratore parla di un tavolo aperto e un semplice dialogo di Abbanoa con l’Ato al fine di ottenere il riconoscimento dell’intera cifra che, chiaramente, è superiore a quanto accordato a causa dell’intervenuta prescrizione.

L’Adiconsum, assistita dai legali Dore e Casula,  parla di un’azione inibitoria davanti al Tribunale di Nuoro e una causa collettiva in ogni Tribunale della Sardegna. Una vera e propria dichiarazione di guerra con parole durissime e indicazioni precise agli utenti: “Non regalate soldi non dovuti ad Abbanoa e non pagate il conguaglio perché non è dovuto, non fate la domiciliazione bancaria perché correreste grossi rischi e non fate neanche reclamo, perché lo facciamo noi e il risultato vale per tutti gli utenti“.

A breve, i legali di Adiconsum presenteranno la richiesta di inibitoria al Tribunale di Nuoro,  sede legale di Abbanoa, e stanno già preparando un’azione giudiziaria collettiva davanti a tutti i tribunali sardi.  Stoccate anche nei confronti della politica  locale, spesso oltremodo accomodante nei confronti delle pratiche di Abbanoa, con poche comunità nelle quali apertamente si è presa posizione intervenendo concretamente per garantire un’adeguata tutela alle comunità rappresentate oggetto dei disservizi e pretese più disparate.

Inchiesta “Darsena dei veleni”. No Chimica Verde tra le parti civili. Prossima udienza, 3 febbraio

eni paola rizzu
Foto: Paola Rizzu.

Si è tenuta ieri a Sassari l’udienza preliminare del processo “darsena dei veleni” che vede indagati per disastro ambientale colposo e deturpamento delle bellezze naturali otto dirigenti di Syndial (ex Enichem, oggi bad company del gruppo Eni) e, sempre gruppo ENI,  Versalis (ex Polimeri Europa). Continua la lettura di Inchiesta “Darsena dei veleni”. No Chimica Verde tra le parti civili. Prossima udienza, 3 febbraio

A Foras! Quarta parte: lotta contro l’occupazione militare e lotta di liberazione nazionale (di Scida).

liberazione nazionale http://scida.altervista.org/aforas-cap-iv-lotta-contro-loccupazione-militare-e-lotta-di-liberazione-nazionale/

Le organizzazioni indipendentiste coerenti, il movimento studentesco (nella sua migliore espressione del Comitato Studentesco contro l’Occupazione Militare), le organizzazioni antagoniste ed i movimenti pacifisti e antimilitaristi della società civile sono gli unici che hanno preso una posizione netta contro la riqualificazione militarista di Quirra – condotta dal PD e da Pigliaru – e dunque gli unici che possono condurre una lotta coerente – fino alla vittoria – contro i poligoni militari, contro ogni esercitazione bellica, per la bonifica ed il riuso produttivo di tutti i siti militari dismessi?

Non si tratta di romantiche rivendicazioni di purezza ideologica o di rettitudine morale; anzi, si tratta di una questione prettamente materiale: tutti questi movimenti (e tutti gli individui che in essi militano) non hanno dei privilegi da difendere entro lo stato di cose presente.

Chi sostiene la Giunta Pigliaru non può essere considerato contrario all’occupazione militare. Ne consegue che questo Consiglio Regionale è un nemico della Nazione sarda ed il movimento antimilitarista dovrebbe chiederne le dimissioni e quindi nuove elezioni al fine di portare se stesso al governo della nostra isola. Fare affidamento sulla Giunta del Partito Democratico, sugli unionisti e sui collaborazionisti suoi alleati significherebbe solo giungere ad una risoluzione in senso reazionario del conflitto tra la nostra Nazione e lo Stato italiano, in favore di quest’ultimo e contro il nostro Popolo. La “Piattaforma Pigliaru” – che prevede come obiettivo massimo la chiusura di circa 9000 ettari di servitù su un totale di 35000, rifiutandosi di chiudere i 13000 del PISQ) rappresenterebbe un tradimento di tutti coloro (militanti dei partiti, simpatizzanti, semplici famiglie ed individui sensibilizzati alla questione delle servitù militari) che hanno partecipato alle mobilitazioni popolari e di tutti quei ragazzi che hanno rischiato seri problemi con la Giustizia con l’occupazione della Facoltà di Lettere e degli stessi poligoni di Capo Frasca e Teulada, al fine di impedire ogni tentativo di strumentalizzazione da parte delle forze di sistema; infine la delusione per la mancata soluzione, potrebbe provocare l’abbandono dalla lotta politica di diverse individualità sensibili, una grave perdita di autostima – e quindi di coscienza nazionale – da parte del nostro Popolo, che penserebbe di non poter ottenere nulla attraverso la propria azione autonoma dai centri di potere da sempre suoi nemici.

Il 17 novembre scorso, a Okinawa, si sono svolte le elezioni per il nuovo governatore. Queste sono state trasformate in una sorta di referendum sulla presenza militare statunitense nell’isola, portando alla vittoria il candidato più intransigente contro l’occupazione: Takeshi Onaga, il quale si è opposto con tenacia al tentativo di risolvere il problema con la ricollocazione della marina a stelle strisce in un’altra parte del territorio. Qualcosa di simile potrebbe avvenire in Sardegna, tenendo conto della crescita della sensibilità intorno al tema delle servitù, quanto alla crescita di consapevolezza di sé nel nostro popolo ed il suo rifiuto dell’attuale classe politica al potere (48% di astensione alle ultime Regionali).

L’indipendentismo è l’unico orientamento politico capace di collegare la questione delle servitù militari con la questione sociale e la questione studentesca entro un progetto di emancipazione reale del nostro popolo. Rappresenta, cioè, l’unica forza capace di condurre in maniera coerente e costante la lotta contro l’occupazione militare senza tendere al compromesso, senza scivolare nello spontaneismo ma facendone una questione nazionale e dunque capace di attirare a sé la maggioranza dei sardi, oppressi dalla Dipendenza coloniale e cioè dallo stesso Stato e dagli stessi interessi imperialistici cui si deve la presenza militare sulla nostra isola.

Ad esempio, nell’ambito studentesco, la mancata potestà legislativa in ambito d’istruzione trasformerà – con la riforma della scuola di Renzi e Giannini – la Vitrociset da principale collaboratore dell’IPSIA di Perdasdefogu a suo azionista di maggioranza. Una piattaforma nazionale, anticolonialista e antimilitarista al governo della Regione lottando per una Scuola ed Università sarda porrebbe fine alla ignominiosa compromissione dei nostri atenei e scongiurerebbe la pericolosa penetrazione di capitale privato nei nostri istituti scolastici.

Non è più tempo di aspettare. Ogni conflitto può essere risolto in senso reazionario o in senso rivoluzionario. Durante la Sarda Rivoluzione, il timore per il radicalismo condusse la fazione più reazionaria del movimento riformatore ad accettare la soluzione del problema feudale in senso favorevole alla dominazione piemontese, contro le masse sarde: introduzione del capitalismo e Fusione Perfetta. Oggi come tre secoli fa, i collaborazionisti, i reazionari, i conservatori, i privilegiati hanno come nemico principale il popolo sardo in rivolta e lo Stato colonizzatore ed occupante come alleato. Radicalizzare il conflitto sulle servitù militari è l’unico modo per giungere ad una soluzione favorevole alla nazione sarda. Riprendiamoci la nostra terra! Rifiuto di ogni compromesso! Il vero irresponsabile è chi invoca soluzioni parziali o invita alla collaborazione con la classe dirigente coloniale!

Scida, Giovunus Indipendentistashttp://scida.altervista.org/