Occupazione militare, la polveriera Sardegna: il 23 novembre occhi puntati su Capo Frasca

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Occupazione militare, la polveriera Sardegna: 23 novembre occhi puntati su Capo Frasca

Dopo circa due anni, Capo Frasca sarà nuovamente teatro di una grande mobilitazione contro l’occupazione militare della Sardegna. Per il 23 novembre, dalle ore 10:00, è prevista una grande mobilitazione alla quale A FORAS – Movimento Sardo contro l’Occupazione Militare lavora da diversi mesi. Le posizioni sono quelle che caratterizzano da sempre la lotta contro l’occupazione militare: interruzione delle esercitazioni, chiusura dei poligoni, bonifiche e riconversione economica. I militanti di “A Foras”, ma anche quelli della Rete “No basi né qui né altrove”, movimenti, partiti e individualità indipendentiste, comitati studenteschi e ambientalisti, tenteranno di interrompere ancora una volta le attività militari con una manifestazione-corteo che dal ponte di Marceddì arriverà sino ai cancelli della base militare di Capo Frasca per spostarsi in seguito verso Punta S’Aschivoni.

A Marceddì si raduneranno manifestanti e militanti provenienti da tutta l’Isola con pullman in partenza da Cagliari, Oristano, Sassari, Olbia, Macomer, Villacidro e dal Sulcis. L’iniziativa, presentata nei giorni scorsi a Cagliari, sarà preceduta da diverse assemblee programmate in vari centri della Sardegna. Hanno aperto la campagna di avvicinamento le assemblee di Terralba (12) e  Nuoro (14): il ciclo si concluderà con l’assemblea organizzativa finale di Cagliari il 18 novembre.

“Manifestiamo per dire NO alla guerra, per dire basta all’uso della Sardegna per la produzione e sperimentazione di armi che avvelenano la terra, per ostacolare il perfezionamento di una macchina bellica che va sempre più a colpire civili innocenti, ospedali, scuole in tutto il Mondo” –dichiara A FORAS nel comunicato stampa diramato a margine della conferenza stampa. Per favorire una maggiore partecipazione alla manifestazione, il 23 novembre è stato indetto uno sciopero studentesco. “Ritorniamo ora a Capo Frasca perché proprio a novembre il 6/o stormo dell’Aeronautica militare si addestrerà con le bombe Mk prodotte nella fabbrica tedesca Rwm di Domusnovas, le stesse vendute all’Arabia Saudita e sganciate nello Yemen” spiegano i rappresentanti degli studenti.

Sono stati numerosi gli eventi organizzati nel corso dell’ultimo anno in tutta la Sardegna; dagli incontri territoriali in vista della I Assemblea Generale, chiamata dal Comitato Studentesco contro l’Occupazione Militare a Bauladu, alle diverse Assemblee generali (ben 6) organizzate a Oristano, Lanusei e nuovamente a Bauladu, passando per un’imponente campagna muraria realizzata nella prima settimana di agosto in lingua sarda e alloglotte, che ha raggiunto circa 150 comuni della Sardegna.

In ambito universitario, da sottolineare due azioni dirette dei militanti contro l’occupazione militare di Cagliari e Sassari. Nel primo caso, lo scorso luglio il Comitato Studentesco contro l’Occupazione Militare ha interrotto dopo pochi minuti una conferenza su tematiche ambientali che aveva come relatori la Marina Militare e la Saras. A Sassari, lo scorso 13 ottobre, alcuni militanti hanno interrotto un seminario tenuto da graduati della Marina Militare de La Maddalena, uno dei diversi incontri in programma per presentare il nuovo corso di studi in Sicurezza e Cooperazione Internazionale, attivato da quest’anno nell’ateneo turritano in collaborazione con l’Esercito Italiano.

calangianus-lurasCampagna muraria estiva contro l’Occupazione Militare, strada Luras-Calangianus

Un lavoro intenso quello del movimento culminato con l’organizzazione a settembre di un campeggio contro l’occupazione militare nel Bosco di Selene, a Lanusei. Nonostante diverse forme repressive ed interferenze di pubblica sicurezza su amministrazione comunale e militanti, A Foras Camp ha registrato un bilancio positivo sia in termini di partecipazione che di sviluppo del lavoro. Sono state discusse le mobilitazioni che caratterizzeranno un nuovo anno di lotta, il lavoro invernale nelle scuole e, più in generale, sono proseguite le attività di studio e ricerca per i 6 gruppi di lavoro nati in occasione delle prime Assemblee Generali. Si va dalla comunicazione interna ed esterna agli scenari internazionali, dall’Università e il caso Technion all’RWM di Domusnovas, dagli aspetti socio-economici dell’occupazione militare (salute, ambiente e lavoro) alla storia della lotta contro le servitù militari. Mese dopo mese si è così sviluppato un radicamento territoriale della lotta e le varie iniziative hanno progressivamente favorito nuovi contatti, idee e progetti tra centinaia di militanti.

a-foras-camp-murale-sardigna-liberaScritta contro l’occupazione militare realizzata durante A Foras Camp 2016

Un discorso specifico spetta alla parabola della “strategia Pigliaru”. Questa, nei primi mesi di mandato dell’esponente del Pd, si era concretizzata in un “tavolo con lo Stato” volto al riequilibrio del peso delle servitù militari italiane, gravanti per oltre il 60% sulla Sardegna. Trattative che, di fatto, hanno puntato in larga parte all’ottenimento dello stop alle esercitazioni nel periodo estivo, al fine di non pregiudicare le attività turistiche e l’immagine verginea della Sardegna. Di fatto, lo stop turistico così previsto – per quanto costituisca in se un’azione discriminatoria e rappresenti un accordo fortemente al ribasso – riguarda un lasso di tempo piuttosto breve; il calendario delle esercitazioni per il I semestre 2016, ad esempio, prevedeva esercitazioni lungo tutto il mese di giugno, a stagione turistica abbondantemente inoltrata. La Giunta Pigliaru è ritornata al centro del dibattito sull’occupazione militare nell’ultimo mese di proteste da parte della marineria di Oristano, vertenza risolta con il riconoscimento degli indennizzi ai pescatori al pari di quanto previsto nell’ambito delle altre aree militarizzate in Sardegna. La Giunta ha dal canto suo sempre rivendicato il DASS (Distretto Aerospaziale della Sardegna) come strumento principe per la riconversione civile delle servitù militari. Su questa tematica sono particolarmente attivi i militanti di Scida – Giovunus Indipendentistas, organizzazione universitaria indipendentista impegnata in diverse lotte: dall’occupazione del Magistero contro il nuovo ISEE nel dicembre 2015 ad, appunto, la lotta contro le basi con volantinaggi e sensibilizzazione nelle giornate dell’orientamento universitario. Nel 2014 Scida ha prodotto un articolato dossier nel quale si sottolineava l’ambiguità del progetto DASS. Questo, difatti, non rappresenta una novità della Giunta Pigliaru, dal momento che tale prospettiva veniva indicata da tempo dal senatore del PD, Gian Piero Scanu: concentrare le attività di Capo Frasca e Capo Teulada nel PISQ con, al contempo, la “riconversione” scientifico-civile delle strutture militari ogliastrine a beneficio del settore aerospaziale.

In realtà, come denunciato in particolare dall’area indipendentista, più che una riconversione il DASS appare un progetto di riattualizzazione delle attività belliche dal momento che i partner che via via si stanno avvicinando al Consorzio – da alimentare con ingenti risorse europee – sono aziende note per attività condotte nel corso degli anni proprio nel PISQ. Insomma, il PISQ rimane ma diventa un “nuovo” PISQ, che con l’aerospaziale diviene assolutamente green, così definito in alcuni documenti licenziati dalla RAS.

Questa riattualizzazione del controllo dell’Isola passa anche dall’utilizzo quasi compulsivo di nuovi termini. “Duale” è sicuramente uno di quelli preferiti dalla Giunta Pigliaru ma raccomandazioni in tal senso sono giunte ad esempio dall’ex capo di stato maggiore della Difesa, Luigi Binelli Mantelli, che raccomandò maggiore cautela nell’utilizzo di alcuni termini come “servitù”, definita “un’espressionecorretta, ma oggi non più adeguata alle esigenze della comunicazione“.

Da sottolineare il documento Strategia di specializzazione intelligente della Sardegna, dove Poligoni e strutture militari vengono inquadrati come centrali per lo sviluppo socio-economico sardo. “D’altra parte, non si può sottacere l’importanza delle infrastrutture, quali ad esempio i poligoni e gli aeroporti militari in Sardegna, per un armonioso sviluppo delle politiche industriali in materia di spazio a livello regionale, che si inseriscono pienamente nelle misure riportate nella comunicazione della Commissione Europea <Liberare il potenziale di crescita economica nel settore spaziale> – passaggio controverso contenuto nella versione licenziata a luglio del 2014, sparito nelle versioni successive come quella intermedia del 2015 e definitiva del 2016.

A complicare le già deboli trattative con lo Stato, si aggiunge un approccio generale messo in campo dalla Difesa italiana in tema di servitù militari e inquinamento.  La parola d’ordine è cercare di ridurre al minimo le probabilità di risarcimento, nonché l’entità stessa del ristoro. A tal proposito si segnala il documento redatto dal 9° Gruppo di lavoro nell’ambito del 17° Corso Superiore di Stato Maggiore Interforze, denominatoAttività militari e danno ambientale. Le cause di esclusione della risarcibilità del danno ambientale, profili giuridici. La bonifica dei siti contaminati”.

Dopo quello di Selene, un altro campeggio antimilitarista è stato organizzato dalla Rete No Basi Né Qui Né Altrove dal 6 al 10 ottobre a San Sperate e concluso con il corteo all’aeroporto di Decimomannu. La Rete era stata protagonista già nelle manifestazioni dell’11 giugno a Decimomannu per la Starex e nella giornata campale del 3 novembre a Sant’Anna Arresi/Teulada.

no-starex             Scritte contro l’operazione Starex, Centro storico di Sassari

decimo-no-starex-caricaLa simbolica battitura delle rete causa una carica della polizia: 12 gli agenti feriti denunciati dal Siulp, NO Starex, Decimomannu 11/06/2015

teuladaDopo il blocco degli autobus le due parti del corteo di riuniscono e proseguono assieme. NO Trident Juncture, 03-11-2015, Poligono di Teulada

La grande manifestada natzionale del 13 settembre 2014 aveva portato oltre 10.000 persone di fronte al Poligono di Capo Frasca, giornata caratterizzata da forte unità soprattutto nell’area indipendentista e dall’irruzione nel poligono alla quale non seguì alcuno scontro. Emblematiche le dichiarazioni del dirigente della Digos che nonostante la sassaiola nelle ore precedenti e l’ingresso nel perimetro della base annunciava a caldo che “non ci sarà nessuna carica”. Seguirono alcune ore di balli, canti e presenza per circa 400 manifestanti.

Diverso il clima nei mesi seguenti, già a partire dalla seconda manifestada del 15 dicembre a Cagliari. Precedettero la manifestada l’appello di Antonsergio Belfiori e la delibera del COCER che chiedevano massima attenzione da parte della politica affinché  si assicurasse tranquillità ai militari e rispettive famiglie minacciate, secondo il sindacato dei militari (interforze), dalle mobilitazioni e dalle richieste del movimento indipendentista e antimilitarista.

Seguirono mesi di stallo nella lotta contro l’occupazione militare, complice in parte una generale riorganizzazione di diverse realtà indipendentiste. I numeri e l’entusiasmo generato a Capo Frasca e il successivo allentamento della lotta nei mesi seguenti dimostrarono che ogni grande manifestazione deve, necessariamente, essere preceduta da un profondo lavoro di sensibilizzazione e studio su tutto il territorio sardo. La grande partecipazione del 13 settembre 2014 è attribuibile, oltre allo sforzo organizzativo encomiabile principalmente da parte del movimento indipendentista, anche a fattori contingenti (l’incendio di oltre 25 ettari durante un’esercitazione dell’aviazione tedesca) e ad una massiccia copertura mediatica della mobilitazione, in particolare da parte dell’Unione Sarda. Mancava, però, un’azione programmata, unitaria e costante su tutto il territorio nazionale sardo, un lavoro strutturato di indirizzo e organizzazione che slegasse le sorti del movimento e il perseguimento degli obiettivi da fattori casuali.

Con l’avvicinarsi dell’estate 2015 si registrarono comunque nuove mobilitazioni da parte di indipendentisti e antimilitaristi. Tra i momenti più significativi, la manifestazione indetta all’aeroporto militare di Decimonannu in occasione dell’operazione Starex, ma anche  diverse iniziative riguardo l’RWM di Domusnovas data la crescente indignazione nell’opinione pubblica per le forniture belliche all’Arabia Saudita. Dall’aprile 2015, l’aggressione da parte della monarchia saudita allo Yemen avviene utilizzando dispositivi d’arma prodotti dalla RWM di Domusnovas che transitano via Elmas con destinazione Riyad, previa licenza ministeriale all’esportazione. Proprio sull’autorizzazione all’export bellico a beneficio dei sauditi, la procura di Brescia ha aperto nei mesi scorsi un’inchiesta per presunte violazioni alla normativa che impedisce la fornitura di armi a paesi in stato di conflitto. Alla procura di Brescia si aggiunge quella di Cagliari che, secondo quanto riferito in esclusiva da Sardinia Post lo scorso 4 novembre, sta indagando in tal senso e nelle prossime settimane si potrebbero avere novità di rilievo sugli affari della tedesca Rheinmetall, le autorizzazioni governative italiane e i rapporti con la monarchia saudita. Quest’ultima guida la coalizione che bombarda lo Yemen con un bilancio allo stato di quasi 5.000 vittime ed una rilevante incidenza di bambini a causa dei raid su centinaia di edifici come scuole, ricoveri e ospedali. La situazione è così estrema che nel corso degli ultimi mesi Medici Senza Frontiere ha deciso di abbandonare 6 ospedali nel nord del paese.

Capitolo repressione. Oltre alle richiamate interferenze nel corso del campeggio di Selene, un certo livello di repressione caratterizza sempre la lotta contro l’occupazione miliare. Dalla “prevenzione” con controlli a tappeto e fogli di via, alla gestione pratica di cortei e manifestazioni, in particolare da parte della Questura di Cagliari. Si va dalle cariche di Decimomannu a quelle di Sant’Anna Arresi, passando per le tre giovani militanti minorenni denunciate per l’ingresso nel Poligono del 3 novembre e gli innumerevoli fogli di via triennali assegnati dalla Questura di Cagliari a numerosi militanti, in alcuni casi con gli atti giudiziari notificati un anno dopo i fatti contestati. Alla luce dell’asfissiante militarizzazione del territorio nelle giornate precedenti il 3 novembre 2015, a fronte del divieto di manifestazione “per dare un segnale forte“, nonché l’assetto di guerra dispiegato durante la  giornata, il questore Gagliardi è stato oggetto di numerose critiche e richieste di  allontanamento da Cagliari.

teulada-scontriPolizia e Anti Terrorismo Pronto Impiego caricano fronte fiume in località Is Pillonis. NO Trident Juncture, 03-11-2015, Sant’Anna Arresi

Sempre sul fronte repressione, si ricordano alcuni autogol da parte delle forze di sicurezza. Nei mesi scorsi a Cagliari il fermo di due militanti con l’accusa di aver divulgato “materiale riservato”; in realtà, altro non si trattava che del calendario semestrale delle esercitazione militari, documento reperibile tramite accesso ad atti pubblici. Altra gaffe fu quella del neo-insediato comandante del Comando militare autonomo “Sardegna”, Giovanni Domenico Pintus. In occasione di Trident Juncture, Pintus smentì l’interruzione delle operazioni a causa del taglio delle reti e l’ingresso nella base da parte di una decina di militanti. Una versione dei fatti che smentiva qualsiasi interruzione delle esercitazioni per mano dei manifestanti, in quanto le manovre militari erano ferme come da cronoprogramma da circa 3 ore. In realtà, tale versione venne smentita da prove oggettive raccolte durante le ore considerate e, in seguito, dalle dichiarazioni e dalla pubblicazione da parte del Comitato Studentesco contro l’Occupazione Militare dal seguente riscontro documentale.

smentita-pintus-su-interruzione-tjOrdinanza dell’Uffico Circondariale Marittimo di Sant’Antioco per orari di Trident Juncture

Capitolo PISQ. Due anni caratterizzati anche dallo stop al “Processo di Quirra“, procedimento a carico di otto ex comandanti del Poligono di Perdasdefogu e del distaccamento di Capo San Lorenzo. Si tratta di Fabio Molteni, Alessio Cecchetti, Roberto Quattrociocchi, Valter Mauloni, Carlo Landi, Paolo Ricci, Gianfranco Fois e Fulvio Ragazzon. Le imputazioni attuali sono quelle di “omissione dolosa aggravata di cautele contro infortuni e disastri” e il fatto che gli imputati nell’attuale fase siano tutti membri dell’Esercito Italiano rende sicuramente il processo un caso di primissimo piano. D’altro canto, però, le imputazioni iniziali avevano ben altro tenore con l’accusa di “omicidio colposo plurimo” a carico di altri 12 soggetti prosciolti in fase di rinvio a giudizio. Fuori dal processo, tra gli altri, risultarono i docenti dell’Università di Siena e i tecnici della Sgs accusati di aver “cucinato” le relazioni scientifiche riguardo le condizioni ambientali del PISQ.

È bene che qualcuno si ricordi che questo non è un processo allo Stato, un processo politico, ma dovrebbe restare un processo a dei singoli” (Francesco Caput, avvocatura di Stato, in merito all’alleggerimento delle imputazioni a carico dei generali al rinvio a giudizio).

I risvolti di un processo simile, particolarmente complesso da un punto di vista procedurale e scientifico, vanno contestualizzati in un quadro generale che rende il procedimento “unico” in quanto unici sono territorio e attività svolte da oltre mezzo secolo. Unico è, insomma, il PISQ. Questo quadro si caratterizza da un impatto estremamente profondo ed esteso delle attività belliche: è difatti il Poligono più grande d’Europa ed in particolare è, oltre che addestrativo per gli Stati e i relativi eserciti, anche sperimentale bellico, all’origine quindi della filiera degli armamenti e, in misura minore, fornitore di servizi per test particolarmente impattanti come quelli di grossa impiantistica (oleodotti, gasdotti). Nel PISQ la tutela e la riservatezza prestata alla ragion di Stato è strettamente interrelata alla segretezza e tutela da assicurare a beneficio di costosissimi processi produttivi, di ricerca e sperimentazione industriale. All’origine dell’insediamento e del successivo potenziamento, a cavallo tra la fine degli anni ’50 e ’60, il PISQ ha interessato la vita della popolazione in un modo che non ha eguali in nessun’altra area militarizzata della Sardegna. Al di là delle successive diseconomie date dall’inquinamento e dall’interdizione di attività economiche, gli espropri hanno costituito uno degli eventi più traumatici della Storia sarda del ‘900. Comunità già scarsamente popolate, ma con discrete potenzialità di sviluppo endogeno, alle quali armi e decreto ministeriale alla mano è stato imposto un esodo forzato da case e territori. Non è improprio parlare più esplicitamente di deportazione, nella misura in cui si è osservato oltretutto un totale abbandono al proprio destino per le popolazioni soggette allo sgombero con flussi stimati tra le 20.000 e 25.000 unità.

villaputzu-lotta-contro-le-basiScritte contro l’occupazione militare, Villaputzu

La richiesta di partecipazione al danno nell’ambito del Processo di Quirra è stata più volte oggetto di discussioni e polemiche, in particolare in occasione della pronuncia della Corte. “Richiesta pretestuosa e dati i modi e i tempi della richiesta di costituzione in parte civile finalizzata all’allungamento per l’accertamento della verità” – così si era espresso l’avvocato di parte civile, Gianfranco Sollai, concetto poi ribadito lo scorso giugno. La richiesta aveva generato la trasmissione degli atti da parte del Tribunale di Lanusei alla Corte Costituzionale. Quest’ultima si è quindi espressa riguardo l’eccezione sollevata dalla Regione Sardegna sull’esclusività dello Stato come unico beneficiario del risarcimento previsto (articolo 311 del Testo unico ambientale). La questione si è risolta solo lo scorso aprile, con sentenza depositata nei primi giorni di giugno, per il respingimento delle richieste della R.A.S nel nome di un principio di unitarietà ambientale e sancisce come prevedibile la legittimità esclusiva del Ministero all’Ambiente in ordine alla richiesta di risarcimento da erogare, eventualmente, per il danno ambientale occorso.

Dopo quasi due anni il Processo riprende ma con nuove sorprese che non mancheranno di generare polemiche anche in vista della manifestazione del 23 novembre. I legali dell’avvocatura di Stato – Caput, Filippi e Chelo – hanno difatti formalizzato la richiesta di citazione per responsabilità civile all’indirizzo dei Comuni che autorizzarono gli allevatori a pascolare all’interno delle aree del Poligono. Sul punto, il giudice monocratico Nicola Serra deciderà nella prossima udienza fissata per oggi 16 novembre.

Situazione calda, alimentata dalla recente notizia del via libera del Parlamento italiano ad oltre un miliardo di euro di investimenti per l’acquisto degli ultimi ritrovati bellici di Iveco-Oto Melara e Leonardo Elicotteri. “Lo sviluppo del nuovo velivolo collocherebbe l’industria nazionale in posizione di vantaggio sul mercato internazionalein una finestra temporale nell’ambito della quale potrebbero essere concretizzate ottime opportunità di collaborazione e/o vendita” (Relazione Pinotti al Senato per parere sul programma pluriennale di A/R n. SMD 02/2016). Un clima che, già caldo, rischia di farsi incandescente. A meno di una settimana dal 23 Novembre, il premier italiano Matteo Renzi sarà nuovamente in Sardegna dopo la visita dello scorso luglio per la firma del Patto Sardegna. Appuntamento a Cagliari mercoledì 16 e partenza prevista il pomeriggio seguente, dopo aver fatto tappa a Sassari. Tra gli incontri in vari territori, spicca l’annunciata firma del Patto per Cagliari. Sa Domu – Studentato Occupato Casteddu, realtà attiva da circa due anni nelle emergenze abitative in città, nelle politiche universitarie e nella lotta contro l’occupazione militare, ha indetto una manifestazione – Renzi, Cagliari non ti vuole. Il 16 novembre cacciamo il PD – a partire dalle ore 17:00 con ritrovo previsto in Piazza dei Centomila.

http://contropiano.org/news/politicanews/2016/11/16/occupazione-militare-capo-frasca-085966 

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