Si è tenuta ieri, 1° aprile 2015, difronte al Gup Vincenzo Cristiano, la prima udienza preliminare del processo che vede Angelo Frigeri unico imputato dell’omicidio della famiglia Azzena-Zanzani. Continua la lettura di Tempio Pausania. Triplice omicidio: concessa consulenza psichiatrica. Prossima udienza il 15 aprile
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Tèmpiu Pausania. Manca lu nummaru ligali, rimandatu Cunsiddu stragnu e ulgenti
Cunvucatu pa arimani a li tre di sirintina, lu Cunsiddu cumunali timpiesu, stragnu e ulgenti, è statu spustatu pa mancanzia di lu nummaru ligali: 15 cunsidderi invéci chi alumancu 16. Un Cunsiddu chi s’era ambarendi pa diessi muttii: da lu cambiamentu di lu Prugghjettu di Fabbricazioni pa La Custaglia (passàgghju a zona E) a chissu Rigulatori pa lu campusantu. Impultanti alt’ e dui algumenti: cunstatà un débitu fora manègghju, doutu pa una sintenzia cuntraria a lu Cumuni in una lega di mità anni Duimilia, e lu prugghjettu d’accoldu cu lu Demanio pa lu scàmbiu di edifìzi in cuncissioni. A lu Demanio la cumprita e funzionanti ex Palazzina Comando, di ghjrà probàbbilmenti all’Alma cu un cambiu di distinazioni, e illu mentri lu Cumuni doaria fa calche cosa di pruvvettu cu l’ex galera La Rutunda, frabbicu chi cunsidarendi tuttu, puru (e proppiu) l’avvìu calche chita fa di lu Fai, è postu mal’ abbeddu.
No si cunnoscini li mutii di l’imbóiu da palti di tanti cunsidderi, guasi tutti di la minurìa ma puru di la magghjurìa, chi si ni so stati fora da lu Cunsiddu. Diesse chi li trabaddi ariani pudutu distulbà l’acchilibri chi si so fulmendi pa l’elezioni comunali chi venini e, saria di pricà, puru pa li prugrammi politichi e amministrativi chi parò – par’abà – no si ni idi mancu in pintura.
Lu Cunsiddu chi veni è dunca malti in primma chjiamata, la dì setti d’abbrili, e ghjói, la dì noi, in sigunda.
Tempio Pausania. Manca il numero legale, rinviato Consiglio straordinario e urgente
Convocato per ieri alle ore 15:00, il Consiglio comunale tempiese, straordinario e urgente, è stato rinviato per mancanza del numero legale: 15 consiglieri a fronte di 16 necessari. Lavori consiliari attesi per una serie di punti: dalla variazione al Piano di Fabbricazione per La Custaglia (passaggio a zona E) a quello Regolatore Cimiteriale. Rilevanti altri due passaggi: il riconoscimento di un debito fuori bilancio, a seguito di una sentenza che ha visto soccombere l’amministrazione in un contezioso risalente a metà anni 2000, e il protocollo di intesa con il Demanio per la reciproca concessione di immobili. Al Demanio andrebbe la conclusa e funzionante ex Palazzina Comando, da destinare presumibilmente all’Arma con un cambio di destinazione, mentre il Comune gestirebbe l’ex carcere La Rutunda, struttura che complessivamente, proprio alla luce della recente iniziativa del Fai, versa in condizioni degradate.
Non si conoscono le ragioni del “boicottaggio” da parte di diversi consiglieri, principalmente delle minoranze ma anche maggioranza, rimasti fuori dal Consiglio. Probabilmente, i lavori avrebbero potuto interferire con gli equilibri che si stanno definendo verso le imminenti elezioni comunali e, da augurarsi, con programmi politici e amministrativi in fase di elaborazione i quali, per ora, latitano.
Il prossimo consiglio comunale è dunque previsto per martedì 7 aprile, in prima convocazione, e giovedì 9 in seconda.
Bono. Fronte Indipendentista Unidu e Abbanoa, le comunità si organizzano
Sabato 28 marzo si è tenuta a Bono l’assemblea popolare organizzata dal Fronte Indipendentista Unidu in merito ad Abbanoa e le molteplici problematiche che riguardano il Gestore Unico, le quali ricadono pesantemente sulla vita delle comunità della Nazione sarda. Tra i tanti aspetti in discussione, in particolare, fatturazioni anomale (“bollette pazze”), conguagli regolatori e depositi cauzionali. In seguito agli interventi dei relatori e il successivo dibattito, l’amministrazione comunale di Bono si è dichiarata favorevole a mettere a disposizione un locale per agevolare nel futuro prossimo le azioni degli utenti interessati al fine di beneficiare di un’adeguata tutela, coordinando così allo scopo le comunità di Bono e Goceano, le amministrazioni comunali e l’associazione di categoria in questione, l’Adiconsum presieduta dal Dott. Giorgio Vargiu.
Fronte Indipendentista Unidu
Macomer. Il Fiu su revamping di Tossilo e sit-in di sabato 28 marzo
Il Fronte Indipendentista Unidu ribadisce pieno sostegno all’attività del comitato cittadino Non Bruciamoci il Futuro in lotta contro il progetto per il nuovo inceneritore di Tossilo (Macomer) da 60 mila tonnellate di rifiuti l’anno.
Riteniamo sterili le rassicurazioni dell’attuale Assessora all’Ambiente, Donatella Spano, circa la trasparenza che l’esecutivo Pigliaru adotterà, posto che la stessa è condizione minima di governo e non valore aggiunto. Ricordiamo, inoltre, tre le varie posizioni poco rassicuranti per la salute dei sardi espresse nell’ultimo anno, il voto favorevole dei parlamentari del Partito Democratico eletti in Sardegna sull’innalzamento delle soglie tollerate di metalli pesanti nelle aree limitrofe ai Poligoni militari (“Dl Competitività”). Riguardo i 16 consiglieri “dissidenti”, apprezziamo la presa di posizione, ma ribadiamo che la moratoria sull’incenerimento rifiuti fu argomento di forte dibattito già dal 2010, quando l’attuale Assessore ai Lavori Pubblici, Paolo Maninchedda, se ne fece pubblicamente promotore. Lo stesso Maninchedda presiede il Partito dei Sardi che esprime proprio a Macomer il primo cittadino, Antonio Onorato Succu. Riportava così Sardinia Post lo scorso novembre. “Prova ne sono i dati relativi alla mortalità, da considerare confortanti, e alla mortalità per tumori, in aumento ma pur sempre inferiori a quelli di Nuoro e Ottana, forniti da uno studio condotto dall’Asl (su richiesta dello stesso Succu, ndr) e i bassi tassi di malattie respiratorie e patologie cardiovascolari riscontrati nell’area” – ha detto Succu nel corso di una recente conferenza stampa indetta insieme ai sindaci di Borore, Dualchi e Bolotana a cui hanno partecipato anche il Presidente della Tossilo S.p.A. Giovanni Demontis e due rappresentanti dei sindacati”.
Invitiamo dunque il Popolo sardo a mantenere altissima l’attenzione sul tema, sostenendo e partecipando il sit-in di sabato 28 marzo, alle ore 11:00, presso gli impianti di incenerimento di Tossilo, per ribadire, coerentemente, l’assoluta necessità e urgenza di una moratoria nazionale sarda sull’incenerimento dei rifiuti.
Fronte Indipendentista Unidu
Sviluppo locale. Economia e cultura: transizione verso la sostenibilità?
In seguito alla tre giorni della VI edizione di Ananti de sa Ziminera a Bauladu, si propone un breve approfondimento sul tema dell’economia culturale e dello sviluppo locale, ovvero gli eventi culturali – in ottica diffusa – come potenziale di sviluppo socioeconomico. Una possibilità di incremento di valore aggiunto nell’economia da apprezzare anche e soprattutto per una transizione verso una reale sostenibilità socioeconomica, creando al contempo un valore – appunto – diffuso. In una realtà come quella della nazione sarda, il concetto di diffuso è legato ad un aspetto duplice. Da un lato ad uno schema micro, diffusamente inteso come valorizzazione di parti della specifica comunità, spesso poco popolata e con dinamiche di spopolamento in atto o a rischio, dotate di grandi capitali improduttivi; dall’altro nella diffusione geografica dei paesi e degli abitanti stessi sul vasto territorio nazionale sardo. A tal proposito la demografia e l’orografia sarda costituiscono tratti preminenti della nazione e in tal caso la fusione delle due declinazioni di “diffusione” si possono combinare nell’ottica di una gestione completamente differente dell’indotto turistico, ampliando di parecchio la prospettiva di analisi socioeconomica, in particolare sul campo della sostenibilità e della promozione dello sviluppo umano. Questo tipo di approccio economico alle politiche pubbliche, rileva una serie di benefici e, più importante, rappresenta un caso in cui si possono rintracciare delle esternalità positive nella distribuzione dei redditi, contrariamente a quanto accade in realtà industriali o meramente turistiche fortemente congestionate, rivestendo al contempo un ruolo di integrazione economica per quelle tante comunità che spesso, per mancanza di un certa cultura di base o per competizione cannibalizzante, faticano a lavorare comunemente e con profitto in strutture associative intercomunali. I Comuni in Sardegna con meno di 5.000 abitanti rappresentano oltre l’80% dei 377 totali e quelli con meno di 1.000 residenti costituiscono quasi un terzo delle municipalità sarde; l’interscambio economico generato, oltre all’attrattiva rispetto a zone più densamente popolate, costituisce un’integrazione positiva in quanto basata su attività economicamente sostenibili e riveste un aspetto cruciale per quei sistemi economici micro storicamente interrelati in una più ampia regione storica. Si può, così, contribuire ad arginare varie dinamiche di sperequazione territoriale, con la riduzione delle diseguaglianze e uno sviluppo economico equilibrato.
All’interno:
– testi: Davide Corriga.
– infografica: Franciscu Pala.
Cagliari. Salvini, Fascismo e minacce: solidarietà del FIU a Francesca Mulas
Il Fronte Indipendentista Unidu esprime piena solidarietà alla giornalista Francesca Mulas, ennesima vittima di minacce fasciste e insulti maschilisti. La sua “colpa” è aver scritto un articolo di cronaca (“Neofascisti sardi schierati con la Lega”) all’indomani del sit-in leghista a Cagliari nell’ambito del tour promozionale nel Sud Italia. Articolo che mette in guardia sulla possibilità di una radicalizzazione di movimenti fascisti in Sardigna, di chiara matrice fascista ed italiana. La Lega si è presentata a Cagliari, in Sardigna, con la mira di attrarre a sè quelle parti della nostra società che si trovano sempre più allo sbando, e cercano in un qualche modo di convogliare la loro rabbia, la condizione sociale da cui da sempre pescano la reazione e i razzismi in genere.
La Sardegna non è Italia, per cui respingiamo al mittente le strumentalizzazioni che, nel fascismo o antifascismo, cercano di ricondurre la lotta di liberazione nazionale sarda sulla via italica e, ancora peggio, sulla via dell’odio razziale, del riverniciamento leghista, sulle felpe becere, sull’islamofobia dilagante, sul maschilismo e sull’odio al laicismo. La reazione e i rigurgiti sciovinisti italiani, il maschilismo, l’ignoranza, si propagano a vista d’occhio, aizzando così nuove faide sociali. Noi indipendentisti non permetteremo che le condizioni di impoverimento alle quali è sottoposta la nostra Nazione vengano viscidamente utilizzate e cavalcate per distogliere l’attenzione di un Popolo dalle dinamiche coloniali che ogni giorno rendono il Popolo stesso più vulnerabile e attaccabile dai vecchi e nuovi fascisti. Non intendiamo affermare che sia solo folclorismo, non sottovalutiamo e per questo denunciamo queste derive sociali come pienamente organiche al mantenimento del nostro popolo in condizioni di sottosviluppo. In Sardigna, però, questa contraddizione e questa situazione di disperazione sociale hanno un nome preciso: Stato italiano e il suo nuovo assetto renziano, di cui Lega e Salvini sono perfettamente organici in ottica di interessi nazionali italiani; d’altronde, il fascismo italiano si caratterizza per il suo corporativismo e lo spauracchio leghista è funzionale ad attrarre quanto più consenso verso le “nuove” politiche neocentraliste, economicamente quanto istituzionalmente. Il nostro Popolo, i nostri territori, la nostra Nazione, si trovano in queste condizioni per l’opera sistematica di rapina e disarticolazione sociale messa in atto dalla colonizzazione italiana. La presenza della Lega, quindi, è da segnalare a piu livelli: come partito razzista e fascistoide, e diversamente non potrebbe essere, ma anche come l’ennesimo partito/movimento italiano che sbarca in Sardigna per raccogliere il malcontento e organizzarlo in nome dello stesso carceriere che ci tiene in manette: lo Stato italiano.
Tali personaggi sappiano che in Saldigna non c’è spazio per questo tipo di “politica” e ricordiamo, per il loro bene e quello di tutti, che una volta innestate, certe dinamiche di odio e violenza, sono difficili da fermare.
Vogliamo la scuola sarda, non militari italiani (di Scida). Quarta parte: Antistoria della “Brigata Ascari”.
Antistoria della “Brigata Ascari”
“La Sardegna è un ottimo materiale da guerra: dà alla guerra l’uomo dal cuor di leone ed il ferro per i cannoni”
(Pasquale Manca, milite della Brigata Sassari, 1914)
Chi è un ascaro? Con questo termine – derivante dall’arabo῾askarī, soldato – si indicavano gli autoctoni dell’Africa Orientale, raggruppati entro truppe coloniali al servizio dell’esercito italiano occupante. Gli ascari sono uno dei numerosi esempi storici di corpi coloniali, formati da membri della nazione occupata. Si possono citare i sepoy, indiani al servizio degli inglesi; gli zuavi, algerini al seguito dell’esercito francese. Nella colonia Sardegna, la Brigata Sassari ha rivestito l’equivalente storico di tale fenomeno.
Mentre in qualche nazione colonizzata (vedi la guerra d’indipendenza indiana del 1857, sorta da un ammutinamento delle truppe indigene o la guerra di liberazione algerina, tra i cui capi – come Ahmed Ben Bella – vi furono ex soldati del Corpo di Spedizione Francese in Italia, composto per lo più da nordafricani, durante la seconda guerra mondiale) la creazione di un tale raggruppamento ebbe un effetto progressivo, nella nostra isola esso fu un fortissimo strumento di unione, colonizzazione mentale dei sardi, attraverso l’identificazione indotta nella Brigata ed il suo “tributo” di sangue.
La mistificazione della storia della brigata tatarina va allo stesso ritmo della narrazione storica propagandistica italiana. Quest’ultima, raccontando il suo Novecento, ha agito su due fronti: l’eroismo dei soldati della Prima Guerra Mondiale; il vittimismo dei soldati che hanno preso parte al secondo conflitto. Nel primo caso, si è puntato ad esaltare le imprese che consentissero di coprire la triste verità: migliaia di contadini e pastori spediti in trincea, al fine di portare l’Italia – quindi i suoi capitalisti – fra le grandi potenze imperialiste, fra le angherie degli ufficiali e costretti a scegliere se farsi trucidare dagli austriaci o farsi uccidere dai carabinieri; giovani nazionalisti esaltati e plagiati che finiranno per alimentare le file del movimento fascista. In Sardegna, contadini e pastori avevano ben altro cui pensare che alle “terre irredente” o all’arciduca Ferdinando ed ai grandi giochi imperialisti. Nei primi del Novecento, il mondo agropastorale sardo fu sconvolto per la soddisfazione delle esigenze del mercato: l’industria casearia italiana giunse nell’isola, imponendo i nuovi ritmi produttivistici capitalisti, con l’espansione dell’ovino e dei pascoli a danno dei contadini e degli stessi pastori, costretti a pagare affitti esorbitanti, privi di potere contrattuale nei confronti dei printzipales ed esposti all’usura. Nel 1913 le masse si sollevarono in diversi comuni, per chiedere misure speciali contro il crollo delle produzioni agricole, la siccità, la moria di bestiame, il rialzo del costo della vita. Nel 1914, 6000 operai furono licenziati dalle miniere iglesienti, vista della rottura dei contatti con i proprietari dovuta allo scoppio del conflitto. Nel 1915, nuove mobilitazioni popolari contro fame e disoccupazione. Tutto il contrario di una presunta volontà di combattere, al fine di integrarsi nell’Italia. La risposta del Regno fu la guerra: 98000 mobilitati, 17000 morti e dispersi (1754 caduti nella Brigata Sassari, su 6000 effettivi). Al ritorno a casa, oltre a trovare una situazione peggiore di prima, i soldati furono anche traditi dai propri dirigenti più maturi (i padri del sardismo), che invece di catalizzare la rabbia popolare verso la lotta di liberazione, decisero di portarlo nell’alveo del nazionalismo italiano. Non sappiamo, infine, se – per i soldati caduti in battaglia – siano state peggiori le baionette austriache o i deliranti proclami che vengono declamati in loro “onore” da uomini politici mediocri, in nome della dipendenza della nostra nazione. Per quanto concerne la Seconda, si punta sul descrivere i soldati italici come delle vittime di una dittatura che si lasciò coinvolgere in un conflitto privo di senso; a questo proposito, si è praticato un duro taglio strumentale alla narrazione degli eventi: ampio spazio dato alle “gesta” dell’esercito italiano in Africa ed in Russia – il quale, secondo la vulgata filoitaliana, avrebbe dato prova di eroismo nonostante le difficoltà e l’infido alleato tedesco, come ad El Alamein; quasi oblio, invece, riguardo le vicende delle forze armate italiane in Iugoslavia, nonostante in essa fosse occupato ben 1/3 dell’intero schieramento mussoliniano. Evidentemente, è stato molto difficile trovare tracce di nobiltà in quel fronte, ove gli italiani furono attivi quanto i nazisti nel rastrellare le popolazioni, creare campi di concentramento, devastare centinaia di villaggi combattere i patrioti slavi. Molto meglio rimuovere. E la Brigata Sassari?
La letteratura trabocca di racconti sui reggimenti dei “Dimonios” sul Carso. Grazie a quanto hanno scritto Gramsci, Lussu e Bellieni abbiamo una minima conoscenza del fatto che la Brigata Sassari sia stata impiegata – durante il Biennio Rosso- per “operazioni di ordine pubblico”, ovvero per reprimere gli operai in rivolta e proteggere la proprietà. Sappiamo che i due leader del sardismo chiesero lo scioglimento della Brigata, piuttosto che vederla partecipare ad atti ignominiosi; tramite il grande pensatore di Ales, invece, abbiamo conosciuto il malinteso senso di identità sarda dei soldati della Sassari, un raggruppamento “etnico” forgiato dal dominatore per dirigerlo verso i suoi interessi. Ci racconta l’intellettuale marxista che i tatarini erano ingenuamente convinti di svolgere un’azione meritoria poiché, in quanto sardi, vedevano negli operai torinesi dei nemici, proprio in quanto “piemontesi”. Esattamente come hanno fatto i paesi imperialisti nelle proprie colonie: al fine di assicurarsi la fedeltà di colonizzati, giudicati infidi ma allo stesso tempo come forieri di una ferocia degna di essere catalizzata, si rende necessario creare dei reggimenti su base etnica. Così, gli italiani hanno esaltato la carne da cannone sarda come gli inglesi hanno esaltato il valore dei propri Gurkha (“bravest of the brave, most generous of the generous”, nepalesi inquadrati nell’esercito britannico) o i francesi hanno esaltato i tiratori algerini o gli zuavi (è celebre il monumento in onore agli zuavi combattenti in Crimea, ad opera di Georges Diebolt).
Ma se i nostri studenti, oltre le gesta di Lussu e compagni, conoscessero pure la vicenda della Brigata Sassari in Iugoslavia (detta, dal 1939 “Divisione Sassari”, poiché agli storici 151° e 152° Reggimento si era aggiunto il 34° Reggimento artiglieria) si identificherebbero ugualmente con essi? Ne dubitiamo fortemente.
“Abbiamo preso una donna prigioniera (…) Ci siamo accorti che era incinta, forse di sette-otto mesi. (…) “Se dici ‘viva Mussolini’ ti perdoniamo e ti lasciamo andare” le abbiamo detto. Non siamo riusciti a convincerla. “Zivio Stalin, viva Stalin” urlava. Ho provato un sacco di volte a convincerla, ma lei niente. Quando ha gridato di nuovo “Zivio Stalin” le ho sparato un colpo in testa.”
“Un giorno abbiamo preso prigioniero un uomo di 70-80 anni, un vecchio che capeggiava una banda di comunisti (…) In un paio l’abbiamo preso, gli abbiamo fatto scavare la fossa e lo abbiamo ucciso.”
“Una volta abbiamo scoperto una donna che aveva nascosto una pistola, infilando la canna nelle parti intime. (…) Abbiamo sequestrato la pistola e l’abbiamo presa a calci.”
(Gesuino Cauli – fante della Divisione Sassari, 152° reggimento, II battaglione, 6^ compagnia)
“L’episodio più brutto che io rammento è quello della distruzione di un paese di 450 abitanti. Non ricordo il nome di quella località sperduta fra le montagne. L’ordine di radere al suolo era stato dato perché tutti i partigiani di quella zona erano di quel paese. Abbiamo circondato il paese. Due squadre sono rimaste di copertura e altre due sono scese. I soldati mettevano i mobili sopra il letto e poi incendiavano il materasso. La casa, con questo sistema, bruciava come un cerino.”
“All’imbrunire abbiamo sentito fruscio di foglie di granturco, un rumore di gente che si spostava in direzione delle mitragliatrici. “Dagli una raffica” ho ordinato al mitragliere (…) Non si è sentito più niente per tutta la notte. Al mattino abbiamo perlustrato la zona e abbiamo trovato una donna molto vecchia, uccisa dalla raffica della mitragliatrice.”
“Una volta ho dovuto preparare il Plotone di esecuzione. C’era un partigiano che aveva detto “macaco” all’ufficiale italiano che lo interrogava. Per quella imprecazione è stata ordinata la fucilazione.”
(Lazzaro Piras – Sergente Maggiore della Div.Sassari, 152° reg, II batt, 8^compagnia)
“Ci sparavano addosso da una collinetta e non riuscivamo a individuare da che parte arrivassero i colpi. (…) Il giorno dopo abbiamo dato la risposta ai partigiani. Siamo tornati su quella collinetta e abbiamo raso al suolo tutte le case a colpi di mortaio.”
(Antonio Cappai- Fante scelto della Div. Sassari, 152°reg, II batt, 7^compagnia- Plotone Arditi)
Non c’è traccia degli “intrepidi sardi” sull’Altipiano carsico, ne di eroi, ma solo di meri e vigliacchi esecutori – al servizio dello Stato italiano e dell’esercito tedesco – scagliati non contro un altro esercito regolare bensì contro un autentico popolo in armi, che lottava strenuamente contro l’occupante nazifascista tanto da sapersi liberare senza l’intervento di eserciti stranieri. E gli ascari sardi stavano lì a rastrellare le città (Sebenico, Knin, Brod, Gracac, Petrovac, località della Croazia e della Dalmazia) a combattere i patrioti, a compiere crudeltà contro la popolazione.
Con l’armistizio dell’8 settembre, e dopo la difesa di Roma dall’invasione tedesca, la Divisione Sassari viene sciolta per essere ricostruita soltanto nel 1988, con la denominazione di “Brigata” ad evocazione diretta della Grande Guerra. Impossibile, non pensare ad un’operazione propagandistica in un’isola che – in quegli anni – stava impensierendo lo Stato con il “vento sardista” ed il presunto “complotto separatista”. Era necessario re-inventare un legame forte e diretto tra l’Italia e la Sardegna, in nome del “sangue versato”. Così la Brigata Ascari ha preso parte a diverse missioni – senza mai incontrare gli interessi della nazione sarda – partecipando, infine, all’occupazione dell’Iraq e a quella dell’Afghanistan, in nome di interessi americani ed italiani, cui potremmo aggiungere quelli di qualche giovanotto male indottrinato e dotato di una scala dei valori piuttosto distorta.
RIFERIMENTI ESSENZIALI
La guerra dimenticata della Brigata Sassari: La campagna di Iugoslavia 1941-1943. Francesco Fatutta, Paolo Vacca, (EDES, 1994)
http://scida.altervista.org/vogliamo-la-scuola-sarda-non-militari-italiani/#4
Bauladu. Ogghj cumencia la VI stasgioni di “Addananzi la Ciminea”
Cumencia ogghj a Bauladu la sesta stasgioni di Addananzi la Ciminea, Fèstival Letterariu Diffusu. L’eventu illa comunitai aristanesa prìvvedi tre ciurrati ricchi d’abbòi culturali spalti tra setti lochi prinzipali di la cittài – da chinci lu ‘essu “diffusu” di lu Féstival – cu l’affìccu di fa cunniscì e avvalurà Bauladu (e no so solu) tra storia, bandiu scientificu, contu, alti e ‘riccàttu bonu.
L’olganizazioni di lu Fèstival (ch’harà com’e ‘stragni, in mez’ a l’alti, Giulio Angioni, Bainzu Piliu, Piergiorgio Odifreddi, Cristiana Collu, Nereide Rudas e li cantautòri Nicolò Carnesi e Dente) veni appruntata da la Cunsulta Cioani di Bauladu. Si cumencia ogghj, a li cincu di sirintina, und’e Domu Carta-Erdas: Sedotti e acculturati. Un omaggio al pensiero di Placido Cherchi, cun Giulio Angioni, Alessandro Fonti, Roberto Carta e Franciscu Pala. Si chjùdi duminica, a li sei di sirintina, und’e Domu Zoccheddu-Erdas: Viaggio invisibile. Odissea visionaria. Migrazioni e lavoro in Sardegna, cun Centro C.A.P.R.A. e Teatro Zemrude.
Pa lu prugramma cumpletu di Addananzi la Ciminea e tutti l’infulmazioni di pruvvettu www.anantidesaziminera.net/
Bauladu. Oggi al via la VI edizione di “Ananti de sa Ziminera”
Al via a Bauladu la VI edizione di Ananti de sa Ziminera, Fèstival Literàriu Difùndiu (Di fronte al Camino, Festival Letterario Diffuso). L’evento nella comunità oristanese prevede una tre giorni ricca di appuntamenti culturali che si articoleranno lungo sette luoghi chiave della città – da qui appunto il carattere diffuso del Fèstival – volti a conoscere e valorizzare Bauladu e non solo, tra storia, divulgazione scientifica, narrativa, arte e buon cibo.
L’organizzazione del Fèstival (che avrà come ospiti, tra gli altri, Giulio Angioni, Bainzu Piliu, Piergiorgio Odifreddi, Cristiana Collu, Nereide Rudas e i cantautori Nicolò Carnesi e Dente) è curata dalla Consulta Giovani di Bauladu. Apre oggi, ore 17.00, a Domu Carta-Erdas: Sedotti e acculturati. Un omaggio al pensiero di Placido Cherchi, con Giulio Angioni, Alessandro Fonti, Roberto Carta e Franciscu Pala. Conclude domenica, ore 18:00, a Domu Zoccheddu-Erdas: Viaggio invisibile. Odissea visionaria. Migrazioni e lavoro in Sardegna, con Centro C.A.P.R.A. e Teatro Zemrude.
Per la programmazione completa di Ananti de sa Ziminera e tutte le informazioni utili: www.anantidesaziminera.net/ Continua la lettura di Bauladu. Ogghj cumencia la VI stasgioni di “Addananzi la Ciminea”
Tempiu Pausania. Brigata Sassari, cittadinànzia d’onori e vinirazioni militari. Vicesindacu contr’ a tutti
Ghjói passatu lu cunsiddu comunali di Tempiu Pausania ha ufficializzatu la cittadinànzia d’onori a li fanti di la Brigata Sassari (152° regghjimentu). V’era d’aspittassillu propriu ill’annu di lu centenariu di chista palti di l’esercitu italianu. Tutti cuncoldi, tranne unu. La cuntrarietai è pisuta, pa l’algumentu e pa lu fattu chi lu cuntrariu è lu Vicesindacu di Tempiu e assessori a Politichi Soziali, Gianni Monteduro. Lu cuntrastu in cunsiddu è statu folti e prima di l’intelventu di Monteduro, chi spieghendini li rasgioni impruntà comu haria ‘uttatu, v’era ca s’era punendi lu paltó e dagghjìa pa scioltu lu cunsiddu. In pratica, una formalitai. Da chissu momentu in poi l’intalventi hani fattu idè una bedda cantitai di patriottismo italianu chi s’è spintu finz’a all’attitudini etnichi alla gherra di li Saldi pa la palticulari rialtài socioeconomica di alléu e trabaddu di la tàrra.
Li rasgioni di Monteduro s’ho abbastanzia cunnisciuti comu altettantu lu so l’imprési più che centenari di l’esercitu italianu in Saldigna, Italia e in ghjru pa lu mundu. Rasgioni di tipu educativu, pa lu bè di li stéddi di Saldigna chi no dechini smannà in mezu a autoritarismu, sciovinismu italianu e, pa contu di chisti, una Storia altarata innariendi “valori” chi poltarani nudda di bonu alla suzietai di dumani.
No è la prima ‘olta chi Monteduro pìdda pusizioni di chista pultata. Dui anni fa, illa matessi manera, cu educazioni e algumenti, s’è oppostu all’esercitazioni di la Brigata Sassari illa Pischinaccia e a tuttu lu chi in chisti casi sighi, come lizioni illi scoli da palti di suldati o li steddhi matessi accumpagnati da li mastri chi imparani comu si priparani li campi militàri a Herat e, magari, comu si poltani addananzi in pochi ciurrati li bunìfichi di Teulada, dapoi di bumbaldamenti chi sighini da cincant’anni.
Illa ciurrata di ‘ènnari in Tempiu vi sarani cussì li cilibrazioni e preocuppigghja no pocu – in tempu di disoccupazioni, emigrazioni e gherri in tuttu lu mundu – l’auguriu chi a chista vinirazioni di li sassarini sighia un’impegnu custanti 365 dì a l’annu pa la cittài (Gianni Addis). Oppuru lu Sindacu Frediani chi è cunvintu chi celti paréri so “chistioni passunali” e, pa chistu, no si doariani rifirì. La chistioni, inveci, è propriu politica, scientifica e storica: lu cunsiddu comunali è, o doaria esse, un locu politicu.
Di signalà chi, puru si a mezu stampa, un altu cunsidderi di minurìa, Tato Usai, agghjà finza che dumandatu li dimissioni di lu Vicensindacu. Pa una ‘olta, sindacu e magghjurìa di guvelnu hani autu l’ala manna di la minurìa timpiesa: li dui palti erani ‘uniti comu no mai. Miràculi di l’esercitu italianu e dìlla pruppaganda elettorali ch’è, si po dì, intrata illu ‘iu.
Tempio Pausania. Brigata Sassari, cittadinanza onoraria e venerazioni militari. Vicesindaco contro tutti.
Giovedì scorso il consiglio comunale di Tempio Pausania ha ufficializzato la cittadinanza onoraria alla fanteria della Brigata Sassari (152° reggimento). Era prevedibile proprio nell’anno del centenario di tale parte dell’esercito italiano. Tutti concordi, eccetto uno. La contrarietà è pesante, per l’argomento e per il fatto che la stessa viene espressa dal Vicesindaco di Tempio e assessore alle Politiche Sociali, Gianni Monteduro. La discussione in consiglio è stata forte e prima dell’intervento di Monteduro c’era chi indossava il cappotto e dava per sciolto il consiglio. In pratica, una formalità.
Da quel momento in poi gli interventi hanno mostrato una bella dose di patriottismo italiano che si è spinto sino alle attitudini etniche alla guerra dei Sardi, dovute alla particolare realtà socioeconomica agropastorale.
Le ragioni di Monteduro sono piuttosto note come altrettanto lo sono le gesta più che centenarie dell’esercito italiano in Sardegna, Italia e in giro per il mondo. Ragioni di tipo educativo, per il bene dei bambini che non crescano tra autoritarismo, sciovinismo italiano e, per conto di questi, una Storia mistificata dall’esaltazione di “valori” che porteranno nulla di buono alla società di domani.
Non è la prima volta che Monteduro esprime posizioni simili. Due anni fa, nello stesso modo, con educazione e argomenti, si è opposto alle esercitazione della Brigata Sassari in zona La Pischinaccia e a tutto ciò che in questi casi consegue, come le lezioni dei militari ai ragazzi o questi ultimi che con i loro maestri apprendono come realizzare campi militari a Herat o, magari, come portare avanti in poche giornate bonifiche nei Poligoni militari in Sardegna, dopo bombardamenti che proseguono da cinquant’anni.
Nella giornata di venerdì a Tempio si terranno così le celebrazioni e preoccupano non poco – in tempo di disoccupazione, emigrazione e guerre ovunque nel mondo – gli auspici che alla venerazione dei sassarini segua un impegno in tal senso 365 giorni all’anno per la città (Gianni Addis). Oppure il sindaco Frediani che è convinto si tratti di “questioni personali” e, in quanto tali, non si dovrebbero esternare.
La questione, invece, è proprio politica, scientifica e storica; il consiglio comunale è, o dovrebbe essere, un luogo politico. Da segnalare che, seppur a mezzo stampa, un altro consigliere di minoranza, Tato Usai, ha persino chiesto le dimissioni del Vicesindaco.
Per una volta, sindaco e maggioranza di governo hanno registrato un appoggio convinto dalla minoranza: le due parti erano unite come non mai. Miracoli dell’esercito italiano e della propaganda elettorale che, si può dire, è ormai entrata nel vivo.
Vogliamo la scuola sarda, non militari italiani (di Scida*). L’esercito italiano in Sardegna: occupazione e repressione (terza parte)
*Originariamente pubblicato su Scida – Giovunus Indipendentistas, l’01/10/2013. http://scida.altervista.org/
L’esercito italiano in Sardegna: occupazione e repressione.
Le forze armate dello Stato unitario sono state attive nella repressione dei moti popolari della seconda metà del XIX secolo, in opposizione alle proteste popolari – da quelle contro la abolizione degli adempirvi (1865), ultimo attacco contro la gestione comunitaria della terra, ai battellieri in sciopero di Carloforte e ai tumulti di Sanluri del 1881, ove i carabinieri spararono sulla folla uccidendo 4 persone che manifestavano la propria opposizione alla miseria- e nelle retate terroristiche contro la popolazione barbaricina, in nome di una pretesa “lotta al banditismo” ma che in realtà era una “caccia grossa” al sardo.
Nel 1904, il direttore della miniera di Buggerru – il greco Georgiadis – chiese l’intervento di due compagnie di carabinieri al fine di costringere gli operai ad interrompere lo sciopero. Il risultato: 4 morti, uccisi perché si opponevano alla riduzione del proprio salario e all’estensione del lavoro a 12 ore. Due anni dopo, l’esercito si distinse ancora nel fare fuoco contro la nostra gente, che si scagliava contro i simboli dell’oppressione colonialista- caseifici, tramvie, casotti daziari-, facendo 2 morti a Cagliari; 2 a Gonnesa; 2 a Nebida; 5 a Villasalto. Senza contare i feriti.
Durante l’ultimo secolo lo Stato italiano – forte del suo dominio economico e culturale – poté contenere i costi dell’oppressione: non più atti palesi, come sparare su civili inermi, ma specialmente attraverso l’occupazione militare diretta, senza disprezzare la comparsa in operazioni contro i “banditi” (Operazione “Forza Paris”, 1992). Le basi militari sono state costruite a partire dagli anni ’50, sotto l’egida della Nato, e quindi della potenza statunitense, la quale – come ogni dominatore storico della Sardegna – vede nella nostra terra un utile avamposto per l’egemonia nel Mediterraneo. Le forze armate italiane condividono con gli alleati atlantici il più grande poligono terrestre, aereo e navale d’Europa (Quirra); il secondo poligono più grande dello Stato (Capo Teulada); il poligono di Capo Frasca; l’aeroporto di Decimomannu; le stazioni di telecomunicazioni del Monte Arci e di Santu Lussurgiu. Le servitù militari – tra terre e acque concesse per le attività di poligoni, aeroporti, porti, beni sottoposti a demanio militare, depositi munizioni, impianti di telecomunicazioni- ricoprono un’area di oltre 35000 ettari, contro i 16000 sul restante territorio dello Stato. In Sardegna sono dunque presenti il 70% delle servitù militari dello Stato, terreni tolti al libero uso delle nostre comunità e che gravano come un macigno sulla nostra possibilità di sviluppo economico. Entro tali aree inibite alla nostra popolazione si compiono lanci di razzi e missili; sganci di bombe (l’80% delle esplosioni di bombe in Italia, in tempo di pace, hanno avuto luogo in Sardegna); prove di armi da parte di militari di tutto il mondo, offerte dalle industrie private degli armamenti; esercitazioni a fuoco per azioni da attuare nelle guerre per l’egemonia occidentale. Inoltre, la nostra terra possiede la più alta percentuale di occupati nelle Forze Armate (4%), mentre nel settentrione e nel meridione d’Italia non si supera il 2%. Crediamo che ciò sia più che sufficiente per affermare, senza possibilità di smentita, che la nazione sarda subisca una grave occupazione militare.
Significativa è la questione della nuova caserma della Brigata Sassari, a Nuoro. 517 ettari della comunità nuorese, destinati a questa funzione del tutto estranea ai suoi interessi economici, per un costo di 24 milioni di euro, mentre per la costruzione del campus universitario si destinerà solo un milione di euro per rimettere a nuovo una ex artiglieria. Insomma, si vede una scelta politica ben precisa nel favorire le forze armate italiane invece degli studenti nuoresi!
RIFERIMENTI ESSENZIALI
– Leopoldo Ortu, Storia della Sardegna: dal Medioevo all’Età Contemporanea (CUEC, 2011);
– Girolamo Sotgiu, Storia della Sardegna dopo l’Unità, (Laterza, 1986);
– Girolamo Sotgiu, Storia della Sardegna dalla grande guerra al fascismo (Laterza, 1990);
– Guido Floris, Angelo Ledda, Servitù militari in Sardegna. Il caso Teulada (La Collina, 2010);
– Giulio Bechi (a cura di Manlio Brigaglia), Caccia Grossa (Ilisso, 2006);
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