Estero. Roma, le elezioni che nessuno vuole vincere (di Marco Piccinelli)

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Estero. Le elezioni che nessuno vuole vincere (di Marco Piccinelli)

La domanda sembra essere necessaria: sicuri che le elezioni a Roma vuole vincerle qualcuno? Lapidaria e spietatamente cinica, se si vuole. Ma, a volte, il cinismo è necessario per inquadrare una situazione politica con la freddezza ed il distacco opportuno. La notizia del complotto contro i 5 stelle, come dichiarato ieri dalla On. Senatrice Paola Taverna, inizialmente fa contrarre il viso in una specie di sorriso«Ho pensato che potrebbe essere in corso un complotto per far vincere il Movimento Cinque Stelle a Roma». Continua la lettura di Estero. Roma, le elezioni che nessuno vuole vincere (di Marco Piccinelli)

Gramsci, Fascismo e Massoneria [1925]

Gramsci
Illustrazione di Salvatore Palita

Gramsci, Fascismo e Massoneria

Gramsci parla alla Camera della legge sulle associazioni segrete (Legislatura XXVII – prima sessione – discussioni tornata 16 maggio 1925)

“Il disegno di legge contro le società segrete è stato presentato alla Camera come un disegno di legge contro la Massoneria: esso è il primo atto reale del Fascismo per affermare la sua rivoluzione. Noi, come Partito Comunista, vogliamo ricercare non solo il perché della presentazione del disegno di legge contro le organizzazioni in generale, ma anche il significato del perché il Partito Fascista ha presentato questa legge come una legge rivolta prevalentemente contro la Massoneria. Noi siamo tra i pochi che abbiano preso sul serio il Fascismo, anche quanto il Fascismo sembrava fosse solamente una farsa sanguinosa, quando intorno al Fascismo si ripetevano i soliti luoghi comuni sulla “psicosi di guerra”, quanto tutti i partiti cercavano di addormentare la popolazione lavoratrice presentando il Fascismo come un fenomeno superficiale, di brevissima durata. Nel novembre 1920 abbiamo previsto che il Fascismo sarebbe andato al potere – cosa allora inconcepibile per i fascisti stessi – se la classe operaia non avesse fatto in tempo ad infrenare, con le armi, la sua avanzata sanguinosa.

Il Fascismo, dunque, afferma oggi praticamente di voler “conquistare lo Stato”. Cosa significa questa espressione ormai diventata luogo comune? E che significato ha, in questo senso, la lotta contro la Massoneria?”

[…] “La realtà è, dunque, che la legge contro la Massoneria non è prevalentemente contro la Massoneria: coi massoni il Fascismo arriverà facilmente ad un compromesso”.

[…] “Il Fascismo non è riuscito completamente ad attuare l’assorbimento di tutti i partiti nella sua organizzazione. Con la Massoneria ha impiegato la tattica politica del noyautage, poi il sistema terroristico dell’incendio delle Logge, e infine impiegato l’azione legislativa oggi, per cui determinate personalità dell’alta banca o dell’alta burocrazia finiranno con l’accordarsi ai dominatori per non perdere il loro posto, ma con la Massoneria il governo fascista dovrà venire ad un compromesso. Come si fa quando il nemico è forte? Prima gli si rompono le gambe, poi si fa il compromesso in condizioni di evidente superiorità”.

[…] Onorevole Gramsci, questo concetto lo ha ripetuto tre o quattro volte! Non siamo dei giurati, a cui occorre ripetere molte volte la stessa cosa.

“Bisogna ripeterlo invece; bisogna che lo sentiate fino alla nausea. [Interruzioni – Rumori]…e vincerà il Fascismo”. [Commenti].

Casteddu. La cooperativa A.S.A.R.P. UNO diffida la Regione Sardegna

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La cooperativa A.S.A.R.P. UNO diffida la Regione Sardegna

La Regione blocca un luogo che porterebbe benessere alle persone con sofferenza mentale”. Sono le parole durissime diffuse dalla cooperativa A.S.A.R.P. UNO fondata dai familiari Asarp nel 1995 e presieduta da Stefania Matta. “La Comunità Terapeutica “Franca e Franco Basaglia” – denuncia la nota – non apre grazie alle incomprensibili lungaggini burocratiche della Regione Sardegna. Senza il decreto di autorizzazione al funzionamento, la Cooperativa non può firmare il contratto con la ASL n. 8 per l’avvio della Comunità. Si è deciso di dare mandato ad un legale perché proceda nei confronti della Regione Sardegna per tutelare la Cooperativa”.

Secondo quanto riferito dalla Cooperativa, “da agosto 2014 viene pagato l’affitto della struttura e tutte le utenze, e da febbraio 2015 le rate di mutuo bancario acceso per i lavori di ristrutturazione e adeguamento alle norme regionali dell’immobile. Oltre alle polizze fideiussorie richieste dalla ASL n. 8 per la partecipazione e l’aggiudicazione della gara d’appalto”.

Inoltre – aggiunge il comunicato – “Nel marzo 2015, la Cooperativa ha presentato istanza per ottenere la compatibilità che è stata rilasciata nell’agosto del 2015. Nello stesso mese è stata presentata l’istanza per l’ottenimento dell’autorizzazione al funzionamento. Ed è qui che la questione diventa misteriosa”.

Le lungaggini. Dopo l’apertura formale dell’istruttoria dello scorso agosto, a novembre è avvenuto il sopralluogo dei funzionari dell’Assessorato alla Sanità con il rilievo di alcuni allegati mancanti, consegnati il successivo 3 dicembre. Un mese per l’analisi della pratica e il passaggio degli stessi alla Commissione competente con, a sorpresa, un’ulteriore richiesta di documentazione. Ora l’istruttoria non è ancora conclusa: la pratica deve tornare in Commissione il prossimo 24 febbraio.

Tuttavia, “In tutto questo frattempo – denuncia l’Ufficio Stampa della Cooperativa – si continuano a pagare (senza alcuna entrata) spese considerevoli con gravi conseguenze”.

http://www.ilminuto.info/2016/02/37224/

Assimilazione linguistica è colonialismo. In Saldigna il bilinguismo è patologia (di Luigi Piga e Carlo Manca)*

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Assimilazione linguistica è colonialismo. In Saldigna il bilinguismo è patologia (di Luigi Piga e Carlo Manca)*
Versione PDF: Assimilazione-linguistica-è-colonialismo di Piga e Manca

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Lunamatrona. Proiezione de “Se la mia terra mi respinge”

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Si è tenuta domenica 7 febbraio, nel Museo Naturalistico del Territorio “G. Pusceddu” di Lunamatrona, la proiezione gratuita de “Se la mia terra mi respinge“, video-documentario realizzato nell’ambito del progetto Memorie Migranti e prodotto da Micro Fratture Teatro.

Da maggio 2011 a marzo 2013, nel territorio del Medio Campidano sono stati accolti oltre 73 cittadini provenienti da aree geografiche disagiate, soprattutto dalla Libia. Da questa esperienza di accoglienza e integrazione è nato un progetto in cui lo scopo è stato “l’incontro e il dialogo per raccontarsi, tenendo viva la memoria per riappropriarsi in qualche modo ognuno della propria storia, per esprimere la propria istanza, la propria visione del mondo, dar voce ai propri sogni di futuro”.

“Memorie Migranti è stato realizzato grazie alla collaborazione di quanti hanno appoggiato il progetto investendo col proprio lavoro e creatività” – ha dichiarato Monica Serra, presidentessa di Micro Fratture Teatro. “La partecipazione dei cittadini migranti ha dato vita a preziosi momenti di incontro e di dialogo attraverso i quali ognuno ha raccontato la propria storia”.

Per la presidentessa il documentario – realizzato attraverso le testimonianze dirette dei migranti e il confronto con il contesto urbano che li ospita – “è una riscrittura del territorio del Medio Campidano, un percorso creativo di indagine interculturale che ridefinisce l’identità e ne rinnova la memoria, originando nuove forme di convivenza sociale”.

http://www.ilminuto.info/?p=37210&preview=true

Riforma costituzionale ed inerzia regionale (di Andrìa Pili*)

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Foto: Vito Biolchini

Il governo Renzi è l’artefice di una grande riforma della Costituzione Repubblicana. Si tratta di una riforma in senso reazionario, specie per quanto riguarda il Titolo V, sulle autonomie regionali, con delle conseguenze negative anche su Regioni a Statuto Speciale come la Sardegna.

Infatti, il ddl Boschi ha abolito la potestà legislativa concorrente- inserita nella precedente riforma del 2001- riportando così allo Stato la competenza esclusiva su istruzione, Università (in precedenza non citata),  programmazione strategica della ricerca scientifica e tecnologica, “politiche attive del lavoro” (prima non citate e divenute oggetto di conflitto tra lo Stato e le Regioni), “tutela e sicurezza del lavoro” (dal 2001 era legislazione concorrente Stato e Regione). Lo Statuto Autonomo della Sardegna non prevedeva tali competenze e perciò la nostra Regione le ha assunte soltanto con la riforma delle regioni ordinarie; ad esempio, la legge 7/2007 sulla promozione della ricerca scientifica e l’innovazione tecnologica nell’isola si appella proprio all’articolo 117 della Costituzione. Insomma, la controriforma renziana colpisce duramente l’autonomia negli ambiti- lavoro ed istruzione- più importanti per combattere il disagio giovanile.

Mentre questo processo era in atto, i nostri massimi organi si sono distinti per la propria inerzia. Perché Consiglio e Giunta non si sono inseriti, non solo per conservare competenze acquisite nel 2001 ma anche per ampliare le competenze del nostro Statuto Speciale? In un momento in cui si discute con lo Stato centrale sopra una lunga serie di vertenze, questo atteggiamento mostra non solo quanto la nostra classe politica sia incapace di difendere i nostri interessi ma anche quanto il suo “scontro con lo Stato” sia in realtà una burletta. Prova di ciò anche la recente nomina a Ministro per gli Affari Regionali di Enrico Costa (NCD), nemico delle autonomie speciali.

L’assessore all’istruzione Claudia Firino ha ben rappresentato questa mancanza di reattività e di larghe vedute dell’attuale classe dirigente. Tardiva la sua reazione alla riforma della scuola e su provvedimenti lesivi del diritto allo studio (ISEE, decreto regionale sul fitto casa); emblematico il piano di ridimensionamento scolastico 2015, pianificante la chiusura di circa 40 istituti con pluriclassi; un atto di accompagnamento alla legge Gelmini, anziché l’elaborazione di un progetto formativo per i docenti operanti in queste realtà. Il progetto Iscol@ è stato presentato come progetto di “nuova scuola”, di “cambiamento profondo” che contrasterà la dispersione scolastica. Non mancano le cose positive (edilizia, nuove tecnologie, potenziamento della matematica) ma è assente è un progetto educativo di costruzione di una Sardegna nuova. Impossibile fare ciò senza poter intervenire in modo sovrano sulla didattica e senza un progetto per la lingua sarda, che sia utilizzata come lingua veicolare normalmente e non più con progetti a discrezione dei genitori, spesso non informati adeguatamente su tale opportunità.

Lo studio sociolinguistico più recente ha rivelato come il 61.5% dei ragazzi ed il 45.8% delle ragazze tra 15 e 24 anni parli il sardo; la dispersione scolastica può essere collegata anche all’impossibilità per i ragazzi sardofoni di poter ricevere una formazione nella propria prima lingua e di potersi esprimere in essa. Inoltre, i dati del master and back ci dicono qualcosa sull’alta formazione; infatti, non solo la maggioranza dei sardi formatisi all’estero con questo progetto non fa rientro nell’isola ma chi rimane in essa ha meno probabilità di trovare lavoro nel lungo periodo. Perciò, oltre ad un ambiente sviluppato e pronto ad assorbire le intelligenze, serve anche una formazione volta alla conoscenza ed all’applicazione delle competenze acquisite nella propria terra.

Riguardo la marginalizzazione delle Università sarde, la Firino si è espressa guardando a questa quasi come ad un’incomprensione del governo centrale riguardo i nostri problemi. Manca del tutto, dunque, la coscienza di uno scontro e della necessità di combattere per la potestà legislativa sarda in materia di istruzione. Una politica sovrana in materia d’istruzione e lavoro potrebbe considerare la lingua sarda come una risorsa: il 68.4% dei sardi parlerebbe in sardo mentre la percentuale salirebbe sino al 97% prendendo in considerazione anche chi, pur non parlando in sardo, è in grado di comprenderlo. Da qui sorge il diritto democratico di ogni cittadino a ricevere una formazione in sardo ed a pretendere l’obbligo della sua conoscenza in tutti i luoghi pubblici (posti di lavoro). Ciò avrebbe migliorato la condizione dei nostri docenti, ponendoli al riparo dal rischio emigrazione ed avrebbe impedito l’assegnazione di posti, nell’isola, a docenti privi di conoscenze specifiche riguardo la nostra isola.

Non mancano gli esempi esteri di politiche sovrane- o di importanti conquiste di competenze condivise- su lavoro ed istruzione entro altri Stati plurinazionali. Lo Scotland Act (1997) ha reso la Scozia sovrana in materia d’istruzione, consentendole di garantire un sistema d’istruzione pubblico. La Catalogna ha la competenza esclusiva sulla programmazione ed il coordinamento del sistema universitario, l’approvazione degli statuti degli atenei pubblici, la formazione dei docenti e competenza condivisa su valutazione e garanzia della qualità dell’insegnamento universitario; inoltre, il catalano è la lingua da utilizzare per l’apprendimento scolastico.

Entro il dominio francese, la Nuova Caledonia con gli accordi di Noumea del 1998 ha ottenuto lo statuto di cittadinanza per i propri abitanti, con l’obiettivo esplicito di proteggere l’impiego locale; inoltre, con la legge 99-209 del 1999 ha ottenuto la competenza nell’insegnamento primario, secondario e superiore oltre che nel diritto sindacale e del lavoro. La Corsica, con la legge 92/2002 ha ottenuto l’insegnamento della lingua corsa nella scuola primaria ed elementare. Si potrebbero citare tanti altri casi, anche in  Italia, specialmente per quanto riguarda l’insegnamento linguistico per le minoranze nella provincia di Bolzano, Valle d’Aosta e Friuli citate esplicitamente nella legge 107/2015 sulla Buona Scuola per proteggerle dalle norme di ripartizione e assunzione dell’organico dei docenti nel resto dello Stato.

Cosa ci differenzia da queste esperienze? La debolezza della nostra coscienza nazionale e del nostro  sardismo politico. La classe dirigente sarda attuale è incapace, contraria e disincentivata a pensare in modo autonomo dall’Italia la condizione giovanile e le politiche su lavoro ed istruzione.  Ad aggravare la situazione è l’idea reazionaria che la questione sarda debba essere oggetto esclusivo di una discussione e contrattazione tutta interna alle élite statali e sarde; solo un forte movimento popolare può  ottenere una revisione del rapporto tra la Sardegna e lo Stato italiano, essenziale per pensare a qualsiasi miglioramento.

*Pubblicato originariamente per Il Manifesto Sardo:

http://www.manifestosardo.org/riforma-costituzionale-ed-inerzia-regionale/

Salvini in Saldigna. Il FIU: “nessuna agibilità ai fascio-leghisti”

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Il Fronte Indipendentista Unidu invita tutti gli indipendentisti a partecipare alle mobilitazioni per impedire a Salvini di parlare, che si svolgeranno a Cagliari e ad Alghero giovedì 11 febbraio.

Salvini e il suo portato di razzismo e fascismo non sono i benvenuti nella nostra terra, anche perché i sardi sanno bene cosa significhi essere vittime del pregiudizio e del razzismo, perfino di quello istituzionale, come il caso del procuratore di Cagliari ha recentemente dimostrato.

Un milione di sardi sono attualmente emigrati per ragioni economiche e quindi i sardi sanno bene cosa significhi abbandonare la propria terra in cerca di un futuro migliore e non possiamo prestare il fianco a chi alimenta la cultura dell’odio verso i migranti.

Non accettiamo che la nostra terra sia teatro di propaganda razzista e fascista e non accettiamo che gente come Salvini venga ad insegnarci come mantenere i rapporti con le altre culture e gli altri popoli, cosa che facciamo da millenni con successo.

I veri invasori non sono i migranti, bensì i partiti italiani di cui Salvini è degno rappresentante essendo stato al governo in coalizione con la destra italiana dando il via libera al saccheggio e alla distruzione della nostra terra. Mobilitiamoci per respingere colonialisti, razzisti e fascisti e per costruire un vasto movimento popolare per l’indipendenza, solidarietà sociale e la pace fra i popoli!

Caso Saieva. Il FIU: non è caso isolato, è razzismo istituzionale

Gramsci
Sulle odiose e razziste dichiarazioni del procuratore Saieva: egli è solo l’ultimo italiano noto che propaganda razzismo sui sardi.

Saieva è in buona compagnia citando l’”istinto predatorio (tipico della mentalità barbaricina)” (cit.) e si ispira al pensiero dell’antropologo Giuseppe Sergi che in quindici giorni, dopo aver misurato una cinquantina di crani, concludeva per l’infermità psicofisica dei sardi e del suo esimio collega Niceforo, il quale includeva addirittura intere regioni dell’isola nella “zona delinquente”; oppure il giornalista Augusto Guerriero che negli anni Sessanta del Novecento incitava il governo a buttare il napalm sul Supramonte per ripristinare la legge italica. Il Fronte Indipendentista ritiene che tali ricorrenti affermazioni di stampo colonialista e razzista non si possano considerare meri casi isolati, bensì rivelano appieno ciò che le classi dirigenti e gli alti funzionari italiani pensano dei sardi e della nostra cultura: un popolo e una terra da spremere fino all’osso disprezzandola e reprimendola.

Il razzismo e l’ambiguità delle istituzioni italiane in Sardegna

Razzismo

Colonialismo: il razzismo e l’ambiguità delle istituzioni italiane in Sardegna

Il Co.Ce.R. (COnsiglio CEntrale di Rappresentanza), massimo organismo di rappresentanza sindacale per le forze armate (interforze), si esprime costantemente in merito all’importanza socioeconomica dell’occupazione militare. Il delegato, Antonsergio Belfiori, dal sito SardegnaFuturo parla dell’importanza di Decimomannu citando i risvolti sociali delle attività della Base, in particolare: “sono stati acquistati 3 defibrillatori per altrettante società sportive e 250 buoni spesa per famiglie in difficoltà economiche dei Comuni di Villasor, Decimomannu, Decimoputzu, San Sperate e Arbus“. Il pezzo in questione è un accorato appello contro la dipartita della Lutwaffe. Si pone, così, alla Difesa italiana un grande problema per l’operatività del sito: con chi ripartire le enormi spese di gestione della Base (60 milioni di euro) alla luce del disimpegno del partner tedesco?

Ciò che il CoCeR richiede è, dunque, “un piano di sostenibilità delle attività dell’industria della Difesa in Sardegna” che consolidi il settore bellico in Sardegna in un momento in cui Decimomannu rischia di veder indebolito l’indotto. Si annuncia misteriosamente la presenza di “importanti società italiane pronte ad investire in progetti altamente tecnologici in ambito della Difesa” che attendono che la politica affronti seriamente il tema, auspicando un tavolo dove si possano coinvolgere le università sarde per progetti ad altro contenuto tecnologico nel settore Difesa. Il realtà, ciò è piuttosto noto e il consolidamento del settore Difesa italiana in Sardegna passa per larga parte, e da tempo, dal progetto DASS, Distretto Aerospaziale della Sardegna (DASS). https://www.zinzula.it/a-foras-seconda-parte-il-pd-e-il-distretto-aerospaziale-salvare-il-pisq-di-scida/

L’articolo, con posizioni a favore della permanenza e dell’intensificazione delle attività militari in Sardegna, include una vignetta piuttosto eloquente sullo spirito della Difesa italiana in Sardegna e degli organismi sindacali dei corpi militari. Una vignetta che lo esprime al meglio, molto più che i richiami all’indotto, ai benefici dell’industria militare e gli effetti sociali nelle comunità.

Il messaggio è il culto della rassegnazione e dell’asservimento.  Per i sardi, rigorosamente stereotipati in berritta, ci sarà sempre e comunque una rete – militare o no – che li escluderà dal governo e dallo sviluppo del proprio territorio, benefici che sempre andranno ad “un milanese“. Alla luce di questo ineluttabile destino di sottomissione, tanto vale mantenere le attuali reti spinate caratterizzate da divieto militare.

razzismo I sardi come bestie predatrici. Roberto Saieva, 63 anni, di Agrigento, ex capo della Procura della Repubblica di Sassari e, da febbraio 2015, attuale Procuratore generale presso la Corte d’Appello di Cagliari. In occasione dell’apertura dell’anno giudiziario, parla della “trasfusione dell’istinto predatorio tipico della mentalità barbaricina”, in merito alla diffusione di rapine a portavalori, banche e poste. Questi reati rappresentano per Saieva l’evoluzione storica dell’indole sarda che stava alla base dei sequestri di persona, definiti tipicamente barbaricini, fenomeno ormai scomparso; secondo Saieva, è agevole considerare che quello stesso istinto predatorio si identifica oggi sotto forma dei nuovi reati citati.

Roberto SaievaInoltre, dalla relazione del Procuratore generale Saieva è confortante apprendere il mancato insediamento in Sardegna di gruppi criminali organizzati di stampo mafioso, nonostante:

  • i contatti, ben delimitati, tra gruppi malavitosi isolani ed organizzazioni esterne, italiane e internazionali, nell’ambito del traffico di stupefacenti;
  • le presenze, talora individuate, di imprese riconducibili ad contesti mafiosi tra quelle impegnate, normalmente quali subappaltatrici, nell’ambito della realizzazione di opere o prestazione di servizi pubblici;
  • iniziative dirette al reimpiego di capitali illeciti attraverso investimenti immobiliari nelle aree costiere della Sardegna, soprattutto nel nord dell’Isola.

I fatti suddetti esistono e non se ne nega, anzi tutt’altro, la dinamica sul territorio sardo ma, secondo il Procuratore, i fatti stessi costituiscono: primariamente, fonte di osservazione attenta da parte delle forze dell’ordine; in generale, al momento tali fatti non denunciano una mutazione del popolo sardo (non della criminalità sarda, ma dell’intero popolo) da sempre restio secondo Saieva (congenita refrattarietà) a fenomeni criminali organizzati e in pianta stabile, a causa del suo spiccato individualismo.

Se ne può concludere che, nonostante gli affari di stampo mafioso presenti nel territorio e nel sistema socioeconomico nazionale sardo, la mafia non esista in Sardegna, per lo meno fino a quanto non avverrà la mutazione alla quale fa riferimento Saieva. La mafia non esisterà in Sardegna fino a quando i sardi non saranno divenuti mafiosi, fino a quel momento – nonostante gli affari e i fatti criminosi di stampo mafioso i quali “non denunciano […]”. Difatti, a ben vedere, il Procuratore non ha potuto dire che tali gravi fatti non segnalano la presenza di organizzazioni criminali di stampo mafioso, ma ha potuto solo dire che i sardi complessivamente ancora non hanno mutato la loro propensione all’individualismo favorendo di conseguenza l’organizzazione della struttura criminale in pianta stabile. Questo significa, comunque, la presenza diffusa della mafia in Sardegna. Forse di questo bisognerebbe preoccuparsi, più che lasciarsi andare a considerazioni antropologiche di lombrosiana memoria.