Tempio, la Bottega del Mondo: una generazione di etica e solidarietà
Una generazione di etica e solidarietà. Da quasi vent’anni, infatti, la Bottega del Mondo di Tempio Pausania è caratterizzata per le attività di commercio equo e solidale con prodotti provenienti, in particolare, dal Sud del Mondo. Un commercio improntato alla ricerca della sostenibilità sotto diversi aspetti. Dal rapporto uomo-ambiente a quello tra produzione e commercio, il tutto all’interno di un quadro di rapporti civili e pacifici tra le popolazioni del Nord e Sud dell’umanità. Quest’ultimo legame è richiamato anche nella stessa denominazione dell’Associazione Nord-Sud che opera nella Bottega a titolo di esclusivo volontariato.
Le volontarie e volontari – che negli anni hanno partecipato spesso ad iniziative contro la guerra – dopo la aver operato per lungo tempo nella sede storica di Via Settembrini, gestiscono da alcuni anni l’accogliente angolo solidale di Via Piave. Nella Bottega si può trovare una vasta gamma di prodotti. Dagli alimentari – con il cous-cous palestinese o il caffè messicano per fare alcuni esempi – ai libri su temi quali agricoltura biologica e fairetrade passando per il piccolo artigianato proveniente da Africa, Asia e America Latina.
La Bottega del Mondo è aperta al pubblico da lunedì al sabato, dalle ore 10 alle 12 e dalle 17:30 alle 19. Per informazioni il numero di riferimento è 333-4283503.
Il seguente appello è promosso da operatori della cultura e intellettuali sardi e diffuso primariamente dal sito Indielibri
LA REALTÀ CHE CI CIRCONDA
Gli artisti sardi, e in generale tutto il mondo della cultura in Sardegna, hanno risposto alla crisi sanitaria in maniera molto generosa, mettendo spesso a disposizione gratuitamente le loro opere, prestandosi a partecipare a eventi culturali online a titolo gratuito per rendere meno pesante gli effetti del distanziamento fisico che, in tutto e per tutto, rischia di compromettere il nostro modo di vivere la socialità e il nostro modo di usufruire della cultura.
Oggi tutto il mondo della cultura rischia di subire un contraccolpo mortale per via delle misure governative che impediscono qualsiasi tipo di assembramento. È soprattutto la cultura indipendente, quella che si muove dal basso e senza nessuna forma di sostentamento a subirne le maggiori conseguenze. Sono tutti coloro ai quali il lockdown ha già ridotto o annullato la capacità di reddito e a cui il futuro non promette alcuna garanzia di sopravvivenza dignitosa.
In balia della curva del contagio, che può prevedere nuove e urgenti misure di confinamento alternate a deboli e confuse riaperture , la sorte del settore culturale si presenta assolutamente incerta. Una condizione per cui già si prospettano soluzioni classiste ed elitarie con riduzione del pubblico e un aumento dei costi degli spettacoli. La cultura diventerebbe così appannaggio delle classi più abbienti, mentre il popolo potrà fruirne solo attraverso i monitor di pc e smartphone, perdendo così il contatto umano e la relazione che invece questa promuove, in ogni sua forma. A quel punto il distanziamento sociale sarebbe compiuto, in barba a un più razionale e democratico distanziamento fisico rispondente a una emergenza limitata nel tempo.
L’APPELLO AL REDDITO DI DIGNITÀ
In Sardegna, il mondo dello cultura indipendente, conscio delle difficoltà che incombono sul futuro, rivolge alla società un appello affinché venga garantita la sopravvivenza di ogni forma di espressione artistica, la libera circolazione e fruizione della cultura e della creatività per tutti e tutte.
Chiediamo alla politica un impegno concreto. La garanzia di un reddito mensile di dignità per un valore minimo superiore alla soglia di povertà. Un reddito minimo garantito a chiunque ne abbia bisogno, non solo agli operatori della cultura ma a tutte le persone le cui condizioni di vita non siano sostenibili individualmente. Un reddito minimo di dignità non vincolato dunque al nucleo famigliare o allo svolgimento di un lavoro che non garantisce l’autosufficienza economica ma stabilito su base individuale, a garanzia di vita una dignitosa.
I provvedimenti esistenti costituiscono un sostegno al reddito durante il lockdown, ma non offrono risposte sufficienti a coloro che già prima dell’emergenza sanitaria si trovavano in situazioni lavorative precarie, atipiche o informali, cioè a coloro che maggiormente subiranno gli effetti dell’incipiente crisi economica.
Siamo consapevoli del rischi che la nuova normalità potrà essere ben peggiore della vecchia se non forniremo a tutte le persone uno strumento in grado di fronteggiare l’aumento dei livelli di disoccupazione e di precarietà che si prospettano ed è per questo che chiediamo subito un reddito di dignità. Un reddito capace di contrastare le crescenti disuguaglianze sociali e che offra ai lavoratori un maggior potere contrattuale, un reddito che freni la compressione dei salari e la polarizzazione delle ricchezze, un reddito che affermi nuovi criteri di giustizia ed equità sociale.
L’APPELLO AL LAVORO GARANTITO
La crisi sanitaria ha determinato la sospensione di tutte le manifestazioni organizzate nonché gli eventi in luogo pubblico o privato. Gli operatori della cultura non hanno più alcuna certezza di poter vivere del proprio lavoro. La cultura – una parte fondamentale delle vite di tutte le persone –, rischia di scomparire o quantomeno di subire un drammatico ridimensionamento. Per questo chiediamo l’intervento della Regione in questo settore, per far sì che ogni operaio della cultura possa continuare a vivere del proprio lavoro.
Chiediamo alla Giunta Regionale della Sardegna l’impegno di programmare da qui ai prossimi tre anni un intervento strutturale a favore del mondo della cultura, abbattendo ostacoli burocratici e detassando ogni genere di spettacolo e manifestazione artistica. Una programmazione culturale che coinvolga attivamente i 377 comuni dell’isola, che valorizzi anche la lingua e la cultura sarda, i tanti bravi artisti locali, la prolifica cultura indipendente isolana. Una programmazione costruita davvero sul territorio e il suo diritto di decidere e valorizzarsi, e che dia maggior risalto alle realtà artistiche locali, quelle minori e spesso più penalizzate.
Chiediamo un piano per la cultura che permetta a tutti i festival e alle svariate manifestazioni artistiche, espressione della vitalità e della produzione artistica sarda, di non scomparire, uccise dalla burocrazia e da provvedimenti eccessivamente penalizzanti e restrittivi, prima ancora che dalla crisi economica. Chiediamo di poter lavorare in sicurezza, garantendo a noi e al nostro pubblico di riprenderci il diritto alla cultura e alla socialità, in questi mesi spesso vituperata in maniera illogica e del tutto irrazionale
Chiediamo infine l’eliminazione di tutti i divieti e impedimenti agli spettacoli e alle arti di strada, agevolandone e incentivandone invece lo svolgimento attraverso un coinvolgimento diretto dei comuni, “liberando l’arte”, concedendo spazi pubblici, sostenendo gli artisti e la fruizione pubblica dei loro spettacoli. Un nuovo modo di vivere la dimensione della socialità e di riappropriarci delle strade e delle piazze delle nostre città e dei nostri paesi, pur garantendo le norme di sicurezza fintanto che permarrà il pericolo da contagio.
Chiediamo alla società civile, agli artisti, alle associazioni, a tutte le categorie produttive di dare pubblico sostegno a queste nostre richieste. Chiediamo un impegno della Regione Sardegna finalizzato a garantire il lavoro di tutto il mondo della cultura sarda. Chiediamo di sostenere l’appello al reddito di dignità e al lavoro garantito per tutti e per tutte.
La cultura è vita, la cultura non deve morire.
FIRMA L’APPELLO!
Le adesioni possono essere inviate all’indirizzo: indielibri@gmail.com indicando nome, cognome, qualifica professionale e numero di telefono (il numero telefonico non sarà reso pubblico).
Sassari, Donne in Lotta per il Diritto alla Salute: dramma per oncologiche e altri pazienti al tempo del Coronavirus
Come pazienti oncologiche e portavoce delle tante donne e uomini che ci segnalano i molti disservizi riscontrati in questi due ultimi mesi della sanità pubblica sassarese, vogliamo ancora una volta manifestare il nostro profondo dissenso e grandissima preoccupazione riguardo l’interruzione a seguito dell’emergenza Coronavirus, che a noi è parsa arbitraria, da parte delle Direzioni Sanitarie AOU e ATS di Sassari. Molte di noi pazienti oncologiche senologiche e tante altre persone, dalle quali abbiamo ricevuto continue segnalazioni e proteste, abbiamo vissuto in prima persona la più grande delle discriminazione come pazienti oncologiche e non solo. Infatti pur avendo garantito le terapie oncologiche e radiologiche, che hanno slittato solo di pochi giorni, sono state invece bloccate, e rimandate a data da stabilirsi, le visite di controllo programmate in Follow Up della SMAC: ecografie, visite cardiologiche, ginecologiche, controlli radiologici, interventi chirurgici e controlli strumentali per il carcinoma mammario, screening seno, utero, colon e tutto ciò che riguarda la prevenzione sia della malattia, sia delle recidive.
Stesso destino è toccato a tante persone affette da altre gravi patologie cardiache, polmonari, renali ecc. Interi reparti aperti solo ai ricoverati e sbarrati per noi. Spesso l’abbiamo scoperto presentandoci ai controlli o telefonando, perché nessuno ci ha avvisato. Va da sé che se non ci ammaleremo di Coronavirus potremmo ammalarci, o ricadere nella precedente malattia o in nuove anche peggiori, a causa dei mancati controlli. Sappiamo dalla cronaca che queste gravi criticità sono comuni ad altre strutture pubbliche sanitarie sarde, ma come mai non lo sono state proprio in quelle regioni a grave rischio contagio, Lombardia e Veneto, in cui in questi due mesi i controlli di tutte le pazienti e i pazienti a grave rischio: oncologici, cardiopatici, diabetici, nefrologici, con insufficienza respiratoria grave, sono stati garantiti? Ovviamente per garantire la sicurezza reciproca operatori-pazienti, è stato fatto a tutti prima il tampone o il test sierologico e i controlli ematici necessari.
Ci domandiamo, e lo domandiamo alle Direzioni Sanitarie competenti, come mai a Sassari e in Sardegna non sia stato seguito lo stesso protocollo invece che abbandonare i pazienti allo sconforto e alla paura di un incerto domani. Infine, se non si profili, nella negazione di un diritto alla salute e alle cure (non solo per il Coronavirus) e in questa immotivata interruzione di pubblico servizio essenziale, un abuso da parte dei vertici, ai quali chiediamo conto di ciò che sta succedendo, che speriamo ci rispondano immediatamente e in maniera soddisfacente. Diversamente sarà compito di chi preposto, verificare la legittimità delle decisioni prese sulla nostra pelle.
Movimento Donne Libere in Lotta per il Diritto alla Salute – Fèminas in Lùta pro su Deretu a sa Salude, noi che non aspettiamo l’8 marzo. La Portavoce, Luana Farina.