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Abbanoa. Adiconsum, moduli per “dichiarazione di morosità preventiva” e omesse fatturazioni

abbanoaLa “dichiarazione preventiva di morosità” e l’omessa fatturazioni: due moduli per i consumatori per le segnalazioni alle autority.

Abbanoa nelle nuove fatture ha inserito un riquadro evidenziato in rosso, con quella che noi chiamiamo “dichiarazione preventiva di morosità”.

Dichiarazione con la quale si dichiarano morosi praticamente tutti  i 720.000 utenti di Abbanoa, nessuno escluso! Difatti in tale dichiarazione vengono ricomprese anche somme non pagate perchè oggetto di contestazione ancora in corso, somme non pagate perchè relative a fatture ricevute ma non ancora scadute e somme non pagate perchè relative a fatture predisposte dal programma di gestione dell’azienda ma non ancora inviate all’utente nè, conseguentemente, ricevute dal medesimo utente.
Ritenendo che ogni consumatore abbia il diritto/dovere di segnalare l’accaduto all’AGCM, per facilitare la comunicazione, abbiamo predisposto un modulo (allegato) da compilare, firmare e inviare via mail. Non solo, Abbanoa omette di fatturare a tantissimi utenti per motivi che a tutt’oggi rimangono sconosciuti.

Tutto ciò accade, quasi sempre ma non solo, dopo che l’utente ha inoltrato un reclamo.  L’omessa fatturazione, oltre a creare notevoli disagi agli utenti (famiglie e imprese) è da ritenersi di per se stessa una pratica commerciale scorretta e un mancato rispetto della Carta del servizio. Si pensi a ciò che può comportare per una famiglia non ricevere le fatture per svariati anni e riceverne una comprensiva di tutti i consumi realizzati nel corso del periodo interessato. Oppure per una impresa che deve chiudere i bilanci annualmente. Il tutto andando ad incentivare quello che è il fenomeno della cosiddetta “morosità indotta”, cioè conseguente alle bad practices del Gestore.

Anche in questo caso abbiamo predisposto un modulo da compilare, firmare e inviare via mail, con il quale ogni singolo utente, vittima dell’omessa fatturazione, potrà chiedere l’intervento dell’AGCM e dell’AEEGSI.

L’Adiconsum ha provveduto ad inoltrare la segnalazione, per ambedue i casi segnalati, alle Autority competenti. I due moduli possono essere scaricati dalla pagina Facebook di Adiconsum Sardegna e qui di seguito.

Il Presidente ADICONSUM, Giorgio Vargiu.

– ABBANOA_segnalaz. agcm-aeegsi x omessa fatturazione_mod.1

– ABBANOA_segnalazione agcm x dichiaraz.morosità_mod. 2

Tèmpiu Pausania. Palazzina Comando: dapoi di lu cunsiddu comunali infucatu, Frediani vi torrà a pruà

palazzina comando
Ex Palazzina Comando. Foto: La Nuova Sardegna

A Tèmpiu Pausania, lu Cunsiddu comunali ulgenti rimandatu prima di Pasca è cumpritu malt’ a sera, dapoi di folti discussioni innant’ a l’ex-Palazzina Comando e lu scàmbiu cu lu Demanio pa l’ex galera La Rutunda. Trabaddi di lu Cunsiddu puru innant’a alti algumenti impultanti: cunstatà un débitu fora manègghju, lu cambiamentu di lu Prugghjettu di Fabbricazioni pa La Custaglia e chissu Rigulatori pa lu campusantu. No v’è stata discussioni pa mancanzia, un’alta ‘olta, di lu nummaru ligali, cu li minurii chi ani lacatu lu Cunsiddu dapoi dilli intalghi privvisti e li trabaddi innant’ a la Palazzina.

Cun 11 a faori e 10 cuntrari, s’era dezzisu di filmà lu scàmbiu e chistu pa divessi muttii, comu lu pesu dilla dizzisioni illa cumpusizioni e gistioni di lu patrimoniu. Filmà tuttu, dunca, e discuttinni meddu, palchì in paricchji no ‘idini aba com’ abà un pruvvettu pa la cittài di un cambiu di distinazioni – cun mudifichi siguramenti no baratti e irrivribili – innant’ a un frabbicu missu a postu cun tutt’ alti miramenti.

S’è dizzisu cussì di cunghjlà la chistioni diffirèndila all’amministrazioni chi ‘enarà. La pinsata è chi, a un mesi da lu ‘ottu comunali, una dizzisioni cu effetti in un tempu longu andìa presa da ca’, illu mandatu soiu, si faciarà garrigu di la piena scudialtà politica e amministrativa di l’effetti chi sighini.

Chjaramenti, lu scàmbiu cu lu demanio e lu cambiu di distinazioni pa l’ex-Palazzina viniani appugghjati più che altu da lu Sìndicu Frediani, chi ha puru la delega a lu Patrimoniu. In un primmu momentu, s’è pinsatu a li dimissioni di lu Sìndicu cuntrariatu pa lu ‘ottu  di calched’unu di la magghjuria, comu l’assessori Luciano, chi all’ultimu momentu ha ‘uttatu a faori di l’istànzia di lu cunsidderi Marcello Moretto.

É statu cussì cunvucatu un altu cunsiddu comunali pa ogghj 13 abbrili, a li 9:30, pa discuttì e vuttà palesementi li punti no affruntati, ma puru palchì Frediani vò fulzà la manu finz’a turrà a vuttà lu scàmbiu cu lu Demanio. Saria un casu più unicu che raru.

Tempio Pausania. Palazzina Comando: dopo il consiglio comunale infuocato Frediani ci riprova

A Tempio Pausania, il Consiglio comunale urgente rinviato prima di Pasqua si è concluso nella tarda serata di martedì, dopo forti discussioni circa l’ex-Palazzina Comando e lo scambio con il Demanio per l’ex carcere La Rutunda. Lavori del Consiglio anche su altri punti importanti: riconoscimento di un debito fuori bilancio, cambiamento al Piano di Fabbricazione per La Custaglia e quello Regolatore per il cimitero. La discussione non si è tenuta per mancanza, nuovamente, del numero legale, con le minoranze che hanno lasciato il Consiglio dopo le interpellanze previste e i lavori sull’ex-Palazzina Comando.

Con 11 a favore e 10 contrari si era deciso di fermare lo scambio per diverse ragioni, come il peso della decisione nella composizione e gestione del Patrimonio. Fermare tutto e discuterne più approfonditamente, perchè in molti non vedono, ora come ora, la convenienza per la città di un cambio di destinazione – con modifiche sicuramente non economiche e reversibili – dopo il recupero della struttura con tutt’altre finalità.

Si è così deciso di congelare la questione posticipandola all’amministrazione seguente. L’idea è che ad un mese dal voto comunale una decisione che implica effetti nel lungo periodo vada presa da chi, nel proprio mandato, si farà carico della piena responsabilità politica e amministrativa degli effetti che seguiranno.

Chiaramente, lo scambio col Demanio e il cambio di destinazione per l’ex Palazzina vengono sostenuti soprattutto dal Sindaco Frediani, titolare della delega al Patrimonio. In un primo momento si è parlato di dimissioni del Sindaco contrariato per il voto di qualche componente della maggioranza, come l’assessore Luciano che all’ultimo momento ha votato a favore della mozione presentata dal consigliere Marcello Moretto.

È stato così convocato un altro consiglio comunale per oggi 13 aprile, ore 09:30, al fine di discutere ovviamente i punti non evasi, ma anche perché Frediani vorrebbe forzare la mano e rivotare anche in merito allo scambio col Demanio. Sarebbe un caso più unico che raro.

http://www.ilminuto.info/2015/04/tempio-pausania-palazzina-comando-dopo-il-consiglio-comunale-infuocato-frediani-ci-riprova/

Tèmpiu Pausania. Aspittendi li manutinzioni, disaccelti illu silviziu ìdricu a Pasca

 

pagghjoluÉ priiduta e avviltuta cun tempu illi dì passati da Abbanoa la riduzioni di prissioni ill’irrezza idrica da luni chi veni, la dì 13, a chiss’infattu, la dì 20 d’abbrili. Lu muttiu  so li trabaddi pa manutinzioni prugrammati innantu a l’impiantu di limpiatura di l’ea di Pattada. Abbanoa ha rassiguratu chi no vi doaria esse mancanzìa d’ea, grazi’a la rigulazioni di l’impianti di sulleu e accuidotti. Ma lu chi è suzzessu in Tempio Pausania illi ciurrati di Pasca e Luni di Pasca non era siguramenti previdutu.

Da ‘ennari finz’ arimani a notti, l’ea è mancata in divessi cussogghj di la cittài; sabbatu e duminica palticularmenti si so auti li dissilvizi più manni. Uffizialmenti li muttii so sempri li matessi: guasti impruvvisi, e chista ‘olta puru più d’unu in altettanti lochi di lu paesi. Si è veru come è veru chi l’imprevistu po sempri cumbinà e lu Gestori Unicu no lu po’ previdì, è altettantu ‘eru chi chisti so sempri più frecuenti in infrastrutturi idrichi bistrasciati e un’organizzazioni di l’irrezza inetta, cu la magghjuria di l’ea chi si paldi in ghjriolu pa la Saldigna cun dissilvizi e sprechi chi  crescini di mesi in mesi.

Pa la chita chi veni, paricchji in Tèmpiu si dummandani si v’è d’aspittassi più disaccelti di cantu Abbanoa no n’agghja priidutu e, a occhji puru all’annu e mezu passatu,  si la situazioni sarà avveru suttu cuntrollu.

Tempio Pausania. Aspettando le manutenzioni, disagi nel servizio idrico a Pasqua

È prevista ed è stata comunicata nei giorni scorsi da Abbanoa la riduzione di pressione nella rete idrica da lunedì prossimo, giorno 13,  a quello seguente, 20 aprile. La causa sono  i lavori per la manutenzione programmata sull’impianto di potabilizzazione di Pattada. Abbanoa ha rassicurato che non dovrebbero esserci interruzioni del servizio, grazie alla regolazione di impianti di sollevamento e acquedotti. Ma ciò che è accaduto a Tempio Pausania nelle giornate di Pasqua e Pasquetta non era sicuramente previsto.

Da venerdì notte sino a ieri mattina, l’acqua è mancata in diversi circondari della città; sabato e domenica in modo particolare si sono registrati i maggiori disservizi. Ufficiosamente, le ragioni sono quelle note: rotture improvvise e questa volta più d’una in altrettanti punti del paese. Se è vero come vero che l’imprevisto può sempre occorrere e il Gestore Unico non può prevederlo, è altrettanto vero che questi sono sempre più frequenti in infrastrutture idriche disastrose e un’organizzazione della rete inefficiente, con la maggior parte dell’acqua che viene dispersa in giro per la Sardegna con disservizi e sprechi che crescono nel corso dei mesi.

Per la prossima settimana, in tanti a Tempio si chiedono se c’è da attendersi più disservizi di quelli che Abbanoa non abbia previsto e, anche alla luce dell’ultimo anno e mezzo, se la situazione sarà realmente sotto controllo.

http://www.ilminuto.info/sc/2015/04/tempio-pausania-aspettando-le-manutenzioni-disagi-nel-servizio-idrico-a-pasqua/

Cagliari. Fiu su Galletti in Sardegna: basta passerelle degli scendiletto del Colonialismo

galletti spano bastioli
Gian Luca Galletti, con Catia Bastioli e Donatella Spano all’inaugurazione di Matrica (giugno 2014). Foto: La Nuova Sardegna.

L’arrivo in Sardigna del ministro italiano all’ambiente e alla tutela del territorio, Gian Luca Galletti (UDC), oggi martedì 7 aprile, non indica certamente niente di buono. D’altronde, come potrebbe essere diversamente? Sappiamo bene come gli interessi italiani inquadrino le risorse naturali e, in generale, l’ambiente sardo. Da sempre la Sardigna è il banco buono dal quale attingere all’occorrenza o, inversamente ma coerentemente, il deposito dentro il quale riversare le esternalità della produzione industriale italiana. La Storia ci indica chiaramente il ruolo della Sardigna come forziere dal quale attingere e l’importanza – ad esempio – dei boschi e delle foreste sarde nello sviluppo industriale italiano e, in particolare, nel rifornimento di legname e carbone; Camillo Benso Conte di Cavour e i suoi successori questo lo sapevano molto bene. Tuttavia, lo Stato italiano e la predazione ambientale in Sardigna incarnano aspetti piuttosto recenti e la conseguente difesa della nostra Nazione non rappresenta uno sbiadito rigurgito ostile all’unitarietà italiana. Già da allora – purtroppo – la Sardigna ha fornito il ferro per i cannoni e il territorio per addestramenti, esercitazioni e sperimentazioni di ogni genere. È stata la Sardigna la terra delle contrattazioni dell’Italia e dei suoi presunti alleati internazionali; in realtà, come nel caso degli USA, più che un’alleanza vi è stata e vi è tutt’ora una sudditanza nella quale la Sardigna è sempre stata una strategica merce di scambio.

Il colonialismo è oggi ed è più attuale che mai. Se negli anni ’50, in Ogliastra, lo Stato italiano costruiva “pace” e “miracolo economico” deportando letteralmente oltre 25.000 sardi per far spazio a ciò che poi sarà conosciuto come PISQ, la desertificazione odierna in molte aree non ha nulla a che invidiare a quel sottosviluppo indotto. Oggi lo Stato italiano, in gran parte, non ha necessità di utilizzare la forza militare per appropriarsi dei capitali funzionali ai propri interessi strategici, ma si adopera per creare incentivi individuali e ben mirati ad oliare dei centri di potere cruciali alla sua opera di disarticolazione della società sarda, mentre la propaganda è più ruffianamente adulatrice verso i sardi e meno razzistoide che in passato, quando nei quotidiani italiani i sardi venivano descritti come poveretti ai quali l’esercito portava un poco di benessere. Lo abbiamo proprio visto e studiato nell’ultimo mezzo secolo questo grande sviluppo. Abbiamo tanti esempi di questi interessi e delle relative prebende, ben volentieri corrisposte da uno sfruttatore al fine di tener buone alcune piccole parti della società sarda e, tramite queste, perpetuare lo sfruttamento su un’intera Nazione. Ad esempio, in questo senso vanno i 12 milioni di euro annui di indegni e umilianti sussidi alle amministrazioni comunali per le servitù militari che per lo Stato italiano generano affari miliardari o, magari, i noti cantanti italiani che la famiglia Moratti dona gentilmente alla popolazione di Sarroch, tra una pagina di propaganda e l’altra su quotidiani sardi.

Tali affari per l’Italia non possono prescindere dal riversamento di esternalità ambientali sulla nostra Isola. Se l’Italia internalizzasse quei costi sociali e non avesse la possibilità di espellerli su comunità distanti 300 km dal proprio Stato, non ci sarebbero i profitti milionari delle note Finmeccanica. Così si inquadra, sulla nostra schiena, la competitività italiana, storicamente perseguita con lo schiacciamento salariale e l’espulsione di esternalità, più che tramite l’aumento della produttività. Per questo, il DL Competitività (meglio noto come Sblocca Italia) nel 2014 ha sdoganato di fatto il terrorismo: vengono tollerati maggiormente, in alcuni casi di gran lunga, i metalli pesanti nelle aree limitrofe ai Poligoni militari. Del genere inquinamento adiacente ad inquinamento non è reato.

Risultato? Ciò che prima era impattante e potenzialmente letale, e di conseguenza oneroso in termini di bonifica e riconversione, oggi non lo è più perché per gli italiani la soglia di accettazione del rischio si è innalzata per decreto. Decreto votato dai parlamentari sardi del PD vergognosamente giustificati dall’Assessora all’Ambiente Donatella Spano, che nell’ultimo anno si è dimostrata ostile come pochi agli interessi dei sardi e completamente non all’altezza di rivestire un ruolo così delicato. Altrettanto imbarazzante la figura dell’Assessora circa le zone SIN e le dichiarazioni sul sovradimensionamento delle aree inquinate in Sardegna che – a suo dire – creano allarmi ingiustificati e danni di immagine alla Sardigna. Oltretutto, mentre pensa maldestramente a dare copertura alle peggiori malefatte italiane in Sardigna, dimentica di richiedere i danni sull’incidente di Capo Frasca e le decine di ettari andate in fiamme in un’esercitazione dell’esercito tedesco. Come noto, la R.A.S. non ha difatti presentato alcuna richiesta di risarcimento al Ministero della Difesa italiano e notiamo sempre celerità nell’imbonire la popolazione su nuove forme di sfruttamento, come la panacea dei cardi e della chimica biologica a Porto Torres o la presunta trasparenza della propria Giunta circa le decisioni sull’inceneritore di Tossilo.

L’ambiente, per le sue caratteristiche e il rapporto inscindibile con il sistema socioeconomico, è la cartina tornasole dell’impoverimento sistematico della Sardigna. Mentre si continua a credere alla falsa disponibilità di uomini dei partiti italiani in Sardigna – scendiletto di professione come Paolo Maninchedda, Michele Piras, Gianfranco Ganau e, non da oggi, Francesco Pigliaru – lo Stato italiano continua la pantomima sul luogo di stoccaggio delle scorie, dal momento che la lista dei luoghi potenziali individuati dall’ISPRA è stata già consegnata al Governo italiano. Oggi, dopo la recente visita della Presidentessa della Camera Laura Boldrini, lo Stato cerca di indurre i sardi a pensare che ci siano degli interessi in comune tra la Sardigna e l’Italia e l’attenzione di qualche ministro o alto rappresentante dello Stato cerca di distendere la tensione in vista delle amministrative di maggio alle quali saranno chiamate alle urne oltre cento comunità sarde. Mandare in avanscoperta il proprio ministro è utile a ribadire gli equilibri tra potere di Stato e non potere dei colonizzati, i quali, al massimo, potranno bearsi di vedere – persino – un “potente” ministro italiano far finta di interessarsi alle condizioni della Colonia più importante e, magari, rassicurare gli abitanti di quest’ultima in caso di un’eventuale scelta come sito di stoccaggio.

Come sempre i tentativi di pressione nei confronti di rappresentanti unionisti in regione ottengono l’effetto di stringere ancor meglio il guinzaglio da parte del loro padrone continentale. Per questo, e per non veicolare false speranze del nostro popolo in questa gente, non abbiamo partecipato al sit-in di protesta a Cagliari. Come indipendentisti non possiamo organizzare passerelle per i partiti italiani, dobbiamo trovare il modo di unire le nostre forze e opporci al modo vergognoso e scellerato con cui la Nazione viene svenduta sistematicamente. Il Colonialismo è strutturale, non riguarda una o qualche scelta meramente scellerata o poco ponderata: lo Stato italiano in Sardigna avrà sempre l’atteggiamento conquistadores e – scientificamente – non può essere diversamente. Dobbiamo sostenere le popolazioni e i territori affinché non accettino la presenza, e neanche solo l’idea, del Deposito Unico. Il nostro popolo ha già pagato e sta ancora pagando abbondantemente il prezzo di questa “Unità”, come la chiamano loro. Per noi indipendentisti è e rimarrà un’annessione, funzionale ad un sottosviluppo indotto lucroso per gli interessi strategici italiani.

Fintzas a s’indipendèntzia

Fronte Indipendentista Unidu

Bono. Fronte Indipendentista Unidu e Abbanoa, le comunità si organizzano

bono abbanoaSabato 28 marzo si è tenuta a Bono l’assemblea popolare organizzata dal Fronte Indipendentista Unidu in merito ad Abbanoa e le molteplici problematiche che riguardano il Gestore Unico, le quali ricadono pesantemente sulla vita delle comunità della Nazione sarda. Tra i tanti aspetti in discussione, in particolare, fatturazioni anomale (“bollette pazze”), conguagli regolatori e depositi cauzionali. In seguito agli interventi dei relatori e il successivo dibattito, l’amministrazione comunale di Bono si è dichiarata favorevole a mettere a disposizione un locale per agevolare nel futuro prossimo le azioni degli utenti interessati al fine di beneficiare di un’adeguata tutela, coordinando così allo scopo le comunità di Bono e Goceano, le amministrazioni comunali e l’associazione di categoria in questione, l’Adiconsum presieduta dal Dott. Giorgio Vargiu.

Fronte Indipendentista Unidu

Macomer. Il Fiu su revamping di Tossilo e sit-in di sabato 28 marzo

tossilo
Il Fronte Indipendentista Unidu ribadisce pieno sostegno all’attività del comitato cittadino Non Bruciamoci il Futuro in lotta contro il progetto per il nuovo inceneritore di Tossilo (Macomer) da 60 mila tonnellate di rifiuti l’anno.

Riteniamo sterili le rassicurazioni dell’attuale Assessora all’Ambiente, Donatella Spano, circa la trasparenza che l’esecutivo Pigliaru adotterà, posto che la stessa è condizione minima di governo e non valore aggiunto. Ricordiamo, inoltre,  tre le varie posizioni poco rassicuranti per la salute dei sardi espresse nell’ultimo anno, il voto favorevole dei parlamentari del Partito Democratico eletti in Sardegna sull’innalzamento delle soglie tollerate di metalli pesanti nelle aree limitrofe ai Poligoni militari (Dl Competitività”). Riguardo i 16 consiglieri “dissidenti”, apprezziamo la presa di posizione, ma ribadiamo che la moratoria sull’incenerimento rifiuti fu argomento di forte dibattito già dal 2010, quando l’attuale Assessore ai Lavori Pubblici, Paolo Maninchedda, se ne fece pubblicamente promotore. Lo stesso Maninchedda presiede il Partito dei Sardi che esprime proprio a Macomer il primo cittadino, Antonio Onorato Succu. Riportava così Sardinia Post lo scorso novembre. “Prova ne sono i dati relativi alla mortalità, da considerare confortanti, e alla mortalità per tumori, in aumento ma pur sempre inferiori a quelli di Nuoro e Ottana, forniti da uno studio condotto dall’Asl (su richiesta dello stesso Succu, ndr) e i bassi tassi di malattie respiratorie e patologie cardiovascolari riscontrati nell’area” – ha detto Succu nel corso di una recente conferenza stampa indetta insieme ai sindaci di Borore, Dualchi e Bolotana a cui hanno partecipato anche il Presidente della Tossilo S.p.A. Giovanni Demontis e due rappresentanti dei sindacati”.

Invitiamo dunque il Popolo sardo a mantenere altissima l’attenzione sul tema, sostenendo e partecipando il sit-in di sabato 28 marzo, alle ore 11:00, presso gli impianti di incenerimento di Tossilo, per ribadire, coerentemente, l’assoluta necessità e urgenza di una moratoria nazionale sarda sull’incenerimento dei rifiuti.

Fronte Indipendentista Unidu

Sviluppo locale. Economia e cultura: transizione verso la sostenibilità?

bauladuIn seguito alla tre giorni della VI edizione di Ananti de sa Ziminera a Bauladu, si propone un breve approfondimento sul tema dell’economia culturale e dello sviluppo locale, ovvero gli eventi culturali – in ottica diffusa – come potenziale di sviluppo socioeconomico. Una possibilità di incremento di valore aggiunto nell’economia da apprezzare anche e soprattutto per una transizione verso una reale sostenibilità socioeconomica,  creando al contempo un valore – appunto – diffuso. In una realtà come quella della nazione sarda, il concetto di diffuso è legato ad un aspetto duplice. Da un lato ad uno schema micro, diffusamente inteso come valorizzazione di parti della specifica comunità, spesso poco popolata e con dinamiche di spopolamento in atto o a rischio, dotate di grandi capitali improduttivi; dall’altro nella diffusione geografica dei paesi e degli abitanti stessi sul vasto territorio nazionale sardo. A tal proposito la demografia e l’orografia sarda costituiscono tratti preminenti della nazione e in tal caso la fusione delle due declinazioni di “diffusione” si possono combinare nell’ottica di una gestione completamente differente dell’indotto turistico, ampliando di parecchio la prospettiva di analisi socioeconomica, in particolare sul campo della sostenibilità e della promozione dello sviluppo umano. Questo tipo di approccio economico alle politiche pubbliche, rileva una serie di benefici e, più importante, rappresenta un caso in cui si possono rintracciare delle esternalità positive nella distribuzione dei redditi, contrariamente a quanto accade in realtà industriali o meramente turistiche fortemente congestionate, rivestendo al contempo un ruolo di integrazione economica per quelle tante comunità che spesso, per mancanza di un certa cultura di base o per competizione cannibalizzante, faticano a lavorare comunemente e con profitto in strutture associative intercomunali. I Comuni in Sardegna con meno di 5.000 abitanti rappresentano oltre l’80% dei 377 totali e quelli con meno di 1.000 residenti costituiscono quasi un terzo delle municipalità sarde; l’interscambio economico generato, oltre all’attrattiva rispetto a zone più densamente popolate, costituisce un’integrazione positiva in quanto basata su attività economicamente sostenibili e riveste un aspetto cruciale per quei sistemi economici micro storicamente interrelati in una più ampia regione storica. Si può, così, contribuire ad arginare varie dinamiche di sperequazione territoriale, con la riduzione delle diseguaglianze e  uno sviluppo economico equilibrato.

All’interno:

– testi: Davide Corriga.
– infografica: Franciscu Pala.

http://www.eloe.eu/articles/pdf/ELOE15.pdf

Vogliamo la scuola sarda, non militari italiani (di Scida). Quarta parte: Antistoria della “Brigata Ascari”.

 borntokillita3Antistoria della “Brigata Ascari”

 “La Sardegna è un ottimo materiale da guerra: dà alla guerra l’uomo dal cuor di leone ed il ferro per i cannoni”

(Pasquale Manca, milite della Brigata Sassari, 1914)

Chi è un ascaro? Con questo termine – derivante dall’arabo῾askarī, soldato – si indicavano gli autoctoni dell’Africa Orientale, raggruppati entro truppe coloniali al servizio dell’esercito italiano occupante. Gli ascari sono uno dei numerosi esempi storici di corpi coloniali, formati da membri della nazione occupata. Si possono citare i sepoy, indiani al servizio degli inglesi; gli zuavi, algerini al seguito dell’esercito francese. Nella colonia Sardegna, la Brigata Sassari ha rivestito l’equivalente storico di tale fenomeno.

Mentre in qualche nazione colonizzata (vedi la guerra d’indipendenza indiana del 1857, sorta da un ammutinamento delle truppe indigene o la guerra di liberazione algerina, tra i cui capi – come Ahmed Ben Bella – vi furono ex soldati del Corpo di Spedizione Francese in Italia, composto per lo più da nordafricani, durante la seconda guerra mondiale) la creazione di un tale raggruppamento ebbe un effetto progressivo, nella nostra isola esso fu un fortissimo strumento di unione, colonizzazione mentale dei sardi, attraverso l’identificazione indotta nella Brigata ed il suo “tributo” di sangue.

La mistificazione della storia della brigata tatarina va allo stesso ritmo della narrazione storica propagandistica italiana. Quest’ultima, raccontando il suo Novecento, ha agito su due fronti: l’eroismo dei soldati della Prima Guerra Mondiale; il vittimismo dei soldati che hanno preso parte al secondo conflitto. Nel primo caso, si è puntato ad esaltare le imprese che consentissero di coprire la triste verità: migliaia di contadini e pastori spediti in trincea, al fine di portare l’Italia – quindi i suoi capitalisti – fra le grandi potenze imperialiste, fra le angherie degli ufficiali e costretti a scegliere se farsi trucidare dagli austriaci o farsi uccidere dai carabinieri; giovani nazionalisti esaltati e plagiati che finiranno per alimentare le file del movimento fascista. In Sardegna, contadini e pastori avevano ben altro cui pensare che alle “terre irredente” o all’arciduca Ferdinando ed ai grandi giochi imperialisti. Nei primi del Novecento, il mondo agropastorale sardo fu sconvolto per la soddisfazione delle esigenze del mercato: l’industria casearia italiana giunse nell’isola, imponendo i nuovi ritmi produttivistici capitalisti, con l’espansione dell’ovino e dei pascoli a danno dei contadini e degli stessi pastori, costretti a pagare affitti esorbitanti, privi di potere contrattuale nei confronti dei printzipales ed esposti all’usura. Nel 1913 le masse si sollevarono in diversi comuni, per chiedere misure speciali contro il crollo delle produzioni agricole, la siccità, la moria di bestiame, il rialzo del costo della vita. Nel 1914, 6000 operai furono licenziati dalle miniere iglesienti, vista della rottura dei contatti con i proprietari dovuta allo scoppio del conflitto. Nel 1915, nuove mobilitazioni popolari contro fame e disoccupazione. Tutto il contrario di una presunta volontà di combattere, al fine di integrarsi nell’Italia. La risposta del Regno fu la guerra: 98000 mobilitati, 17000 morti e dispersi (1754 caduti nella Brigata Sassari, su 6000 effettivi). Al ritorno a casa, oltre a trovare una situazione peggiore di prima, i soldati furono anche traditi dai propri dirigenti più maturi (i padri del sardismo), che invece di catalizzare la rabbia popolare verso la lotta di liberazione, decisero di portarlo nell’alveo del nazionalismo italiano. Non sappiamo, infine, se – per i soldati caduti in battaglia – siano state peggiori le baionette austriache o i deliranti proclami che vengono declamati in loro “onore” da uomini politici mediocri, in nome della dipendenza della nostra nazione. Per quanto concerne la Seconda, si punta sul descrivere i soldati italici come delle vittime di una dittatura che si lasciò coinvolgere in un conflitto privo di senso; a questo proposito, si è praticato un duro taglio strumentale alla narrazione degli eventi: ampio spazio dato alle “gesta” dell’esercito italiano in Africa ed in Russia – il quale, secondo la vulgata filoitaliana, avrebbe dato prova di eroismo nonostante le difficoltà e l’infido alleato tedesco, come ad El Alamein; quasi oblio, invece, riguardo le vicende delle forze armate italiane in Iugoslavia, nonostante in essa fosse occupato ben 1/3 dell’intero schieramento mussoliniano. Evidentemente, è stato molto difficile trovare tracce di nobiltà in quel fronte, ove gli italiani furono attivi quanto i nazisti nel rastrellare le popolazioni, creare campi di concentramento, devastare centinaia di villaggi combattere i patrioti slavi. Molto meglio rimuovere. E la Brigata Sassari?

La letteratura trabocca di racconti sui reggimenti dei “Dimonios” sul Carso. Grazie a quanto hanno scritto Gramsci, Lussu e Bellieni abbiamo una minima conoscenza del fatto che la Brigata Sassari sia stata impiegata – durante il Biennio Rosso- per “operazioni di ordine pubblico”, ovvero per reprimere gli operai in rivolta e proteggere la proprietà. Sappiamo che i due leader del sardismo chiesero lo scioglimento della Brigata, piuttosto che vederla partecipare ad atti ignominiosi; tramite il grande pensatore di Ales, invece, abbiamo conosciuto il malinteso senso di identità sarda dei soldati della Sassari, un raggruppamento “etnico” forgiato dal dominatore per dirigerlo verso i suoi interessi. Ci racconta l’intellettuale marxista che i tatarini erano ingenuamente convinti di svolgere un’azione meritoria poiché, in quanto sardi, vedevano negli operai torinesi dei nemici, proprio in quanto “piemontesi”. Esattamente come hanno fatto i paesi imperialisti nelle proprie colonie: al fine di assicurarsi la fedeltà di colonizzati, giudicati infidi ma allo stesso tempo come forieri di una ferocia degna di essere catalizzata, si rende necessario creare dei reggimenti su base etnica. Così, gli italiani hanno esaltato la carne da cannone sarda come gli inglesi hanno esaltato il valore dei propri Gurkha (“bravest of the brave, most generous of the generous”, nepalesi inquadrati nell’esercito britannico) o i francesi hanno esaltato i tiratori algerini o gli zuavi (è celebre il monumento in onore agli zuavi combattenti in Crimea, ad opera di Georges Diebolt).

Ma se i nostri studenti, oltre le gesta di Lussu e compagni, conoscessero pure la vicenda della Brigata Sassari in Iugoslavia (detta, dal 1939 “Divisione Sassari”, poiché agli storici 151° e 152° Reggimento si era aggiunto il 34° Reggimento artiglieria) si identificherebbero ugualmente con essi? Ne dubitiamo fortemente.

Abbiamo preso una donna prigioniera (…) Ci siamo accorti che era incinta, forse di sette-otto mesi. (…) Se dici ‘viva Mussolini’ ti perdoniamo e ti lasciamo andare” le abbiamo detto. Non siamo riusciti a convincerla. “Zivio Stalin, viva Stalin” urlava. Ho provato un sacco di volte a convincerla, ma lei niente. Quando ha gridato di nuovo “Zivio Stalin” le ho sparato un colpo in testa.”

“Un giorno abbiamo preso prigioniero un uomo di 70-80 anni, un vecchio che capeggiava una banda di comunisti (…) In un paio l’abbiamo preso, gli abbiamo fatto scavare la fossa e lo abbiamo ucciso.”

Una volta abbiamo scoperto una donna che aveva nascosto una pistola, infilando la canna nelle parti intime. (…) Abbiamo sequestrato la pistola e l’abbiamo presa a calci.”

(Gesuino Cauli – fante della Divisione Sassari, 152° reggimento, II battaglione, 6^ compagnia)

“L’episodio più brutto che io rammento è quello della distruzione di un paese di 450 abitanti. Non ricordo il nome di quella località sperduta fra le montagne. L’ordine di radere al suolo era stato dato perché tutti i partigiani di quella zona erano di quel paese. Abbiamo circondato il paese. Due squadre sono rimaste di copertura e altre due sono scese. I soldati mettevano i mobili sopra il letto e poi incendiavano il materasso. La casa, con questo sistema, bruciava come un cerino.”

All’imbrunire abbiamo sentito fruscio di foglie di granturco, un rumore di gente che si spostava in direzione delle mitragliatrici. “Dagli una raffica” ho ordinato al mitragliere (…) Non si è sentito più niente per tutta la notte. Al mattino abbiamo perlustrato la zona e abbiamo trovato una donna molto vecchia, uccisa dalla raffica della mitragliatrice.”

Una volta ho dovuto preparare il Plotone di esecuzione. C’era un partigiano che aveva detto “macaco” all’ufficiale italiano che lo interrogava. Per quella imprecazione è stata ordinata la fucilazione.”

(Lazzaro Piras – Sergente Maggiore della Div.Sassari, 152° reg, II batt, 8^compagnia)

“Ci sparavano addosso da una collinetta e non riuscivamo a individuare da che parte arrivassero i colpi. (…) Il giorno dopo abbiamo dato la risposta ai partigiani. Siamo tornati su quella collinetta e abbiamo raso al suolo tutte le case a colpi di mortaio.”

(Antonio Cappai- Fante scelto della Div. Sassari, 152°reg, II batt, 7^compagnia- Plotone Arditi)

Non c’è traccia degli “intrepidi sardi” sull’Altipiano carsico, ne di eroi, ma solo di meri e vigliacchi esecutori – al servizio dello Stato italiano e dell’esercito tedesco – scagliati non contro un altro esercito regolare bensì contro un autentico popolo in armi, che lottava strenuamente contro l’occupante nazifascista tanto da sapersi liberare senza l’intervento di eserciti stranieri. E gli ascari sardi stavano lì a rastrellare le città (Sebenico, Knin, Brod, Gracac, Petrovac, località della Croazia e della Dalmazia) a combattere i patrioti, a compiere crudeltà contro la popolazione.

Con l’armistizio dell’8 settembre, e dopo la difesa di Roma dall’invasione tedesca, la Divisione Sassari viene sciolta per essere ricostruita soltanto nel 1988, con la denominazione di “Brigata” ad evocazione diretta della Grande Guerra. Impossibile, non pensare ad un’operazione propagandistica in un’isola che – in quegli anni – stava impensierendo lo Stato con il “vento sardista” ed il presunto “complotto separatista”. Era necessario re-inventare un legame forte e diretto tra l’Italia e la Sardegna, in nome del “sangue versato”. Così la Brigata Ascari ha preso parte a diverse missioni – senza mai incontrare gli interessi della nazione sarda – partecipando, infine, all’occupazione dell’Iraq e a quella dell’Afghanistan, in nome di interessi americani ed italiani, cui potremmo aggiungere quelli di qualche giovanotto male indottrinato e dotato di una scala dei valori piuttosto distorta.

RIFERIMENTI ESSENZIALI

La guerra dimenticata della Brigata Sassari: La campagna di Iugoslavia 1941-1943. Francesco Fatutta, Paolo Vacca, (EDES, 1994)

http://scida.altervista.org/vogliamo-la-scuola-sarda-non-militari-italiani/#4

Bauladu. Ogghj cumencia la VI stasgioni di “Addananzi la Ciminea”

bauladuCumencia ogghj a Bauladu la sesta stasgioni di Addananzi la Ciminea, Fèstival Letterariu Diffusu. L’eventu illa comunitai aristanesa prìvvedi tre ciurrati ricchi d’abbòi culturali spalti tra setti lochi prinzipali di la cittài – da chinci lu ‘essu “diffusu” di lu Féstival – cu l’affìccu di fa cunniscì e avvalurà Bauladu (e no so solu) tra storia, bandiu scientificu, contu, alti e ‘riccàttu bonu.

L’olganizazioni di lu Fèstival (ch’harà com’e ‘stragni, in mez’ a l’alti, Giulio Angioni, Bainzu Piliu, Piergiorgio Odifreddi, Cristiana Collu, Nereide Rudas e li cantautòri Nicolò Carnesi e Dente) veni appruntata da la Cunsulta Cioani di Bauladu. Si cumencia ogghj, a li cincu di sirintina, und’e Domu Carta-Erdas: Sedotti e acculturati. Un omaggio al pensiero di Placido Cherchi, cun Giulio Angioni, Alessandro Fonti, Roberto Carta e Franciscu Pala. Si chjùdi duminica, a li sei di sirintina, und’e Domu Zoccheddu-Erdas: Viaggio invisibile. Odissea visionaria. Migrazioni e lavoro in Sardegna, cun Centro C.A.P.R.A. e Teatro Zemrude.

Pa lu prugramma cumpletu di Addananzi la Ciminea e tutti l’infulmazioni di pruvvettu www.anantidesaziminera.net/

Bauladu. Oggi al via la VI edizione di “Ananti de sa Ziminera”

Al via a Bauladu la VI edizione di Ananti de sa Ziminera, Fèstival Literàriu Difùndiu (Di fronte al Camino, Festival Letterario Diffuso). L’evento nella comunità oristanese prevede una tre giorni ricca di appuntamenti culturali che si articoleranno lungo sette luoghi chiave della città – da qui appunto il carattere diffuso del Fèstival – volti a conoscere e valorizzare Bauladu e non solo, tra storia, divulgazione scientifica, narrativa, arte e buon cibo.

L’organizzazione del Fèstival (che avrà come ospiti, tra gli altri, Giulio Angioni, Bainzu Piliu, Piergiorgio Odifreddi, Cristiana Collu, Nereide Rudas e i cantautori Nicolò Carnesi e Dente) è curata dalla Consulta Giovani di Bauladu. Apre oggi, ore 17.00, a Domu Carta-Erdas: Sedotti e acculturati. Un omaggio al pensiero di Placido Cherchi, con Giulio Angioni, Alessandro Fonti, Roberto Carta e Franciscu Pala. Conclude domenica, ore 18:00, a Domu Zoccheddu-Erdas: Viaggio invisibile. Odissea visionaria. Migrazioni e lavoro in Sardegna, con Centro C.A.P.R.A. e Teatro Zemrude.

Per la programmazione completa di Ananti de sa Ziminera e tutte le informazioni utili: www.anantidesaziminera.net/ Continua la lettura di Bauladu. Ogghj cumencia la VI stasgioni di “Addananzi la Ciminea”

Vogliamo la scuola sarda, non militari italiani (di Scida*). L’esercito italiano in Sardegna: occupazione e repressione (terza parte)

borntokillita3*Originariamente pubblicato su Scida – Giovunus Indipendentistas, l’01/10/2013.  http://scida.altervista.org/

L’esercito italiano in Sardegna: occupazione e repressione.

Le forze armate dello Stato unitario sono state attive nella repressione dei moti popolari della seconda metà del XIX secolo, in opposizione alle proteste popolari – da quelle contro la abolizione degli adempirvi (1865), ultimo attacco contro la gestione comunitaria della terra, ai battellieri in sciopero di Carloforte e ai tumulti di Sanluri del 1881, ove i carabinieri spararono sulla folla uccidendo 4 persone che manifestavano la propria opposizione alla miseria- e nelle retate terroristiche contro la popolazione barbaricina, in nome di una pretesa “lotta al banditismo” ma che in realtà era una “caccia grossa” al sardo.

Nel 1904, il direttore della miniera di Buggerru – il greco Georgiadis – chiese l’intervento di due compagnie di carabinieri al fine di costringere gli operai ad interrompere lo sciopero. Il risultato: 4 morti, uccisi perché si opponevano alla riduzione del proprio salario e all’estensione del lavoro a 12 ore. Due anni dopo, l’esercito si distinse ancora nel fare fuoco contro la nostra gente, che si scagliava contro i simboli dell’oppressione colonialista- caseifici, tramvie, casotti daziari-, facendo 2 morti a Cagliari; 2 a Gonnesa; 2 a Nebida; 5 a Villasalto. Senza contare i feriti.

Durante l’ultimo secolo lo Stato italiano – forte del suo dominio economico e culturale – poté contenere i costi dell’oppressione: non più atti palesi, come sparare su civili inermi, ma specialmente attraverso l’occupazione militare diretta, senza disprezzare la comparsa in operazioni contro i “banditi” (Operazione “Forza Paris”, 1992). Le basi militari sono state costruite a partire dagli anni ’50, sotto l’egida della Nato, e quindi della potenza statunitense, la quale – come ogni dominatore storico della Sardegna – vede nella nostra terra un utile avamposto per l’egemonia nel Mediterraneo. Le forze armate italiane condividono con gli alleati atlantici il più grande poligono terrestre, aereo e navale d’Europa (Quirra); il secondo poligono più grande dello Stato (Capo Teulada); il poligono di Capo Frasca; l’aeroporto di Decimomannu; le stazioni di telecomunicazioni del Monte Arci e di Santu Lussurgiu. Le servitù militari – tra terre e acque concesse per le attività di poligoni, aeroporti, porti, beni sottoposti a demanio militare, depositi munizioni, impianti di telecomunicazioni- ricoprono un’area di oltre 35000 ettari, contro i 16000 sul restante territorio dello Stato. In Sardegna sono dunque presenti il 70% delle servitù militari dello Stato, terreni tolti al libero uso delle nostre comunità e che gravano come un macigno sulla nostra possibilità di sviluppo economico. Entro tali aree inibite alla nostra popolazione si compiono lanci di razzi e missili; sganci di bombe (l’80% delle esplosioni di bombe in Italia, in tempo di pace, hanno avuto luogo in Sardegna); prove di armi da parte di militari di tutto il mondo, offerte dalle industrie private degli armamenti; esercitazioni a fuoco per azioni da attuare nelle guerre per l’egemonia occidentale. Inoltre, la nostra terra possiede la più alta percentuale di occupati nelle Forze Armate (4%), mentre nel settentrione e nel meridione d’Italia non si supera il 2%. Crediamo che ciò sia più che sufficiente per affermare, senza possibilità di smentita, che la nazione sarda subisca una grave occupazione militare.

Significativa è la questione della nuova caserma della Brigata Sassari, a Nuoro. 517 ettari della comunità nuorese, destinati a questa funzione del tutto estranea ai suoi interessi economici, per un costo di 24 milioni di euro, mentre per la costruzione del campus universitario si destinerà solo un milione di euro per rimettere a nuovo una ex artiglieria. Insomma, si vede una scelta politica ben precisa nel favorire le forze armate italiane invece degli studenti nuoresi!

RIFERIMENTI ESSENZIALI

– Leopoldo Ortu, Storia della Sardegna: dal Medioevo all’Età Contemporanea (CUEC, 2011);
Girolamo Sotgiu, Storia della Sardegna dopo l’Unità, (Laterza, 1986);
– Girolamo Sotgiu, Storia della Sardegna dalla grande guerra al fascismo (Laterza, 1990);
Guido Floris, Angelo Ledda, Servitù militari in Sardegna. Il caso Teulada (La Collina, 2010);
Giulio Bechi (a cura di Manlio Brigaglia), Caccia Grossa (Ilisso, 2006);

http://scida.altervista.org/vogliamo-la-scuola-sarda-non-militari-italiani/#sthash.FTwQ1MmL.dpuf