“Vedo i ragazzi che spalano il fango dalle strade e a loro va il mio grazie. Userò la stessa determinazione per spazzare via il fango della mala burocrazia, dei ritardi, dei cavilli“.
Così Matteo Renzi sull’alluvione a Genova. Frasi di rito, anche un po’ imbonitrici, che celano in modo maldestro la non-risposta alla lettera inviata alla sua persona il 5 agosto scorso. “In copia” tutta una serie di funzionari e politici, dai vertici dello Stato sino agli assessori del comune di Genova. Dal coordinatore della struttura di missione “Italia Sicura“, Erasmo De Angelis, al Presidente della Regione Liguria, Claudio Burlando, all’Assessora regionale alle Infrastrutture, Raffaella Paita, al Sindaco di Genova, Marco Doria, all’Assessore ai Lavori Pubblici del capoluogo ligure, Giovanni Crivello, l’Assessora all’Ambiente di Genova, Valeria Garotta, e il Responsabile Unico del Procedimento (RUP), Stefano Pinasco.
La lettera è stata inviata dallo studio legale Anselmi Associati per conto dell’ATI (Associazione Temporanea d’Impresa) che risulta aggiudicataria il 30 marzo 2012 circa i lavori di recupero funzionale del tratto conclusivo del Bisagno, a valere sul bando pubblicato il 27 ottobre 2011.
Successivamente, sono stati presentati numerosi ricorsi al TAR della Regione Lazio e Liguria, da alcune ditte partecipanti alla gara d’appalto del 27 ottobre. Il TAR del Lazio ha così respinto solo in data 17 luglio 2014 tutti i ricorsi per tutte le ditte che avevano agito in giudizio.
Il 5 agosto, come detto, la lettera indirizzata alle Amministrazioni che, tra l’altro, secondo l’Anselmi Associati, per prime si erano espresse contro la legittimità dei ricorsi presentati, in particolare dalla PAMOTER.
Significativo un passaggio della missiva, in relazione alla diffida da parte della PAMOTER al Presidente della Regione Liguria che intima a quest ultimo di non stipulare il contratto che avrebbe dato esecutività ai lavori.
“l’Amministrazione non può certo subire le tempistiche apertamente dilatorie di chi è stato già soccombente dal TAR Lazio e Consiglio di Stato, in quanto l’unico interesse pubblico che deve perseguire è quello della celere realizzazione dell’opera, anche a fronte dei pregiudizi che potrebbero derivare alla collettività da un ulteriore prolungamento dei tempi del tutto immotivato e pretestuoso“.
Il resto, tristemente, è storia recente.