Moneta celebrativa della visita congiunta nazisti-sionisti in Palestina (Leopold von Mildenstein per le SS e Kurt Tuchler per la Federazione Sionista), emessa dal quotidiano berlinese Der Angriff. Leopold von Mildenstein tra il settembre e l’ottobre del 1934 scrisse per Der Angriff, fondato da Goebbels nel 1927, una serie di dodici articoli che raccontavano il tempo trascorso l’anno precedente in Palestina, all’epoca sottoposta al Mandato britannico (dal 1920 al 1948, in base agli accordi di Sykes-Picot del 1916) e i contemporanei sforzi degli ebrei d’Europa nel volersi insediare e sviluppare in Palestina, costruendo quello che J. Balfour nel 1917 definiva “focolare nazionale” e che la corona britannica si impegnava a sostenere. Nel 1935 Mildenstein presenziò la riunione della World Zionist Organization a Lucerna, fondata da Theodor Herzl nel 1897 a Basilea. Nei tre decenni precedenti la conclusione della II Guerra Mondiale, gli ebrei in Palestina passarono così da circa 80 mila a quasi un milione.
Foto UNRWA Nahr al-Bared in Libano, inverno 1948
Palestinian refugees leaving a village near Haifa, June 1948. Photo by Corbis
Norman Gary Finkelstein, politologo e storico statunitense antisionista di origini ebree. Ha scritto, tra gli altri, “L’industria dell’Olocausto“. Dal 2008 è persona non gradita al governo israeliano: “Hezbollah rappresenta la speranza. Combattono per difendere la propria terra e l’indipendenza della propria nazione; difendono se stessi dai predatori, dai vandali, dagli assassini stranieri“.
“Perché gli arabi dovrebbero fare la pace? Se fossi un dirigente arabo non farei mai la pace con Israele. È normale: abbiamo preso il loro Paese. Certo, Dio ce lo ha promesso, ma questo a loro cosa può interessare? Il nostro Dio non è il loro. È vero che siamo originari di Israele, ma la cosa risale a duemila anni fa: in che cosa li riguarda? Ci sono stati l’antisemitismo, i nazisti, Hitler, Auschwitz, ma è stata colpa loro? Loro vedono solo una cosa: siamo venuti e abbiamo rubato il loro Paese. Perché dovrebbero accettare questo fatto?” (David Ben Gurion, fondatore di Israele, leader dell’Organizzazione Sionista Mondiale nel 1946 e prima persona a ricoprire l’incarico di Primo ministro).
“Io credo che, politicamente parlando, ci sia per Israele una sola soluzione, e cioè il riconoscimento unilaterale degli obblighi dello Stato verso gli arabi. E questo non come moneta di scambio, ma come riconoscimento senza riserve del dovere morale dello Stato di Israele verso i precedenti abitanti della Palestina. La pretesta degli ebrei sulla terra di Israele non può essere una pretesa politica realistica. Se, improvvisamente, tutti i Paesi rivendicassero i territori dove i loro antenati sono vissuti duemila anni or sono, il mondo diventerebbe un manicomio” (Eric Fromm, da Jewish Newletter, 19 maggio 1958).
La repressione è feroce. Un’ondata di arresti colpisce migliaia di cittadini che vengono tenuti nei campi militari. Le punizioni collettive sono impiegate su larga scala. Solo nei primi 3 mesi dello sciopero i palestinesi versano 30.000 sterline di multe collettive, quando il salario medio di un lavoratore è di 3 sterline mensili. L’amministrazione britannica inaugura una nuova tecnica di punizione collettiva che nei successivi 70 anni sarà largamente usata come strumento di cancellazione della realtà palestinese. Il 16 giugno [1936, ndr] gli aerei britannici lanciano volantini che annunciano “lavori di urbanizzazione” del centro storico di Giaffa, “al fine di ampliare e migliorare la città vecchia costruendo due strade che saranno utili all’intera città”. Alla popolazione si danno 24 ore di tempo per lasciare le proprie abitazioni. Il 18 giugno i militari circondano il centro della città con un vasto spiegamento di forze. Procedono a svuotare l’area. Gli abitanti vengono deportati e i militari cominciano una sistematica distruzione con la dinamite di tutti gli edifici. Il 21, dopo tre giorni di demolizioni, il centro storico di una delle città più antiche del mondo non esiste più. Il 29 e il 30 giugno 1936 vengono demoliti altri 150 edifici e 850 “capanne”: 10.000 persone restano senza dimora. Negli anni successivi la demolizione sarà la tecnica repressiva preferita dagli inglesi e successivamente dagli israeliani” (Lo scempio di Giaffa, attualmente municipalità di Tel Aviv).