Iniziamo da oggi a pubblicare un Focus in quattro parti in cui spiegheremo chi, come e perché ha intenzione di mantenere attiva in Sardegna l’occupazione militare, i metodi utilizzati dalla politica isolana per mantenere le proprie posizioni di rendita agendo per una risoluzione reazionaria del conflitto in atto tra Popolo sardo e Stato italiano e la nostra idea di risoluzione dello stesso nell’ambito della lotta di liberazione della nostra nazione.
La manifestazione del 13 settembre a Capo Frasca, l’occupazione studentesca del Magistero e la seconda manifestazione del 13 dicembre contro i poligoni, a Cagliari, hanno rappresentato le vette più alte del movimento contro l’occupazione militare della Sardegna. Tuttavia, malgrado questi indubbi successi – dovuti alla crescente sensibilità popolare alla questione militare in Sardegna – soffiano prepotentemente venti di Reazione. Questi pongono tutto il movimento di fronte ad un problema concreto: il rischio di risoluzione reazionaria del conflitto sulle servitù militari tra il popolo sardo e lo Stato. D’altra parte, appare sempre più evidente la contraddizione di coloro che vorrebbero porre questo conflitto al di fuori della lotta di liberazione nazionale sarda.
Piattaforma Pigliaru alla riscossa
Durante l’assemblea popolare di Santa Giusta del 4 ottobre, Mariella Cao – storica militante antimilitarista sarda, esponente del comitato Gettiamo le Basi – ha battezzato “Piattaforma Pigliaru” l’area variegata che propone la riduzione delle servitù di Teulada e Capo Frasca in cambio della riqualificazione del Poligono Interforze Salto di Quirra. Il tentativo sarebbe quello di placare la straordinaria mobilitazione popolare degli ultimi mesi con un progetto già confezionato da tempo.
Nel mese di novembre, il Partito Democratico ha tenuto un convegno sul PISQ a Villaputzu; ospiti i consiglieri regionali Franco Sabatini e Piero Comandini. Entrambi hanno ribadito l’appoggio alla struttura militare; molto esplicita la dichiarazione di Comandini, primo per voti: “Ci sono realtà che possono essere dismesse e una realtà come questa (…) che deve essere mantenuta e possibilmente potenziata”. Gli stessi individui, sono i primi firmatari della mozione consiliare 102 del 11 dicembre – firmata anche da altri tre consiglieri del PD: Lorenzo Cozzolino, Roberto Deriu, Luigi Lotto – che propone un “rilancio delle attività del poligono”, poiché è da esso che dipenderebbe “il rilancio economico e ambientale” dell’area. Inoltre, si propone che il problema della sproporzione di servitù militari tra Sardegna e Italia si risolva con degli investimenti in ricerca e formazione nella nostra isola, nei settori “della radaristica, microelettronica robotica, le attività di ricerca e sviluppo di tecnologie e sistemi della filiera delle energie rinnovabili, le attività di ricerca e sviluppo in campo meteorologico, le forme di sperimentazione e monitoraggio finalizzate alla predisposizione di protocolli, inerenti alle condizioni di sicurezza dei militari impegnati nelle missioni internazionali”. L’obiettivo è quello di “creare un polo tecnologico duale, dove il connubio tra sperimentazione militare e civile consentono il rilancio del Poligono, concorrendo allo sviluppo economico-sociale delle comunità locali”. Ovviamente tutto nel rispetto dell’ambiente e di un protocollo sanitario nazionale. Come se il problema fosse chiuso alla questione ecologica e sanitaria e non riguardi l’espropriazione ai danni del nostro popolo e la preparazione della guerra imperialista, per aggredire altri popoli in nome del capitale italiano ed internazionale.
La mozione dei consiglieri “democratici”, infatti, è anche un atto di accorata difesa dell’occupazione militare della Sardegna, utilizzando le argomentazioni dei filomilitaristi più accaniti. Il PISQ è definito una “realtà d’eccellenza in campo europeo” e le attività militari vengono definite come la sola destinazione d’uso per quei 13400 ettari di territorio sardo e comunità circostanti: “non si intravedono, al momento, iniziative in grado di assicurare un così alto numero di buste paga, costituite da militari, operai civili del Ministero della difesa, dipendenti della Vitrociset, Galileo Avionica, operai delle mense, pulizie e gestori dello spaccio, da non trascurare, inoltre, il notevole indotto nel settore del commercio, accoglienza, lavori pubblici”. Ai nostri consiglieri devono essere sfuggiti i dati sullo spopolamento, che vedono Villaputzu come quinto comune sardo per numero di emigrati (16.8% della popolazione residente) e Perdasdefogu che nel giro di 40 anni ha perso ¼ dei propri abitanti. Tra le aziende belliciste citate, la Vitrociset è quella che sembra più stare nel cuore di Comandini e amici: “la Vitrociset è uno dei maggiori gruppi privati italiani, per dimensione e know-how, a operare nell’alta tecnologia informatica ed elettronica e nella logistica integrata (…) è presente nel PISQ con circa 160 lavoratori, tutti con un alto profilo professionale e relative infrastrutture dedicate (…) a luglio del 2012, si è aggiudicata la gara relativa all’ammodernamento e al potenziamento del Poligono militare MOD in Turchia, questo grazie all’esperienza, alla professionalità e alle capacità dei suoi tecnici/ingegneri acquisite in molti anni di attività svolte soprattutto presso lo stabilimento di Capo San Lorenzo, nell’ambito del supporto logistico e dell’ammodernamento tecnologico del Poligono interforze del Salto di Quirra”. Il blocco alle attività militari è considerato come una iattura: “le attività sperimentali del Poligono, ferme ormai da più di un anno, hanno creato uno scenario allarmante (…) in attesa delle tanto attese bonifiche, della riconversione e del rilancio del Poligono, le sperimentazioni militari e civili vengono trasferite dall’Ogliastra e dal Sarrabus verso basi più ospitali”; ad esempio, la formazione dei militari europei nella gestione degli aerei a guida remota è stata concentrata nella “base aerea di Amendola in Puglia, e se il primo drone italiano, il Falcon, veniva sperimentato, nei primi anni del duemila” a Perdasdefogu dalla Finmeccanica, ora “la sperimentazione dei droni di ultima generazione e l’addestramento dei relativi operatori farà capo alla base aerea di Foggia e Manfredonia”. E, come concluderebbe un qualsiasi ascaro con la divisa da ufficiale della Brigata Sassari, i consiglieri piddini imputano questa “grave perdita” a “questioni meramente ideologiche” che rischierebbero non solo di eliminare gli attuali posti di lavoro offerti dalla base ma persino di impedirne la nuova creazione.
Il 15 dicembre – due giorni dopo la manifestazione di Cagliari- Sabatini e Comandini hanno guidato una delegazione di parlamentari del proprio partito entro il PISQ. Presenti: Ignazio Angioni, Siro Marrocu, Romina Mura, Emanuele Cani. Quest’ultimo ha rilasciato questa dichiarazione: “Ritengo che sia arrivato il momento di ridisegnare complessivamente il sistema della presenza militare in Sardegna intervenendo su alcuni fronti: primo è un ridimensionamento della quantità dei territori occupati; il secondo è un monitoraggio dell’ambiente occupato, che dia un quadro preciso; il terzo è il modo in cui tale presenza può sviluppare attività di impresa nel territorio regionale. Un buon esempio è costituito dalla Vitrociset che opera in stretta sinergia con il poligono interforze di Quirra, modello che potrebbe essere esportato anche in altri siti militari presenti in Sardegna”.
Insomma, sembra proprio che tutti gli esponenti di questo partito politico farfuglino la stessa pappardella. Ma chi ha scritto il loro copione?
Scida, Giovunus Indipendentistas http://scida.altervista.org/