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Processo No Tav. “Sparagli in faccia!” gridavano gli agenti il 3 luglio alla Maddalena (di Fabrizio Salmoni).

campeggio chiomonteSi propone un lungo e interessante articolo scritto da Fabrizio Salmoni per TG Vallesusa sul processo in corso circa gli scontri del 3 luglio 2011 e lo sgombero della Libera Repubblica della Maddalena. Dal racconto del processo emerge uno scenario inquietante:  abusi di ogni genere: pestaggi, attacchi su inermi, sgomberi illegittimi, depistaggi, false testimonianze di poliziotti e pm, prove alterate, Mafie, tentativi fraudolenti di spostare il processo ad altre Procure. Un processo dal quale viene fuori molto più che la verità sulle brutalità degli agenti; descrive tristemente lo spaccato culturale dell’Italia degli ultimi decenni, tra palazzi di giustizia, cosche, appalti, politici e agenti picchiatori, solo l’ultimo gradino di una piramide vorace che impone che lo Stato debba andare avanti, costi quel che costi.

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Tempio Pausania. Funzionari Abbanoa in città. Per le rateizzazioni.

avviso-pubblico

Si informa la cittadinanza che Mercoledì 12 Novembre, alle ore 16:00, presso la sala di rappresentanza del Comune di Tempio Pausania, P.zza Gallura, Piano Primo, si terrà un’assemblea alla presenza dei funzionari della Società Abbanoa S.p.a, gestore unico del servizio idrico integrato dell’Ato Sardegna. L’incontro è finalizzato a stabilire le modalità con cui verranno affrontate le problematiche delle bollette sui conti idrici ritenute anomale, sui sistemi di rateizzazione dei pagamenti e sui casi di prescrizione delle bollettazioni. Si invitano gli utenti interessati a partecipare all’incontro, muniti della documentazione da sottoporre a prima verifica.

Romeo Frediani

Tempio Pausania. Degrado Abbanoa senza fine. Lettera di un cittadino al Professor Brigaglia.

Tempio Pausania (foto di Davide Cioncia).
Tempio Pausania (foto di Davide Cioncia).

Stimatissimo Professor Brigaglia,

chi Le scrive è un suo concittadino che ha avuto anche l’onore, qualche anno fa, di condividere con Lei l’esperienza editoriale della pubblicazione “Tempio e il suo volto”.

Ebbene oggi vorrei, sperando di non tediarla, raccontarle brevemente ciò che quotidianamente Tempio-città dell’acqua e i suoi cittadini, sono costretti a sopportare grazie a quella velenosa e pungente “abbanoa” (in Gallurese la traduzione letterale suona “ape nuova”) che con protervia ed arroganza che non ha eguali, continua a sospendere a suo insindacabile giudizio, l’erogazione dell’acqua per tempi e durata molto variabili.

Nel premettere che l’approvvigionamento idrico dell’alta Gallura avviene prelevando e pompando per circa 100 chilometri l’acqua dall’invaso del rio Lerno, presso Pattada, e che ai piedi del Limbara fa bella mostra di se, da anni inutilizzato, l’invaso del rio Pagghjolu che consentirebbe di regalare alla città e paesi limitrofi acqua di ottima qualità con appena 6 chilometri di condotte e per giunta a caduta, personalmente mi trovo nella situazione di quei bravi campeggiatori che, fino ad alcuni decenni fa, occupavano i litorali con tende, stoviglie, tavoli e soprattutto bacinelle e bidoni, per trascorrere qualche giorno di ferie estive.

Così è se vi pare, ci dice oggi Abbanoa. E allora via a riempire bidoni, bacinelle, vasche da bagno, lavamani e pentoloni nelle poche ore di erogazione del prezioso liquido; e buon per chi, in quelle ore si trova a casa per poter provvedere a queste amene operazioni.

Contrariamente ci si dovrà rivolgere alla carità di amici e parenti per usufruire di una doccia frettolosa (non dovrai certo creare troppo disagio ai tuoi ospiti) e lasciare che casa, panni sporchi, stoviglie e quant’altro attendano fiduciosamente di poter essere immersi in acqua e detersivo.

Professò Lei potrebbe obbiettare “Ma caro mio perché non provvedi a dotarti di cisterna, autoclave, condotta e via spendendo?” Giusto! Ma la mancata erogazione dell’acqua non si configura come un reato? Non è, per caso, quella fattispecie definita “Interruzione di pubblico servizio?”.

Ammettiamo che il comune cittadino possa avere (di questi tempi) la disponibilità di circa 1.500 euro per l’intervento di cui sopra, dove dovrebbe installare la cisterna e condurre tutte le altre operazioni se non dovesse avere disponibilità di spazi e/o autorizzazioni da condomini o confinanti o affini (direbbe Totò)?

E poi, ammesso che riesca a portare a compimento l’opera, Abbanoa gliela risarcirebbe? Il disagio sopportato chi lo potrà mai quantificare?

Tanto volevo che Lei conoscesse per il bene e l’amore che porta alla Sua città natale! Un caro ed affettuoso saluto da un cittadino che vive nella Tempio di Nino di Gallura (nel senso di Medioevo…giusto per chi ci legge).

Giuseppe Anfossi

‘Roma nun fa la stupida’… (di Marco Piccinelli).

Dal Nuovo Centrodestra alla Lega Nord: Marco Pomarici, voce storica della destra romana in quota Forza Italia da sempre, poi passato al Ncd di Angelino Alfano in seguito allo strappo con l’ex Cavaliere del lavoro, approva al lido di Matteo Salvini.

Matteo anche lui, ma segretario federale di un partito che, da mesi, sta attuando delle ‘prove tecniche di Lepenismo’ in Italia. Il tutto condito da un po’ di leghismo storico e qualche qualunquismo. Ma Pomarici, consigliere Capitolino e neo eletto nell’Assemblea Metropolitana di Roma, non è il solo a approdare alla Lega Nord di Salvini, con lui ci sarebbero: Luca Aubert e Simona Baldassarre – consiglieri del Municipio Roma I-Centro Storico -; Daniele Giannini, Raimondo Fabbri e Maria Gemma Di Trocchio, consiglieri del XIII Municipio Roma Aurelio.

A questo si aggiunge anche il consigliere, anch’egli Ncd, del municipio VI (ex VIII – Roma delle Torri) Massimiliano Lorenzotti. Quest’ultimo già presidente del municipio in quota Popolo della Libertà, detiene un record di assenze invidiabile: sia quando era presidente, sia ora da consigliere.
I sette, dunque, andranno a costituire quei gruppi consiliari che si andranno a chiamare Lega dei Popoli, così come scritto dallo stesso on. Pomarici su Facebook a seguito della separazione dal Ncd: «Da oggi, Amici, siamo con Matteo Salvini, unico vero leader del centro-destra italiano. Dobbiamo essere in tanti per difendere i nostri principi ed i nostri valori. Da ora in poi dovremo di nuovo scendere in strada (come d’altronde abbiamo sempre fatto) per far conoscere sempre di più il progetto della Lega dei Popoli con Salvini». La Roma-pro-Salvini pare stia prendendo piede e su Facebook nasce la pagina Roma con Salvini.

Ormai lontani, persi nella notte dei tempi i mantra leghisti-celhoduristi come Roma Ladrona o i cori di una remota Pontida del 2009 alzati dallo stesso segretario di oggi contro i napoletani. Napoletani che, a detta del coro, avrebbero emesso olezzi naturali causa del loro appartenere alla linea ideale di demarcazione tra Nord e mezzogiorno d’Italia.

Roma e Marine Le Pen, due orientamenti neo leghisti – verrebbe da dire – che stringono accordi elettorali con Casa Pound, Forza Nuova e la galassia neofascista romana per la classica battaglia delle preferenze alle europee; Roma e Le Pen – padre – che venivano sonoramente bollati come ‘fascisti’.

lega lombardaMa dalla Lega Lombarda nei primi anni ’90. Erano pur sempre altri tempiLa memoria storica si perde nel corso di generazioni e, se essa non viene rinfrescata, succede che essa venga tradotta, ad uso di chi ne tira i fili come le Parche: ecco, dunque, che la Lega diventa lepenista e punta alla creazione di un polo con altre destre, notoriamente ostili ai cosiddetti centrodestra che nel tempo si sono succeduti.

Capita, quindi, che Borghezio scenda a Roma per protestare contro l’invasione dei clandestini e venga pure fischiato una volta, a Tor Pignattara (Municipio V – ex VI&VII), uno dei quartieri con più alta densità di migranti della Capitale dopo Piazza Vittorio. Ma una seconda volta venga anche accolto: a Corcolle, dove l’intolleranza – recentemente – s’è materializzata in aggressioni.

Inizia solo ora, dunque, lo sconfinamento extraPadano della LegaNord/Lega dei Popoli.

Processo Quirra. La Rete Pesa Sardigna al popolo sardo.

querelaLa Rete Pesa Sardigna invita i cittadini a presentare questo esposto in carta semplice alla Procura della Repubblica più vicina, o anche in una caserma dei carabinieri o un comando di polizia. Occorrono due copie della lettera curata dall’avvocato Gianfranco Sollai. La prima copia verrà consegnata come esposto mentre per la seconda i cittadini sono invitati a richiederne l’autenticazione e conservare il documento.

La querela chiede si proceda penalmente nei confronti di tutti coloro che saranno ritenuti responsabili delle attività militari che si attuano all’interno delle basi e dei poligoni sperimentali, attività che – in quanto tali – possono porre in serio pericolo la salute della collettività tutta.

Comunicato FIU. Indipendentismo: il punto sulla situazione

occupazione militare

Non c’è lotta contro l’occupazione militare senza lotta per l’indipendenza. La grande manifestazione di Capo Frasca ha dimostrato il carattere indipendentista della mobilitazione, almeno nella sua direzione. Fare un passo indietro rispetto a questo significa fare un grosso regalo allo Stato italiano e al suo esercito. La mobilitazione contro l’occupazione militare deve ovviamente restare aperta a tutte le istanze pacifiste, democratiche e di base anche se non esplicitamente indipendentiste, ma è necessario fare chiarezza su un punto fondamentale. Senza una chiara direzione indipendentista non è pensabile ottenere lo smantellamento dell’occupazione militare. Parlare di trasversalità e rimuovere il carattere indipendentista della mobilitazione significa automutilarsi e privarsi dello strumento più importante in questa battaglia contro lo Stato coloniale. Bisogna spiegare alla nostra gente che finché ci sarà l’Italia ci saranno i poligoni militari, lottare contro questi ultimi significa lottare per l’indipendenza.

Contro l’occupazione militare serve un progetto di governo della nazione sarda, quindi una prospettiva di convergenza indipendentista e nazionale sarda. La mistica delle manifestazioni o bagni di folla trasversali non è sufficiente per smantellare una presenza che evidentemente non è solo militare ma è anche politica e culturale. Serve creare un blocco storico che sia capace di proporre una alternativa di sistema alla presenza militare nella nostra isola. Serve una campagna paese per paese, porta a porta, capace di mobilitare ampie energie e serve soprattutto una rete di referenti territoriali che sappiano entrare nei posti di lavoro, nelle scuole, nelle università, nei quartieri. Come è possibile ottenere tutto questo senza disporre di una rete politica organizzata ed operativa? Per questo motivo il Fronte Indipendentista Unidu aderisce e promuove la Rete Pesa Sardigna, frutto di un confronto democratico e paritario su questo tema, e di cui fanno parte indipendentisti e associazioni di base. Pesa Sardigna invita quindi tutte le forze antimilitariste ad aderire all’iniziativa in programma per il 29 ottobre prossimo a Lanusei.

È altamente inutile individuare nella Giunta Pigliaru un interlocutore potenziale per la risoluzione di questa vertenza. La posizione della Giunta è chiara e non lascia spazio ad ambiguità. Nel documento di Programmazione, bilancio, credito e assetto del territorio scritto dal Centro Regionale di Programmazione e firmato 22 luglio 2014 viene affermato quanto segue: “non si può sottacere l’importanza delle infrastrutture, quali ad esempio i poligoni e gli aeroporti militari in Sardegna, per un armonioso sviluppo delle politiche industriali in materia di spazio a livello regionale”

(http://www.sardegnaprogrammazione.it/documenti/35_84_20140724090653.pdf)

Il Fronte Indipendentista Unidu aderirà a tutte le mobilitazioni, che chiaramente e senza ambiguità si schierino non soltanto contro l’occupazione militare della Sardegna, ma che siano anche finalizzate alla polarizzazione delle forze sane della Nazione Sarda e alla marginalizzazione e all’isolamento di chi ha oggettive complicità nel governo coloniale, sia attuale che trascorso.

Il Fronte Indipendentista Unidu ritiene fondamentale e prioritario costituire un polo indipendentista aperto alla società civile e alle istanze di base capace di fare chiarezza. Detto questo, se la lotta indipendentista sta attraendo a sé individui e organizzazioni che in passato hanno militato in formazioni italiane, noi riteniamo che sia doveroso analizzare la coerenza e la trasparenza del loro avvicinamento all’indipendentismo. La gestione di questo processo storico e politico si presenta pressoché impossibile, attraverso grandi manifestazioni di popolo slegate da una visione politica indipendentista sul territorio. I lavori di Pesa Sardigna vedono una pratica paritaria tra le organizzazioni aderenti e una condivisione totale dei contenuti e delle decisioni organizzative sullo sviluppo della Rete stessa. Le tematiche che Pesa Sardigna porta avanti sono in totale rottura con l’apparato statale. I documenti e le posizioni espresse sono ineccepibili, sul processo di Quirra, sull’occupazione militare e sulla lotta di liberazione nazionale. Chi aderisce a Pesa Sardigna sposa una linea politica indipendentista che permea ogni battaglia che viene affrontata attualmente e che lo sarà in futuro. Asciugare dalle lotte di popolo dal carattere marcatamente indipendentista, significa ghettizzarsi. E’ un suicidio politico che implica un ritorno all’oscurantismo e alla stigmatizzazione dell’indipendentismo, a livello politico quanto intellettuale, fase dalla quale si è faticosamente usciti nel corso dell’ultimo decennio. O forse – a veder parlare di trasversalità e ad avere tanto a cuore far sparire la connotazione indipendentista dall’agire politico – c’è da chiedersi se questa fase sia tutto, tranne che superata.

Il Fronte Indipendentista Unidu ritiene prioritario concentrarsi sulla costruzione di una significativa mobilitazione in occasione della prima udienza al processo contro i generali del Poligono Interforze del Salto di Quirra, prevista il 29 ottobre davanti al tribunale di Lanusei. Abbiamo molto chiaro il fatto che per l’Esercito italiano il poligono di Quirra sia irrinunciabile e che costituisca il vero interesse strategico su cui puntano l’Esercito, le multinazionali delle armi, lo Stato italiano e la stessa giunta Pigliaru. Per questo motivo rilanciamo con forza l’appuntamento, promosso dalla Rete Pesa Sardigna, per il 29 ottobre davanti al tribunale di Lanusei in occasione della prima udienza del processo Quirra.

CO.CE.R: l’esercito fa politica in Sardegna

capo teuladaAffermazioni e contenuti piuttosto pesanti nella delibera n. 30 del 2014 del CO.CE.R. Il Consiglio Centrale di Rappresentanza, sezione Esercito, usa parole difficilmente decifrabili in riferimento (“Visto”) a normalissimi fatti politici che hanno riguardato la Sardegna nelle ultime settimane: il dibattito sui Poligoni militari.

La delibera richiama avvenimenti come articoli di stampa, dichiarazioni di politici, manifestazioni in programma, dibattito in generale. Si nota che queste normali e difficili pratiche democratiche non siano ben gradite alla Difesa italiana e alle organizzazioni sindacali dei vari apparati che la costituiscono.

Politicamente queste poche righe potrebbero avere ripercussioni gravissime, perché segnano un confine mai raggiunto prima e che contribuisce a gettare benzina sul fuoco nella normale e giusta attività politica e di fermento della società che segna, oggi più che mai, la Sardegna tutta.

Per l’occasione l’inquinamento a Teulada derivante dalle esercitazioni sarebbe “presunto“; in pratica si ritorna di colpo indietro di almeno 15 anni, quando ancora la Difesa poteva tranquillamente dichiarare che non vi fosse alcuna attività inquinante ed era esattamente quello il motivo perché non si ha traccia di bonifiche eseguite lungo decenni di bombardamenti.

Dato il tono della delibera, il conclusivo “ogni azione utile tesa a tutelare il personale militare” lascia perplessi. Allo stesso modo, si constata come l’Esercito italiano mostri del disagio nei confronti di due testate giornalistiche che non mostrano certo posizioni politiche radicali o esprimono ingiurie e minacce verso la Difesa e le autorità italiane. Il Fronte Indipendentista Unidu in comunicato evidenzia che, dati i toni del CO.CE.R, il richiamo alla tutela del personale militare con ogni azione utile si mostra ancor più inquietante.

Probabilmente, dopo anni, è sempre più difficile negare o sterilizzare richieste e rivendicazioni pienamente legittime.

F-35

ospedale

La pioggia fuori si faceva via via più pungente mentre la sala d’aspetto del pronto soccorso si riempiva di vari esempi d’umanità. Di tanto in tanto lo squillare del campanello richiamava l’attenzione della guardiola interna. Tutto sommato era una notte piuttosto tranquilla. Nessun infarto, nessuna amputazione, nessun corpo dilaniato da un incidente d’auto o dita accarezzate dolcemente da qualche frullatore elettrico italiano Made in China.

All’interno, il turno di notte iniziava a prendere vita, come al solito, stancamente, senza particolari scossoni. Ad eccezione di un dettaglio. Il pronto soccorso è sempre meno un pronto soccorso. Tutto qui. Progressivamente si sta involvendo in un ricovero, in un parcheggio over settanta più o meno temporaneo.

Non c’è più nessuno qui. Cazzo, non c’è rimasto nessuno. Solo ausiliari, nessun OSS” – esclama indolente un infermiere, col tipico tono rassegnato di chi ripete ogni notte le stesse sterili affermazioni.

In realtà, ha perfettamente ragione. I ridimensionamenti in nome del risparmio e dell’efficienza si sono fatti sempre più significativi e ora si avvertono in tutta la loro durezza. Seppur necessaria, s’intende. Le strutture nei reparti tradizionali sono largamente sottodimensionate e di pari passo lo è il personale che lavora nelle stesse corsie. Il pronto soccorso si è quindi adattato di conseguenza, trasformato in un piccolo reparto mentre le stanze che un tempo venivano adibite ad osservazione momentanea dei pazienti divengono il parcheggio che alla bene meglio ospita disgrazie di varia entità, con l’esclusiva del tempo indeterminato, status considerato ormai in maniera diametralmente opposta rispetto all’agognare del personale largamente precario. Bizzarra l’esistenza.

Tutto si regge in un equilibrio piuttosto fragile, il cui fulcro è la professionalità e l’umanità del personale infermieristico che ciclicamente s’adopera per rendere la ricerca dell’efficienza meno incisiva sulle vite malate che loro malgrado condividono il destino che la Natura riserva a tutti. Indistintamente, prima o poi. La Natura è realmente democratica, realmente equanime, ma il modo in cui nella società le disgrazie vengono sofferte da alcuni rispetto ad altri non ha nulla di naturale o democratico o equo. I ridimensionamenti non si sono difatti avvertiti nei comodi uffici dirigenziali o nelle argentate sale da pranzo dei membri dei consigli d’amministrazione delle industrie farmaceutiche.

Dalla piccola stanza d’osservazione provvisoria provengono lamenti e litanie continue, a tratti snervanti. Il che dovrebbe far capire quanto l’operato più delicato all’interno di un sistema, quelle attività di chi si occupa degli ultimi, degli indigenti, dei malati, viene considerata meno degna di remunerazione rispetto a chi pone sistematicamente gli ultimi, gli indigenti e i malati nelle peggiori condizioni possibile. Odorare piscio e diarrea, profumi fetidi, muco, rimuovere cateteri sono compiti nobilitanti, moralmente degni. Fino a quando vengono svolti da altri, ovviamente. Fino a quando la loro controparte economica non finisce sul nostro corrente. A quel punto sarebbe un efficiente sfruttamento, efficiente ma pur sempre sfruttamento.

Il giorno successivo il gruppo dei malati precari si allarga. Precari nel senso che almeno ufficialmente il loro nome non compare sotto la dicitura “ricovero” su qualche apatico fascicolo amministrativo. Una signora dall’età non ben definita si aggiunge alla squadra degli ultimi in classifica in lotta per la salvezza nel girone di ritorno della loro vita. E poi un’altra. Se meno di 20 metri quadrati tra camera e bagno sono appena sufficienti per due, figuriamoci per quattro. C’è bisogno di ridimensionare il ridimensionato e quindi una seconda stanzetta viene preparata per ospitare il maschio del gruppo in modo da formare una triste e approssimativa miniatura di un ortodosso reparto di medicina. L’efficienza inizia così a prendere forma.

Tempo poche ore e un quinto si aggiunge al vecchio derelitto piazzato in una delle due stanze. Probabilmente s’annoieranno anche se qualche rischio di certo non manca. Il nuovo arrivato è di gran lunga più giovane del suo compagno di stanza, ma questo non impedisce ai postumi delle radiazioni imbottite nei suoi tessuti dalla chemioterapia di farsi sentire in modo sufficientemente devastante, nonostante la mascherina bianco latte ostenti grandi garanzie di protezione agli occhi di chi lo circonda e lo guarda con un po’ di dovuta – diciamolo pure – reticenza.

Tra i profumi del caffè provenienti dalla cucina della guardiola e le voci degli infermieri che ripassano i contenuti dell’esame che dovrebbe elevarli nella gerarchia sanitaria, i lamenti notturni scandiscono l’incedere della notte nelle stanze buie, l’aria inizia a farsi viziata e in lontananza il soffio metallico degli F35 – intenti a garantire l’amata sicurezza sociale – spacca la notte sfrecciando a bassa quota.

Alluvione Genova. Renzi sapeva tutto ed era in buona compagnia.

lettera renziVedo i ragazzi che spalano il fango dalle strade e a loro va il mio grazie. Userò la stessa determinazione per spazzare via il fango della mala burocrazia, dei ritardi, dei cavilli“.

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